Ugo Bertone, Libero 3/7/2012, 3 luglio 2012
LA 500 ESCE DALLA FAMIGLIA FIAT
Il 4 luglio del 1957 un corteo di 500 nuove di zecca solcò con orgoglio il centro di Torino. Da Mirafiori a piazza San Carlo, tra due ali di folla, giusto premio per l’ultima creatura dell’ingegner Dante Giacosa, premiato con il Compasso d’oro per quella vettura che «costituisce un tipico esempio, nel campo dell’automobile, di una forma nata dalla stretta integrazione fra tecniche proprie della grande serie nell’industria meccanica e particolari esigenze di economia nella produzione di una macchina di ampia destinazione popolare». Domani, addì 4 luglio, la 500 esordisce nella versione “L” che sta per Large sotto la Mole. È la terza volta perché già 5 anni fa, infatti, il team del marketing Fiat allora guidato da Luca De Meo, aveva scelto quella data per presentare la nuova Cinquecento, il maggior successo (forse l’unico) del Lingotto, in questi anni in salita. Ma la macchina non uscirà da Mirafiori, bensì da Kragujevac, quarta città della Serbia, dove da maggio è in funzione il nuovo stabilimento (2.400 lavoratori, 1,4 milioni di metri quadri) costruito da Fiat con il sostegno del governo serbo, che ha il 33%, e dei finanziamenti Bei. E andrà ad aggiungersi ad una famiglia ormai numerosa: la Cinquecento made in Tichy, Polonia, quella, più robusta, costruita a Tijuana, Mexico, per il mercato Usa e Canada ma anche per servire la clientela chic di Shangai, dove i nuovi ricchi non disdegnano aggiungere alla loro flotta la “piccola” italiana. E presto arriverà pure la Cinquecento elettrica, che vedrà la luce in Michigan, ad Auburn Mills, quartier generale di Chrysler. Insomma, di italiano resta ben poco. Solo il Suv 500 X , 4,20 metri di lunghezza che dovrebbe veder la luce, salvo rinvii sempre possibili, entro la fine del 2013 in quel di Mirafiori. RISTRUTTURAZIONE Intanto, però il varo della Cinquecento “L” coincide con l’annuncio di nuova cassa integrazione per i colletti bianchi (5.070 tra tecnici ed impiegati). Sempre ieri si è avuta la conferma che la ristrutturazione continua del gruppo è ben lungi dall’essere completata: proprio ieri Roberto Altavilla, il luogotenente di Sergio Marchionne in Iveco, ha annunciato la chiusura di 5 stabilimenti Iveco in Europa entro la fine dell’anno. Terzo, perché il Lingotto, come ha già preannunciato Marchionne, intende dar battaglia senza quartiere contro la sentenza «folcloristica» del tribunale di Roma che impone l’assunzione di 145 iscritti alla Fiom in quel di Pomigliano. Ma queste preoccupazioni domestiche riguardano più il sistema Italia che non la Fiat, obbligata a combattere e a cambiar pelle a velocità di camaleonte per reggere ad una sfida che, se possibile, si fa ancora più spessa. In sede europea, ormai, tra Fiat (stavolta alleata con i francesi e l’Opel targata Gm) e i colossi tedeschi è guerra aperta. I big d’oltre Reno non solo rifiutano il principio di un’intesa Ue per affrontare il problema della sovraccapacità produttiva (che riguarda 40 stabilimenti su 100 nell’Europa dell’Ovest secondo una ricerca di Alix Partners) ma stanno dando battaglia sulle norme antinquinamento per favorire le loro ammiraglie contro le piccole italiane, in testa alla classifica “verde”. I francesi, dal canto loro, già parlano di interventi per la filiera dell’auto per scongiurare la chiusura della fabbrica d’Aulnay, dove nascono le C3. PIÙ APPEAL Insomma, la guerra dell’auto in Europa continua. L’unico modo per non farsi stritolare, sostengono al Lingotto, è di attrezzarsi all’insegna della massima flessibilità. Di qui l’intenzione di sganciare la Cinquecento dalla Fiat: non più una sola utilitaria, ma una gamma che comprende un po’ di tutto, compresa la versione Large , giardinetta a 5 posti ma che prevede pure una versione allungata a sette posti, la XL. Poi il Suv e pure una variante Jeep. Una gamma che diventerà un marchio autonomo, italiano nel nome (Cinquecento, non five hundred) ma che prenderà e distanze dalla casa madre, che non gode di grande appeal oltre i confini nazionali. L’ingegner Giacosa, probabilmente, si rivolterà nella tomba. O forse, da genio razional quale fu, si limiterà a sospirare: speriamo che qualcosa resti anche in riva al Po.