Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  luglio 04 Mercoledì calendario

GUBITOSI E TARANTOLA GIÀ AL LAVORO “IL NOSTRO MODELLO È LA BBC”


Bilanci, contratti delle star, stipendi di dirigenti, giorna-listi, collaboratori e una cartella che preannuncia la svolta: la comparazione dei costi di gestione della Rai con quelli delle altre televisioni pubbliche europee, a partire dalla Bbc. Sulla scrivania di Anna Maria Tarantola, presidente
in pectoredi
Viale Mazzini, c’è questo dossier. L’ha visto Lucia Annunziata ricevuta la scorsa settimana in Banca d’Italia per una chiacchierata amichevole di due ore. «Ho trovato una persona molto simpatica, molto determinata e molto preparata».
Vuol dire che Tarantola non è stata con le mani in mano durante questo mese in cui i partiti l’hanno costretta nel limbo tra la designazione del governo e i pieni poteri. Ha incontrato anche il presidente uscente Paolo Garimberti e Sergio Zavoli, per una vita cronista, prima firma e grande capo di Mamma Rai. Lo ha fatto sempre nel suo ufficio di Via Nazionale. Niente salotti, nessun vertice a casa di amici degli amici. Colloqui informali ma istituzionali. Un metodo di lavoro.
Tarantola, lodigiana, 67 anni, sposata con due figlie, è un’esperta di
governance.
Come capo della Vigilanza di Bankitalia in fondo si è occupata del sistema produttivo italiano attraverso gli istituti di credito. Adesso vuole dare un nuovo modello di gestione
all’azienda italiana che più di ogni altra è sinonimo di lottizzazione, partitocrazia, raccomandazioni al posto del merito. Dalla valletta al direttore, tutti passano per la politica. Secondo alcuni, il suo approdo finale è la privatizzazione. Un’impresa culturale ben gestita può essere ambita dagli investitori privati. Così com’è, no. Bisogna lavorare. «Non mi sento di passaggio», è il suo slogan.
L’hanno definita un’aliena. Una signora che non conosce la macchina e il prodotto. Sarà. Ma i conti della Rai li ha mandati a memoria, sa dove muoversi e come farlo. Ancora qualche giorno fa, nella sede del ministero dell’Economia, ha guidato l’ennesima riunione con il direttore generale designato Luigi Gubitosi e Marco Pinto, il membro del Cda scelto da Monti. Gli “alieni” non perdono tempo. Pinto ha tirato fuori le carte che gli hanno consegnato gli uffici del ministero dell’Economia, azionista di Viale Mazzini. Lì i nuovi vertici hanno trovato di tutto: gli sprechi, i trucchi, le aree di un possibile intervento.
Di Gubitosi si dice sia un mago dei grafici e delle
slide.
Dove c’è
un buco, lui punta l’indice. È un manager cinquantenne, napoletano, che ha passato vent’anni in Fiat prima di approdare alla Wind come amministratore delegato. È soprattutto un CFO, ossia un capo finanziario, che usa le forbici sui costi e sul personale. La televisione la guarda. «I telegiornali
a inizio giornata e la sera. I talk show, gli approfondimenti », dice. La mattina segue su Raitre Agorà, condotta dall’amico Andrea Vianello. Sul suo tavolo passeranno anche le pratiche delle nomine. Per legge, il direttore generale propone i candidati alle direzioni. Sarà dunque Gubitosi
a gestire il cambio al Tg1 dove Alberto Maccari è in uscita, la crisi di Raidue e, novità delle ultime ore, la posizione in bilico di Bianca Berlinguer al Tg3. Ma la sua vera missione è il contenimento dei costi. Nella sua borsa ha già la
spending review
della Rai. Prevede lacrime e sangue. L’emergenza pubblicità, con un calo vertiginoso degli spot, preme.
Gubitosi frequentava Capalbio fino a qualche anno fa. Poi il figlio è cresciuto e si è fatto una nuova comitiva. Ha una casa a Cortina. È spesso ospite di Lupo Rattazzi nella villa di Ansedonia. Rattazzi è il figlio di Susanna Agnelli. Un filo rosso riporta il neo direttore generale lì dove tutto ebbe inizio, alla Fiat. Marco
Pinto, a Via XX settembre, è più noto come “Pintbull” per via della sua grinta. Famiglia napoletana, appassionato di matematica e musica classica,respinge i giornalisti: «Mi sono dato questa regola 25 anni fa e non ho mai sgarrato ».
La “squadra” di Monti ha già diviso i compiti. A Tarantola spetta la
governancee
la messa in opera dei ritocchi alla guida aziendale: toccherà a lei, in piena autonomia, decidere sui contratti fino a 10 milioni e sulle nomine della struttura gestionale. Gubitosi non avrà paura di tagliare e individuerà i nomi per le caselle editoriali, direttori di tg e di rete. Pinto non mollerà l’osso delle scelte legislative e giuridiche. La domanda ora è: può la pattuglia governativa neutralizzare il potere dei sette consiglieri politici votati oggi dalla Vigilanza? È la vera sfida dei “tecnici: sottrarre Viale Mazzini alla politica. Ma gli “alieni” sono anche molto terrestri. In un’azienda così “romana” come la Rai, appiccicata fisicamente e politicamente ai Palazzi, la “squadra” deve coltivare anche rapporti politici. La neo presidente Tarantola viene considerata vicina al segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone, in una commistione tra potere temporale e spirituale che sfida i secoli e Porta Pia. Chi lo conosce definisce Gubitosi “uomo di mondo”, legato a un giro di amici che va da Giovanni Malagò, simbolo del generone
capitolino, a Luca di Montezemolo, per finire a Gianni Letta. Pinto è cresciuto alla scuola di Vincenzo Fortunato, potente capo di gabinetto del ministero dell’Economia, perfetto conoscitore dei corridoi della politica. Servirà anche questo per portare a termine il compito di cambiare la Rai. Oppure si rivelerà una zavorra confermando la regola del
Gattopardo.