Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  luglio 05 Giovedì calendario

TORNA IL NUCLEARE DAL GIAPPONE FINO ALL’EUROPA - A

quasi 16 mesi dall’incidente di Fukushima, il Giappone torna al nucleare, in coincidenza con una ripresa su scala internazionale dei piani di sviluppo dell’energia atomica. Il reattore numero 3 dell’impianto di Oi dell’utility Kepco inizia oggi a immettere energia nella rete distributiva del Giappone centrale, dopo due mesi in cui nessuno degli oltre 50 reattori del Paese era rimasto in funzione. Nonostante l’accertata contrarietà di una rilevante maggioranza dell’opinione pubblica manifestatasi anche in grandi manifestazioni di protesta, l’esecutivo del premier Yoshihiko Noda – che il 16 giugno aveva dato l’ok alla sollecita riattivazione di due reattori di Oi – ha così anticipato in concreto la volontà di assegnare nel nuovo piano energetico nazionale in via di delineazione un ruolo significativo all’energia atomica anche a medio-lungo termine: certo non più fino al 50% del fabbisogno nazionale entro il 2030 (come nel precedente piano mandato in archivio da Fukushima) né il 30% corrispondente alla quota effettiva fino al marzo dell’anno scorso, ma probabilmente tra il 15 e il 25% (una delle due ipotesi – oltre all’opzione zero inserita più che altro per escluderla– presenti nella bozza presentata alla pubblica valutazione.
La sconfitta dello schieramento anti-nucleare si era evidenziata nel corso delle assemblee degli azionisti delle utilities di settimana scorsa, quando le rimostranze anche dei sindaci di grandi municipalità azioniste – come Osaka, Kyorto e Kobe – non erano state accolte e al contrario è stata confermata la volontà di non rinunciare al nucleare.
Anche in Europa, negli ultimi giorni, sono arrivati segnali di rilancio dell’energia dall’atomo, che trova un freno più nella complessità del finanziamento dei nuovi progetti che nelle preoccupazioni sulla sicurezza, molto affievolite rispetto all’atmosfera dei primi mesi post-Fukushima che aveva portato alla rinuncia – progressiva o preventiva – al nucelare in Germania, Italia, Svizzera e Belgio. Nella Repubblica Ceca l’utility Cez ha iniziato a valutare le tre offerte ricevute per espandere l’impianto di Temelin con due nuovi reattori, nonostante le diffuse contrarietà nelle confinanti Austria e Germania. In Spagna il Governo è tornato sulla decisione di chiudere entro un anno la centrale di Garona, che potrebbe quindi prolungare il suo funzionamento fino al 2019.
In Polonia l’apertura della gara per la costruzione del primo impianto nucleare – inizialmente prevista entro la fine di giugno – sta subendo ritardi a causa delle difficoltà sul modello di finanziamento, ma va avanti. In Belgio ieri il governo ha deciso di ritardare la chiusura del vecchio reattore Tihange 1 di Electrabel di 10 anni al 2025 (anno in cui uscirà dal settore), sempre per le preoccupazioni sull’approvvigionamento di energia. L’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica, poi, ha "benedetto" i piani della Bielorussia per costruire una centrale rilevando gli "importanti progressi" nella fase preparatoria. La Francia, infine, continuerà a essere largamente dipendente dal nucleare, anche se, in prospettiva, un po’ meno di adesso: il premier Jean-Marc Ayrault ha ribadito la promessa elettorale del neopresidente Hollande di lanciare un piano organico per il risparmio energetico e le energie rinnovabili, che possa consentire una riduzione della quota di elettricità generata dall’energia atomica dall’attuale 75% al 59% entro il 2025.