Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  luglio 02 Lunedì calendario

UDC E PD HANNO DECISO: MONTI È IL NUOVO PRODI


Il buon esito del vertice europeo, che ha segnato un indubbio successo di Mario Monti, allontanando il rischio di elezioni anticipate, condiziona anche lo scacchiere elettorale del 2013. Soprattutto nel campo del centrosinistra, in tema di alleanze e leadership. A confermarlo sono le due interviste apparse ieri. E, qualcuno dice, non casuali, né inconsapevoli l’una dell’altra. Una, a Repubblica, l’ha fatta Pier Ferdinando Casini. L’altra, al Corriere della Sera, Massimo D’Alema. In entrambe spicca il nome del premier, come possibile protagonista anche della prossima legislatura. Il leader dell’Udc lascia intendere che potrebbe addirittura fare il candidato premier di un’alleanza tra «progressisti e moderati» («C’è un signore a Palazzo Chigi che sta facendo il suo lavoro benissimo e non credo che si ritirerà a vita privata nella prossima legislatura»). D’Alema, più cauto, sostiene, però, che «in un nuovo centrosinistra europeo Monti potrebbe trovarsi a perfetto agio». Non si sbilancia, però, a indicare il ruolo. Insomma il presidente del Consiglio sarà il nuovo Prodi, l’uomo capace di rappresentare la sintesi tra «progressisti e moderati », in un nuovo centrosinistra che tagli con Idv e persino con Sel, alleandosi con l’Udc e magari con una lista civica nazionale? Di certo questa è un’ipotesi che piace non solo a Casini, ma - cosa ancora più significativa - a Repubblica, opinion maker la cui influenza su gruppi dirigenti ed elettori di centrosinistra è nota. Bastava leggere, ieri, l’editoriale domenicale di Eugenio Scalfari, doppiato da uno di Ezio Mauro. Entrambi non facevano che incensare l’attuale presidente del Consiglio, indicandolo, tra le righe, come il futuro del centrosinistra (Scalfari più nettamente che Mauro). L’esito della riunione a Bruxelles ha poi rafforzato i filo-montiani del Pd (veltroniani, lettiani, liberal) che da sempre tifano per la prosecuzione della grande coalizione o comunque di una leadership montiana. «Dopo il successo del vertice europeo», dice a Libero Stefano Ceccanti, «qualsiasi persona ragionevole ha come prospettiva la continuità del governo Monti. Che può essere rappresentata da lui stesso, se fosse disponibile, o da qualcuno che però sia in grado di garantire continuità con l’attuale governo. Anche perché la crisi non finirà nel 2013. I prossimi anni saranno difficili». Con quali alleati? «Chi ci sta, ci sta». La tesi della grande coalizione, del resto, ha sostenitori anche nel Pdl, a cominciare da Silvio Berlusconi. Cozza, però, con le prospettive di Pier Luigi Bersani, che non ha nessuna intenzione di rifare un passo indietro. E D’Alema? Al Nazareno si dice che l’apertura a Monti, espressa nell’intervista al Corriere, sia una mossa tattica per avvicinare il leader dell’Udc, prospettiva che l’ex premier persegue da anni. «Sta solo cercando di dare a Casini la possibilità di venire con noi». Ma l’ex premier avrebbe in mente, per il professore, un ruolo da commissario europeo o al massimo da ministro. Il candidato premier di D’Alema resterebbe Bersani. O, in alternativa, il ministro Fabrizio Barca, se Bersani e Matteo Renzi facessero un passo indietro, evitando le primarie. C’è, però, anche chi fa notare che dal punto di vista dei destini individuali a D’Alema converrebbe Monti premier. Se, infatti, Palazzo Chigi va a un candidato del Pd, per D’Alema sarà più difficile correre per un importante incarico istituzionale, Quirinale o Farnesina che sia. Insomma un Monti nel ruolo di nuovo Prodi farebbe comodo anche a D’Alema. Troverebbe, però, la netta opposizione dell’ala sinistra del Pd, a cominciare dai Giovani turchi. «Monti», dice a Libero Matteo Orfini, «va preso sul serio. Ha sempre detto che finita questa esperienza non continuerà, bisogna stare alle sue parole. Dopo Monti dovremmo scegliere tra una prospettiva di centrosinistra e una di centrodestra. Chi ha rappresentato tutti non può essere il candidato di una parte». Quanto a Bersani non ha nessuna intenzione di regalare la chance della vita a Monti o a chi per lui. A meno che non fosse l’unico modo per evitare una vittoria alle primarie di Matteo Renzi, ipotesi sempre più temuta ai piani alti del Nazareno. Tanto che ambienti ex diessini spingono sul segretario perché all’Assemblea nazionale, prevista fra una decina giorni, non si fissi la data della consultazione, né si approvi il regolamento.