Utku Cakirozer, la Repubblica 4/7/2012, 4 luglio 2012
LE DECISIONI SPETTANO AL POPOLO SONO PRONTO A DIMETTERMI SE I SIRIANI ME LO CHIEDERANNO
SIGNOR presidente, la tensione tra Siria e Turchia dopo l’abbattimento dell’aereo turco porterà a un conflitto?
«Viviamo una fase storica in cui viene ridisegnata la mappa dell’intera regione, forse come un centinaio di anni fa, ai tempi del declino dell’Impero ottomano. Arabi e turchi entrarono in conflitto. Però la storia ci ha insegnato molto: perdemmo entrambi, arabi e turchi. È irragionevole tornare a quella situazione. Negli ultimi quindici mesi, dall’inizio della crisi, abbiamo cercato di operare su più fronti: risolvere la crisi interna in Siria, e fronteggiare i terroristi. In secondo luogo, preservare i risultati ottenuti nei rapporti fra noi e la Turchia. Ma l’attuale governo turco ha distrutto gran parte di ciò che abbiamo costruito. Però è rimasta la base fondamentale, il buon rapporto tra i due popoli. La gente in Turchia non consentirà, come noi, che si arrivi al conflitto, una situazione perdente per la Siria e la Turchia».
Riguardo all’aereo abbattuto, è stato un atto intenzionale, ordinato da lei, come sostiene il governo turco?
«Affermarlo è ridicolo.
Odiamo forse il popolo turco?
L’aereo è stato abbattuto da un’arma con una gittata dai 2 ai 2 chilometri e mezzo. Perciò l’aereo si trovava a meno di due chilometri e mezzo dal territorio siriano. In tempo di pace non si abbattono aerei, tanto meno di un Paese amico come la Turchia. Ma noi siamo in stato di guerra e quando l’identità di un simile aereo è ignota, si presume che sia un aereo nemico.
Volava a bassissima quota, perciò
non era visibile sui radar siriani. Ma c’è un altro dato importante, di cui non si è parlato: lo spazio aereo è stato violato nello stesso punto in cui Israele ha sempre cercato di farlo».
Perché non sono stati inviati segnali di avvertimento?
«Sarebbe stato fatto, se l’aereo fosse apparso al centro dello schermo radar. Ma quando non si ha alcuna informazione o istruzione che l’aereo passerà da quel punto specifico, le regole d’ingaggio prevedono che il soldato faccia fuoco senza rivolgersi al comando, perché tutto succede in una manciata di secondi. All’interno delle acque territoriali, se un aereo vola a bassa quota i radar non lo catturano. Lo dimostra l’aereo israeliano che violò la stessa area per bombardare un sito militare siriano nel 2007, sfuggendo ai radar siriani. Per di più, non esistono missili di contraerea in quella zona con una gittata in grado di superare i limiti delle acque territoriali. Si tratta quindi di pure menzogne».
Lei come ha reagito alla notizia dell’abbattimento dell’aereo?
«A livello psicologico non è stato piacevole,
perché i turchi sono un popolo fratello. Per quanto ci riguarda il nemico è solo Israele. Ma abbiamo avuto la sensazione che Erdogan e il suo governo vogliano sfruttare questo incidente per trarne vantaggi politici. E questo è
molto pericoloso».
Intanto sono morti due piloti, due giovani. Cosa dice alle loro famiglie?
«Nonostante la politica di Erdogan sia fonte solo di sangue e distruzione per il popolo siriano, la morte di un cittadino turco è per noi la morte di un fratello. Perciò inviamo ai familiari delle vittime le nostre più profonde condoglianze.
Il padre di uno dei piloti, rivolto ad Erdogan, ha detto: “Il morto è mio figlio, e non vogliamo che l’incidente venga manipolato per provocare la guerra”. È una posizione onorevole».
Il governo turco ora sta schierando truppe al confine siriano. Qual è la risposta
della Siria?
«I due momenti peggiori nei rapporti tra i due Paesi si ebbero nel 1998, quando la Turchia schierò l’esercito, e negli anni ‘50, ai tempi dell’Alleanza di Baghdad. Ciò nonostante non abbiamo mai considerato la Turchia un paese nemico, né vogliamo farlo oggi né in
futuro. Infatti la Siria non schiera l’esercito contro la Turchia».
In Turchia si discutono nuove regole di ingaggio: sarà aperto il fuoco su qualunque aereo, carro armato o pezzo di artiglieria siriano si avvicini al confine turco.
«Nessuno Stato ha il diritto di aprire il fuoco a meno che il suo territorio sia stato violato. Nel caso del tutto ipotetico che colpiscano un bersaglio entro i confini siriani, si tratterebbe di un’aggressione contro la Siria».
Come giudica il summit di Ginevra, e i punti elencati da Kofi Annan?
«Non c’è stato alcun contatto diretto tra noi e Kofi Annan o i russi. Ma hanno fatto affermazioni precise. La prima è che la decisione spetta al popolo siriano, e questa è la nostra posizione. Deve cessare la violenza, i gruppi armati vanno disarmati, e anche queste sono le nostre posizioni. Le mani sporche di sangue siriano, come ha detto Kofi Annan, non esistono solo in Siria, ma anche fuori della Siria. Questo dimostra il ruolo degli altri Paesi coinvolti. Tutti i punti sono essenziali, ma il più importante è che tutto va deciso in Siria, non all’esterno».
Secondo il Segretario di Stato Clinton, il piano di Kofi Annan prevede che lei, presidente, si dimetta. Lei come lo interpreta?
«La posizione americana è già ostile alla Siria in questa crisi, e per noi le loro parole non sono affidabili. Gli Stati Uniti sono parte del problema. Sostengono palesemente i terroristi. Perciò non ci interessano granché i loro discorsi ».
A Ginevra si è parlato di transizione in Siria, con o senza il presidente, e di richieste interne, regionali e internazionali
da soddisfare riguardo alle
riforme. Lei che ne pensa?
«Noi non accettiamo imposizioni esterne. Tutto verrà deciso all’interno. Se il mio unico interesse, personale, fosse di conservare la presidenza, avrei soddisfatto le condizioni americane e le richieste pervenutemi coi petrodollari, avrei potuto vendere i miei principi in cambio di petrodollari. Di più: avrei accettato d’installare uno scudo missilistico in Siria».
Se la sua uscita di scena servisse a salvare il popolo e la Siria, lei lascerebbe?
«Se fosse nell’interesse della Siria, il presidente dovrebbe andarsene. È ovvio. Non si deve restare in carica nemmeno un solo giorno, se il popolo non lo vuole. E il popolo si esprime attraverso le elezioni».
Significa che non pensa di restare in carica per sempre?
«Glielo ripeto: l’incarico non ha alcun valore per me. È importante ciò che riesco a fare».
(©Cumhuriyet-la Repubblica traduzione di Emilia Benghi)