Paolo Griseri, la Repubblica 30/6/2012, 30 giugno 2012
UN’ASTRONAVE IN CIMA AL MONTE BIANCO PER LA FUNIVIA IL CANTIERE PIÙ ALTO D’EUROPA
Carmelo la racconta ancora oggi come una prova di ardimento, una di quelle che fanno diventare grandi i ragazzi nei paesi: «Era aprile, eravamo a venti gradi sotto zero, di nuovo bloccati dal maltempo. Ma non puoi stare fermo sempre. Abbiamo deciso di provare a sfidare il limite». La grossa benna arrivava dal fondovalle con la teleferica: «Dovevamo scaricare e trasportare in fretta il calcestruzzo nella galleria prima che ghiacciasse e diventasse inutilizzabile». Così, a quota 3.382, è stato scavato e rinforzato il tunnel di 150 metri che servirà da collegamento tra il Rifugio
Torino e l’ascensore di Punta Helbronner, 80 metri di salita nella roccia verso il cielo. Verso la stazione della nuova funivia, grandi vetrate e una terrazza panoramica sul massiccio del Bianco, la montagna più alta. La Montagna per tutti gli alpinisti d’Europa.
Per Carmelo e i suoi trenta compagni di cordata costruire la funivia è un po’ come tracciare una nuova via ferrata. «Il vero problema – spiega il direttore dei lavori, Marco Petrella – è che oltre i tremila metri cambiano parecchie cose». Per esempio, gli elicotteri stentano a trasportare i materiali: le pale fanno più fatica, gigantesche viti che girano a vuoto nell’aria rarefatta. Ma gli uomini non se la passano meglio. Carmelo Caruso è valdostano da parecchi decenni. Come quasi tutti gli operai di Punta Helbronner,
vive ad Aosta e dintorni. La montagna per lui non è certo una novità: «Eppure, quando scendiamo a valle dopo sette giorni di lavoro su questa piattaforma a 3.462 metri di altezza, ci capita di sentire addosso una vitalità innaturale. È l’effetto dell’aumento dei globuli rossi». Lo sanno i ciclisti che si allenano in quota per poter dare il massimo nelle gare in pianura. Ma i trenta di Punta Helbronner il massimo lo devono dare lassù, sopra il limite del ghiacciaio del Gigante che scende verso il versante francese. Per questo hanno orari ridotti: sette giorni a lavorare in quota e quattro a casa a riprendere energie, quasi un part time verticale (come lo chiamerebbero i sindacalisti) per compensare lo sforzo: «Provate voi a prendere a picconate la roccia a queste altezze».
Si lavora in media cento giorni all’anno e non sono molti. Tutto deve essere finito nel 2015, c’è ancora un’estate e mezza a disposizione. Si lavora anche di notte, almeno a preparare le gettate di cemento. Ora sono state montate due delle tre gru che portano i materiali lungo una
cresta di 170 metri. Per spostarsi da una piattaforma all’altra c’è un complicato sistema di scale, chiodi di ferro conficcati nella roccia e corde per reggersi. Il vento, la neve e la nebbia rendono tutto più complicato. Aliou Touré, senegalese, racconta «il freddo intenso che certi giorni ti blocca e ti rende difficile lavorare ». Da novembre ad aprile inoltrato si lavora a valle, nessuno si arrischia a venire fin quassù: «Solo un incaricato sale a verificare che le gru siano a posto», spiega Petrella che con Renzo Cipriano dirige il cantiere per conto della Cordee Mont Blanc, l’associazione di imprese che ha vinto l’appalto.
Il progetto è ambizioso. Si tratta di mandare in pensione la prima funivia del Monte Bianco, progettata all’inizio del Novecento per raggiungere Chamonix quando ancora non c’era il tunnel autostradale. La stazione di partenza sarà a Pontal d’Entreves, settanta metri più in basso dell’attuale. Saranno sufficienti due tronconi, al posto degli attuali tre, per raggiungere i 3.462 metri di Punta Helbronner, ultima
stazione italiana prima dell’attraversamento in ovovia del ghiacciaio del Gigante e la discesa sul versante francese. Le nuove cabine porteranno fino a 700 persone l’ora. Ruoteranno su se stesse per garantire a tutti la vista sul tetto delle Alpi e avranno anche telecamere sistemate sotto il pavimento. Nella nuova stazione ci saranno punti di ristoro e sarà possibile visitare un museo dell’attuale funivia, tuttora in funzione anche se prossima al pensionamento. Sul tetto, una piattaforma panoramica potrà diventare eliporto in caso di emergenza.
Per ora di tutto questo si intravedono solo alcuni segni sotto il groviglio di cavi e tralicci. Ma è già evidente la centina che limita il
tubo di cemento destinato ad accogliere l’ascensore per collegare la nuova stazione con il museo della vecchia. Un ascensore alto come un palazzo di oltre venti piani. Perché costruirlo? Il direttore dei lavori svela un piccolo segreto. «Perché avremmo dovuto realizzarlo comunque. In realtà il tubo dove scorre quell’ascensore è un gigantesco tassello piantato nella roccia, necessario ad ancorare i 4 cavi di acciaio da 64 millimetri che reggono il peso delle cabine. Cavi in grado di sopportare un peso di 80 tonnellate, che andavano adeguatamente ancorati. Così ci siamo detti: perché invece di realizzare un tassello pieno non lo rendiamo cavo e lo usiamo come vano per un’ascensore? ». Come l’operaio Faussone di Primo Levi, nel cantiere più alto d’Europa anche gli ingegneri, incredibilmente, si divertono.