Simona Verrazzo, Libero 3/7/2012, 3 luglio 2012
PENSIONE A 65 ANNI I CINESI IN RIVOLTA CONTRO LA RIFORMA
Si allunga l’aspettativa di vita, si propone di innalzare l’età pensionale e immancabili scattano le proteste. Non succede soltanto in Occidente,ma anche in oriente, esattamente in Cina, che dopo essersi affacciata all’economia di mercato scopre, adesso, i suoi lati negativi. L’ultima polemica, come sempre nata sul web, è stata scatenata dalla proposta di innalzare l’età pensionabile a 65 anni. L’idea è stata annunciata da He Ping, ricercatore dell’Istituto nazionale di sicurezza sociale, a partire dal 2016 e fino al 2045. Attualmente l’età pensionabile per gli uomini è di 60 anni e 55 per le donne che lavorano per il governo e gli uffici statali (50 per le altre). Oltre 770.000 persone hanno letto l’intervento di He Ping pubblicato su 163.com, uno dei portali più seguiti in Cina, e più di 36.000 internauti l’hanno commentato. La maggior parte degli utenti si è detta contraria alla decisione in quanto diminuirebbe la possibilità di lavoro per i giovani, considerato che i disoccupati cinesi oscillano tra i 26 e i 30 milioni e il mercato, soltanto per questo anno, non sa come assorbire sei milioni di nuovi laureati, lasciandoli senza lavoro. Va anche aggiunto che in un recente sondaggio on line commissionato dal ministero delle Risorse Umane e della Sicurezza Sociale alla domanda «sei favorevole al pensionamento posticipato? » il 92% dei partecipanti ha risposto «no». Il tema della riforma delle pensioni, in Cina, ha aperto un dibattito nazionale, così come in tutti i paesi dove viene affrontato l’argomento. L’aspettativa di vita della popolazione è andata nei decenni aumentando, arrivando a 72 anni per gli uomini e 76 per le donne. Secondo quanto annunciato in aprile dall’agenzia di stampa ufficiale, la Xinhua, la popolazione over 65 ha toccato nel 2011 la soglia dei 123 milioni di persone, vale a dire il 9,1 per cento della popolazione totale, e dovrebbe aumentare fino a 323 milioni, cioè più del 23 per cento di tutti gli abitanti, nel 2050. Il rapido invecchiamento della popolazione richiede immediati e drastici cambiamenti, poiché sta mettendo a dura prova il sistema di assicurazioni sociali e di welfare. I numeri, come sempre nel gigante asiatico, sono da record. Secondo uno studio congiunto della Bank of China e della Deutsche Bank – riportato dall’agenzia Agi China 24 – la Cina dovrebbe registrare un deficit di circa 18.000 miliardi di yuan (circa 2.244 miliardi di euro) nei fondi pensione entro il 2013 e di oltre 68.000 miliardi di yuan (circa 8.478 miliardi di euro) entro il 2033. Se tutti nel paese lavorassero un anno in più, prosegue Agi China 24, i fondi pensione dovrebbero aumentare di oltre 4 miliardi di yuan (circa 500 milioni di euro). Le previsioni per il futuro non sono rosee: la Cina nei prossimi anni dovrà affrontare un’ondata di domande di pensionamento che, assieme a una maggiore durata della vita, rappresenterà una forte pressione finanziaria. Manon è soltanto la prospettiva di vivere di più il problema della Cina, che si trova a raccogliere i frutti, dannosi, della politica del figlio unico, che ha creato in gravissimo squilibrio demografico. Le autorità di Pechino sanno bene che bisogna agire, per questo un primo passo verso l’innalzamento dell’età pensionabile è stato fatto due anni fa scegliendo come città pilota Shanghai, il motore economico del Paese. La riforma è entrata in vigore il 9 ottobre 2010. Il nuovo sistema pensionistico prevede di posticipare il ritiro dall’attività lavorativa di cinque anni, portandolo a 65 anni per gli uomini e a 60 per le donne. Il nuovo assetto riguarda tuttavia soltanto le imprese private, sempre più numerose nelle fasce ricche dell’economia cinese. Maper quanti interventi ilgoverno di Pechino possa prendere, deleteria rimane la legge del figlio unico: senza figli, sottolinea Asia news, si riduce il numero di contributi versati al sistema pensionistico e così facendo il sistema comincia a scricchiolare.