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 2012  luglio 02 Lunedì calendario

L’ADDIO DI BOSSI: FORSE MI HANNO FREGATO


I leghisti di Varese giurano di averla vista sabato sera, primo giorno del congresso: Rosi Mauro, la «badante» espulsa dalla Lega, sarebbe entrata nella villetta di Gemonio per incontrare il suo vicino di casa Umberto Bossi. Obiettivo del blitz, dicono i maligni, era convincere il Senatur a disertare il giorno clou del congresso. Quello di ieri. Con l’incoronazione di Roberto Maroni. Di sicuro, il tentativo è stato fatto dalla moglie del Senatur, Manuela Marrone, che ha provato in tutti i modi a bloccare il marito. Il tutto dopo le insistenze – senza successo –per farlo candidare leader. Fatto sta che all’assise di Assago Bossi s’è presentato in ritardo. Era atteso per le 10, ha fatto capolino dopo le 11. Prima è rimasto dietro le quinte, poi ha stravolto la scaletta salendo sul palco all’improvviso, dopo che i suoi fedelissimi gli avevano messo il dubbio: «Umberto, ti vogliono fregare. Hanno cambiato lo statuto per metterti nell’angolo». Ecco, qui è andato in scena il Bossi del primo tempo. Incazzoso. Il vecchio capo spara la sua verità davanti a un Maroni che, in prima fila, non muove un muscolo. Bossi dice che lo scandalo dei rimborsi è «tutta una montatura », ma prima di tutto se la prende con «quegli imbecilli nella Lega a cui piace il tricolore». Una frecciata al sindaco di Verona e leader della Liga Veneta, Flavio Tosi? Poi ecco altri mortaretti. Il fondatore non cita mai Bobo, ma sembra chiamarlo in causa quando insiste sul «complotto dei magistrati» ripetendo che il congresso della Lega s’è reso necessario solo per la manovra delle toghe. Osserva: «Il nostro amministratore era legato alla ‘ndrangheta? Chi sapeva doveva dircelo. Penso ai servizi segreti». Ed ecco che emerge la teoria degli anti- Maroni: un ex ministro dell’In - terno non poteva non sapere. Maroni aveva imbracciato le ramazze, promuovendole a simbolo della pulizia nel movimento: «Chi alzava le scope avrebbe fatto meglio a non farlo perché non aveva capito che la cosa era organizzata» tuona Bossi. E ancora: «Qui nessuno ha rubato», e dal pubblico parte qualche fischio. «Qualcuno ha aperto la fortezza dall’interno». Poi il finale col botto: «Voglio vedere se mi avete fatto imbrogli nello statuto ». Chiama Luca Zaia accanto a lui. Il governatore veneto presiede i lavori. Lo statuto «è stato votato all’unanimità» risponde sicuro l’ex ministro delle Politiche Agricole. «Questo è preoccupante » replica Bossi. «Oggi, secondo me, non è necessario fare lo statuto, avete votato lo statuto, spero che qualcosa non sia cambiato che io non sappia. Volevo leggermi bene le regole, a scanso di equivoci». È il gelo. Il fondatore insiste: «Io volevo che a nominare il 20 per cento dei consiglieri regionali e parlamentari fossi io», e invece non avrà neanche questo potere. Se ne va senza aggiungere altro, lasciando nello sgomento il palazzetto. I lavori vanno avanti in un clima surreale, mentre dietro le quinte Bossi chiama a raccolta una pattuglia di fedelissimi. In una saletta lo raggiungono Roberto Castelli con la moglie Sara Fumagalli e il nuovo tesoriere Stefano Stefani. Il Senatur è provato. Anche perché è stato colpito dagli applausi che il suo popolo gli ha rivolto, appena salito sul palco. «Mi vogliono fregare…» si sfoga Umberto. I presenti gli spiegano dello statuto. La bozza approvata di buonora dai delegati (i contrari e gli astenuti si erano contati sulle dita di una mano) era la stessa licenziata dal consiglio federale di lunedì scorso. Con Bossi presente. Umbertonon è convinto. Nella saletta arrivano altri fedelissimi. Parte un fitto scambio di messaggini mentre sul palco sta parlando Roberto Calderoli. Il Senatur pensa di congelare il nuovo statuto, che in effetti lo relega in un ruolo meno che notarile. Il vecchio capo chiede anche un confronto a Maroni, che però rifiuta di raggiungerlo. Per Bobo, il tempo delle mediazioni è finito. Bossi e i suoi si rassegnano.Umberto si ripresenta sul palco mentre Maroni sta finendo l’intervento, col quale ha escluso i complotti dei magistrati. Sono da poco passate le 13,30. Bobo sta affermando: «Voglio riportare la Lega ai successi a cui eravamo abituati anche con Umberto Bossi…». Ovazione. L’ex ministro termina il discorso. Il fondatore gli s’avvicina e gli sferra un pugnetto sulla mano, poi prende il microfono. Va in scena il Bossi del secondo tempo. «Due parole… » e al forum scende il silenzio. Umberto è commosso. Racconta: «Dal re Salomone si presentano due donne e vogliono entrambe un bambino. Salomone non sa decidere di chi è il bambino e dice alle sue guardie “taglia - telo in mezzo”. Una delle donne grida “no, no non tagliatelo, datelo all’altra, non tagliate il bambino perché il bambino è suo”». Le lacrime sembrano avere il sopravvento. «Così questo ho fatto io, lo dico perché avverto che alcuni ancora non lo hanno capito ». Tutti corrono ad abbracciare il vecchio leader. Anche Maroni. Molti piangono. Zaia prende in mano la situazione: con voto palese, l’ex responsabile del Viminale viene eletto segretario. In pochissimi hanno il coraggio di dirsi contrari. Dietro il palco, in un corridoio, Umberto e Maroni si incrociano. Il Senatur «sarà sempre un fratello » dice Bobo. Il fondatore ripete che «dobbiamo essere uniti». Ieri sera ha invitato a cena a Gemonio alcuni fedelissimi, tra cui Castelli. La nuova Lega non convince il vecchio guerriero.