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 2012  giugno 30 Sabato calendario

Il sogno di San Pellegrino: un futuro stile Belle Epoque - La penosa contraddizione è già scritta sul cartello segna­letico: San Pellegrino Ter­me

Il sogno di San Pellegrino: un futuro stile Belle Epoque - La penosa contraddizione è già scritta sul cartello segna­letico: San Pellegrino Ter­me. Purtroppo, è rimasto solo il santo: le terme non ci sono più. Chiuse dal 2005. La piccola capita­le dell’acqua minerale più famosa e più trendy è mutilata della sua gloria e della sua migliore virtù. Al­l’ingresso del borgo si continua a imbottigliare, nello storico stabili­mento della galassia Nestlè (430 i dipendenti). Ma da anni ormai non è più possibile cercare benes­sere e salute direttamente sul po­sto, stravaccandosi su un lettino per massaggi o immergendosi in una piscina tiepida: le storiche strutture riservate alle cure del cor­po e dello spirito sono desolata­mente sbarrate, sotto un cumulo di muffa e di ricordi. A venticinque chilometri da Bergamo, a ottanta da Milano, si contempla mesta­mente il paradosso incredibile: mentre ovunque si segnala il boom del wellness e delle spa, pro­prio qui, dove tutto questo è nato, hanno calato la saracinesca. Quel che resta è soltanto malin­conia: dal magnifico Casinò del 1907 all’imponente Grand Hotel sull’altro lato del fiume Brembo, tutto concorre a una sensazione di lancette ferme e di felicità perduta. Perduta lentamente nel tempo, co­me sabbia che sfila tra le mani, mentre crediamo di stringerla. Ma forse perduta subito allora, tutta d’un colpo, il colpo di cannone che aprì le macabre danze della prima guerra mondiale, chiudendo per sempre quelle allegre e soavi della Belle Epoque. Quando l’epoca era ancora bel­la, ai primi del Novecento, il Liber­ty e la sua idea di vita lasciarono su San Pellegrino un’impronta fanta­stica. L’architettura e l’umanità portarono qui i loro segni migliori. Quando il Billionaire non era nem­meno un’immaginazione, il ter­malismo era la vera mondanità, si­gnorile e raffinata: San Pellegrino ospitava re e regine, musicisti e scrittori, ministri e attori, poeti e in­dustriali. Tutto qui parla ancora di loro. Come in un album seppiato, come in un grande film in bianco e nero. Ma pure dopo, nel susseguirsi delle giornate e della grande sto­ria, non era niente male. Il Casinò chiuso dopo la seconda guerra non richiamava più il denaro, ma il fascino restava. La borghesia lom­barda ancora veniva a rilassarsi e a rimettere in sesto il motore. Veni­va persino la Grande Inter del Ma­go Herrera, in un ritiro considera­to perfetto, per altitudine, tempe­ratura, attrezzature. Il ritiro ideale nel clima ideale. È dopo, si può dire con l’arrivo degli anni Settanta, che San Pelle­grino perde il treno. Continuando a sperare nell’utopia di riaprire il Casinò, non sa più cogliere al volo altre mode e altri costumi. Anche qui, sai la fantasia, si buttano a pe­sce sull’affare sicuro che tanti dan­ni ha prodotto nel bel paese: edili­zia spinta, seconde case, guadagni facili. Intanto, il cuore di San Pelle­grino non batte più. Chiuso pure il Grand Hotel, da anni amichevole spettro affacciato sul fiume e sulla memoria, invaso dai topi, coperto dalla polvere, umiliato dalle ragna­tele. Tra le sue crepe, è possibile leggere chiaramente il triste desti­no di un’epopea. San Pellegrino però conserva un suo patrimonio intangibile: è carina, è dolce, è tranquilla, è con­fortevole. Il tempo ha cancellato qualche segno, ma non può cancel­lare l’anima. Non solo: dai trambu­sti e dal caos del Novecento, si è sal­vata intatta la speranza. E adesso è arrivato il tempo di vederla premia­ta. Dal 2005, quando la Nestlè s’è presa la produzione della minera­le d’alta gamma, griffe del made in Italy che a Tokyio e Parigi pagano quasi come il Chianti e il Barolo, l’intero complesso delle Terme ha cambiato proprietà. A crederci, stavolta, è uno specialista del setto­re immobiliare, ma più in generale del buon vivere, quell’Antonio Per­cassi noto a un certo pubblico an­che come presidente vulcanico della nuova Atalanta. La sua idea per San Pellegrino è come tutte le sue: vuole riportare la cittadina, 4960 abitanti, al cen­tro di un certo turismo. Purtroppo dal giorno dell’accordo con il Co­mune, era il 2007, parecchie cose sono cambiate: soprattutto una, la nuova crisi globale. Così, per il ri­lancio del Grand Hotel, progetto da 40 milioni di euro, bisognerà aspettare un altro tempo. Ma per le terme, proprio di fronte, sull’al­tra sponda del fiume, ai piedi della montagna, il perfido alveare di bu­rocrazia, rinvii, intoppi, modifi­che, malintesi, chiarimenti sem­bra finalmente dissolto: con un in­vestimento di 16 milioni, nel giro di un paio d’anni ripartiranno bel­le più di prima. Sarà poi vero, stavolta? Se lo chie­dono tutti, sotto i portici d’epoca, lungo il Brembo. Se lo chiedono so­prattutto gli ottanta membri del­l’Associazione Amici di San Pelle­grino, benemerito circolo di perso­ne e pe­rsonaggi che amano da sem­pre questo luogo, riuniti per tener­ne alta la reputazione e per ravvi­varne l’attività sociale. Spiega Cle­lia Scotti Mazzoleni, signora del tennis, ora presidente: «Noi orga­nizziamo balli di beneficenza al Ca­sinò, mostre d’arte, convegni, ma anche sagre di paese e biciclettate lungo la pista ciclabile della Val Brembana. San Pellegrino ha strut­ture ottime, dalla piscina ai campi da calcio, dalla prestigiosa scuola alberghiera alla palestra di roccia, dagli hotel ai ristoranti, non man­ca davvero niente per un gradevo­le soggiorno. E l’atmosfera:l’atmo­sfera è unica. Ma è chiaro: San Pel­legrino senza terme non è pensabi­le. Per questo speriamo che davve­ro sia la volta buona...». In municipio, il vicesindaco Gianluigi Scanzi non vuole bru­ciarsi la mano, visti i precedenti, ma la tentazione di metterla sul fuoco l’avrebbe davvero:«Siamo a posto. Tempo la fine dell’estate, i lavori partiranno: fra due anni, la gente potrà tornare alle terme. Ov­viamente la crisi generale non ha aiutato questo grande progetto, per tante cose bisognerà aspettare il ritorno di certe condizioni. Ma sulla questione fondamentale del­le terme finalmente non ci sono più ombre: si faranno. Lo confes­so: quando vedrò il primo murato­re all’opera, io sarò felice. Sarà il se­gno che i problemi sono superati e il futuro può cominciare. San Pelle­grino riparte dalla sua vera ani­ma ». Ripartire da dov’era rimasta, troppi anni fa: voltata verso il rim­pianto passato, senza intravedere mai un nuovo domani. Senza nem­meno immaginarlo. I tempi stan­no tornando. Un giorno, nemme­no tanto lontano, leggere il cartel­lo «San Pellegrino Terme» non avrà più l’amaro sapore dell’umo­rismo involontario. Un secolo do­po, la bella epoca dell’acqua, con i suoi tempi calmi e il suo stile nobi­le, tornerà finalmente a casa, qui, dove tutto era cominciato.