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 2012  luglio 03 Martedì calendario

MAI TANTI GIOVANI DISOCCUPATI SONO 635 MILA, IL 36 PER CENTO UN ANNO FA ERANO UNO SU QUATTRO


LAVORO per i giovani non c’è. Sono numeri dolorosi quelli diffusi ieri dall’Istat. Il tasso di disoccupazione per chi ha un’età tra i 15 e i 24 anni ha raggiunto a maggio il tasso del 36,2 per cento, un record assoluto che non si vedeva da vent’anni. Sono in tutto 635mila persone. Non sono ragazzi che studiano. Cercano lavoro. E non uno su quattro, ma ormai più di uno su tre, non lo trova. Preoccupante è la velocità del fenomeno. Cinque anni fa, prima della crisi, il tasso era del 19,5 per cento. Ha iniziato a crescere con il ristagno dell’economia, ma in un anno ha fatto un balzo di quasi nove punti percentuali (dal 27,5% di maggio 2011). «Dati inaccettabili», commenta il ministro del Lavoro, Fornero. «Rischiamo di perdere una o più generazioni » è l’allarme del numero uno di Confindustria, Squinzi. È ormai «emergenza», concordano Cgil, Cisl e Uil, che chiedono al governo politiche attive sul lavoro. «Sono ragazzi che per lo più vivono al Sud - spiega Giovanna Altieri, direttrice dell’Ires- Cgil -. Le aziende non assumono più e se prima si partiva per la Spagna, oggi bisogna andare lontano. È l’Australia in nuovo Eldorado».
EUROPA SENZA LAVORO
L’Europa non è messa tanto bene. Il tasso di disoccupazione tra gli under 25 a maggio ha toccato il 22,6%, con Grecia e Spagna che superano il 52%. Una generazione a casa, che conta sul sostegno dei genitori, i quali però sono sempre più in bilico. Ci sono ben 2,6 milioni di persone a caccia di un lavoro, la disoccupazione è cresciuta dell’1,9% in un anno, toccando il 10,1% (anche se è diminuita di zero virgola uno a maggio) e le aziende non assumono. A ingrossare il dato è anche la crisi: sono diminuiti gli inattivi, quelli che un lavoro non lo cercavano, ma che oggi le difficoltà economiche hanno convinto a tornare in pista. Ma il posto non c’è e da
inattivi per l’Istat diventano disoccupati.
GLI ARTIGIANI
Eppure per i giovani qualche posto in più si potrebbe trovare, a patto che Stato e burocrazia si facciano da parte. Sono gli artigiani della Cgia di Mestre a lanciare un’accusa e a offrire una speranza. Nei prossimi 10 anni, calcola la Cgia, potrebbero
essere persi almeno 385mila posti sia nell’artigianato che nell’agricoltura. Professioni storiche come sarti e odontotecnici, falegnami e stuccatori, pellettieri, rischiano di sparire. Non c’è il ricambio generazionale e molte aziende chiuderanno. Non sono più redditizie o non hanno più mercato. Il motivo? Sono oberate dalle tasse e da una burocrazia asfissiante è il verdetto della Cgia. La politica invece chiede altro. Non solo modifiche alla riforma del lavoro («le faremo in corso d’opera», ha detto ieri il ministro Fornero), ma anche un «allentamento del Patto di Stabilità per i comuni» suggerisce Fassina (Pd), facilitare l’imprenditorialità giovanile è la richiesta del Pdl. Il «reddito minimo garantito » insiste Vendola (Sel).