Francesco Antonioli, Il Sole 24 Ore 4/7/2012, 4 luglio 2012
L’UOMO CHE VESTIVA LE AUTOMOBILI
Sergio Pininfarina s’è spento l’altra notte dopo una lunga malattia. Il geniale designer, il grande capitano d’industria, non s’era più ripreso dopo il prematuro addio del primogenito Andrea, strappato alla vita da un insulso incidente stradale a 51 anni, il 7 agosto 2008. Sopravvivere ai figli è uno dei dolori più atroci. Per Torino – e non solo – si riapre così una ferita. Destino tragico e richiamo alla realtà: dopo gli Agnelli, un ulteriore distacco da quelle figure del capitalismo familiare dell’automotive che sta mutando geneticamente ormai da tempo sullo scacchiere globalizzato.
Sergio Pininfarina, nella sua casa vicino al Politecnico, è stato affiancato fino all’ultimo dalla moglie Giorgia, dai figli Paolo e Lorenza, dai nipoti. Un valore autentico, non solo esteriore, quello della famiglia: consultata in ogni occasione importante (anche quando l’Avvocato gli chiese di diventare presidente di Confindustria), ha saputo stringersi compatta dopo la scomparsa di Andrea. Merito indubbio della signora Giorgia, minuta ed energica donna di classe, sempre presente ai consigli di amministrazione in rappresentanza del marito, sempre lì.
Classe 1926 (avrebbe compiuto 86 anni il prossimo 8 settembre), Sergio Farina – Pininfarina dal 1961, per decreto del presidente Gronchi – ingegnere meccanico, alla scuola del padre "Pinin" è stato geniale carrozziere e abile industriale: una straordinaria passione artigianale per le carrozzerie diventata imperituro simbolo, ambasciatore del «made in Italy» nel mondo. «Noi amiamo l’auto in tutte le sue facciate», amava ripetere. Artista meticoloso, direttore generale dal 1960, ha saputo creare un’industria: progettando un Centro studi e ricerche (nel 1966), inaugurando la Galleria del vento (nel 1972, una delle poche esistenti al mondo), aprendo nuovi insediamenti (San Giorgio Canavese, Bairo, Cambiano, ora quartier generale), costruendo la holding finanziaria della capogruppo, fondando (nel 1986) la Pininfarina Extra (per tutto il design non automotive). Cavaliere del lavoro dal 1976, quattro lauree honoris causa: impegno in azienda, ma anche dedizione – vero civil servant di matrice liberale – per le associazioni degli industriali, nel Parlamento europeo (dal 1979 al 1988), nella delegazione italiana per la linea ferroviaria Torino-Lione. È stato inoltre presidente della Banca Crt e dell’Editrice La Stampa.
Come tutti i piemontesi, era un gran lavoratore. Metteva sotto (e parecchio) i collaboratori per preparare nei minimi dettagli le riunioni. Nel 1998, alla vigilia della nomina in viale dell’Astronomia, fece una lunga conversazione con l’amico Indro Montanelli. «Quando mi mandi le domande?». «Già fatto», gli rispose l’abile giornalista. «Domani non mi eleggono», confidò a un suo stretto collaboratore. Non fu così. A Roma, nel periodo della presidenza di Confindustria si presentava alle 7.45 del mattino e usciva a mezzanotte: un marziano per i ritmi della capitale. Volle tessere buoni rapporti con le rappresentanze sindacali, i frutti arrivarono.
L’azienda lo appassionava. Una vita passata a "vestire automobili". Ecco l’alleanza forte con Maranello. Fu lui a favorire l’incontro tra Enzo Ferrari e il padre Pinin: un sodalizio storico, che lo ha poi visto consigliere d’amministrazione del Cavallino dal 1969 al 2011. Inevitabile che Luca di Montezemolo ne parli con commozione: «Una persona eccezionale, che ha legato indissolubilmente il suo nome alla nostra storia e ai nostri successi. Uno dei più alti rappresentanti del "made in Italy" nel mondo». Testarossa, Maserati Quattroporte, la Sa Aperta (dedicata ad Andrea e Sergio), solo per citare qualche modello di straordinario impatto.
Certo, c’è la parabola dell’azienda, che dopo il grande sviluppo e il salto nell’attività di produzione per conto terzi, dal 2008 è entrata nel tunnel di una crisi nera. Disillusione sull’auto elettrica (che Andrea aveva impostato con il francese Bolloré), poi la partita dei debiti da concordare con le banche (un pool di 13 istituti), perdendo quote familiari nella società. Ma adesso – e forse l’ingegnere ha scelto il momento giusto per salutare – è stato sottoscritto un nuovo accordo fino al 2018; dalla prima trimestrale 2012 ci sono segni di reattività (più servizi, buone prosepttive in Germania e in Cina), sono stati pagati 110 milioni e altri 200 saranno rimborsati in varie rate. Un punto d’orgoglio. Un elemento del dna del senatore, la tenacia: «Bisogna essere positivi e crederci», ricordava. Senza far mancare l’ironia, sempre buon indicatore di umanità, come il gusto di cogliere il ridicolo in alcune situazioni. Così gli capitava di chiamare la fedele segretaria di una vita, la signora Vittoria Pellegatti, e dettarle lettere al vetriolo per protestare (contro un articolo di giornale o una decisione industriale) senza risparmiarsi nulla nei giudizi, ma raccomandando: «La tenga lì e me la faccia rileggere domattina». Mai nessuna missiva di questo genere è poi stata spedita, sarebbe interessante recuperarle. I funerali di Sergio Pininfarina si svolgeranno venerdì, alle 11, nella chiesa degli Angeli Custodi di Torino. Si sta allestendo una camera ardente nello stabilimento Pininfarina di Cambiano, alle porte di Torino (sarà aperta oggi dalle 15 alle 19 e domani dalle 10 alle 18).