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 2012  luglio 02 Lunedì calendario

LOPEZ: “LA TV TRADIZIONALE CONTINUA A VINCERE SMARTPHONE E TABLET RESTERANNO UNA NICCHIA”


Come se nulla fosse successo. E già questa è una notizia: secondo Herman Lopez, capo della Fox International Channels, la rivoluzione che sta investendo la tv è poca cosa. Dimenticate le grandi trasformazioni del piccolo schermo, cominciando dal suo straripare verso dispositivi mobili e perfino social network, perché in realtà nulla sta davvero cambiando. Almeno per il colosso della News Corporation che gestisce più di 350 canali di paytv nel mondo con 435 milioni di abbonati e oltre un miliardo di spettatori. «Ormai il pubblico intende la televisione come ogni tipo di esperienza visiva online - concede Lopez - ma ancora oggi il 95% delle persone guarda la tv in maniera tradizionale: via satellite, set top box, antenna. Sempre e comunque sul televisore». Non importa quindi che 850mila italiani abbiano seguito gli Europei di calcio sul Web e che 240mila l’abbiano fatto su smartphone e tablet. O ancora che, come sostiene la Iab Italia che raggruppa gli operatori della pubblicità online, il 60% degli internauti guardi show televisivi in rete. E se è vero che è interesse dello Iab dimostrare che il web è una piattaforma straordinaria per veicolare pubblicità, è altrettanto vero che la discrepanza con la tesi di Lopez sembra troppo marcata. «Nell’arco della mia esistenza la maggior parte dei contenuti televisivi continueranno ad esser fruiti in maniera classica», insiste l’amministratore delegato della Fox. «C’è una ragione:
gli uomini sono creature abitudinarie e le abitudini sono dure a morire. La tv è un’esperienza sociale, i programmi di successo sono quelli che si guardano assieme. Poi magari se ne parla sui social network, ma si continua a guardarli come si è sempre fatto». FilmOn, che permette di fruire da due settimane più di 150 canali gratuiti e a pagamento su Facebook, dalla Bbc ad Al Jazeera fino alla Rai, sembrano andare in un’altra direzione. Per non parlare poi degli app store, dove abbondano applicazioni che danno accesso ai palinsesti di emittenti di mezzo mondo compresi quelli di Mediaset. Basti pensare a Spb Tv ad esempio, dedicata ai tg, passando per World Streaming Tv per Android, Chili Cinema, Cool Streaming. Senza dimenticare progetti come Google Tv o la fantomatica televisione della Apple che forse verrà mostrata ad ottobre e che, stando agli esegeti dell’azienda di Cupertino, cambierà la televisione così come l’iPhone ha stravolto quello dei cellulari. «Guardare un video su smartphone o tablet?», chiede ironico Lopez. «Prima o poi il filmato si blocca per un qualche motivo. Vuoi perché la larghezza di banda non è sufficiente o perché il servizio non è ottimizzato. E la gente non ha pazienza. Chiunque è disposto ad aspettare qualche secondo che una pagina di un sito Web si carichi, ma non che un video riprenda a scorrere. E’ un tipo di esperienza che nessuno accetta ». Viene in mente un’altra ricerca, stavolta della Ericsson, dove si sostiene che entro il 2017 ci saranno tre miliardi di smartphone in funzione, che il 50% delle connessioni mobili saranno ultraveloci e che il traffico dati crescerà di 15 volte rispetto a oggi. Traffico già ora fatto in buona parte da video. Ma anche su questo punto, alla Fox hanno una loro visione originale: «Il flusso dei file video prende molta banda», spiega Lopez. «Oggi negli Usa in prima serata il traffico sulla Rete è un terzo di quello totale quotidiano. E questo perché i provider offrono connessioni sempre più a buon mercato. Ci sono 25 milioni di case connesse ad Internet in nord America e a servizi come Netflix, Hulu e Google. Ma è solo una minima parte degli utenti a sfruttare davvero le capacità della banda larga. Tanto che una percentuale bassissima ne occupa circa un terzo. Significa che se tutti iniziassero domani a usare il Web in maniera massiccia per guardare la tv, le infrastrutture attuali non basterebbero. Bisognerebbe costruire una Rete diversa». Cosa che forse accadrà. E allora servirà anche una televisione diversa. Sempre che la Fox e le altre major non vogliano fare la fine delle etichette discografiche: travolte non tanto da pirateria e da iTunes, ma da una cronica incapacità di vedere il futuro.