STEFANO SEMERARO, La Stampa 3/7/2012, 3 luglio 2012
Il tetto della discordia che divide Wimbledon - La domanda è: Wimbledon è ancora un torneo all’aperto o si avvia a diventare il primo Slam indoor del tennis? Sul regolamento del torneo, alla voce «tetto», la prima norma recita: «I Championships sono un evento che si svolge all’aperto, e con la luce del giorno»
Il tetto della discordia che divide Wimbledon - La domanda è: Wimbledon è ancora un torneo all’aperto o si avvia a diventare il primo Slam indoor del tennis? Sul regolamento del torneo, alla voce «tetto», la prima norma recita: «I Championships sono un evento che si svolge all’aperto, e con la luce del giorno». Una specifica che si è resa necessaria tre anni fa, quando per la prima volta il «roof» è diventato operativo sul Centre Court. Già durante il primo anno, funestato (dal punto di vista degli organizzatori) da un clima secchissimo, un paio di volte il rotolone di plastica traslucida da 1000 tonnellate era stato steso con motivazioni poco trasparenti. Per averlo, del resto, l’All England Club ha investito 100 milioni di sterline: lasciarlo inutilizzato causa siccità dopo 140 anni di schiavitù alla pioggia, ne converrete, sarebbe una beffa. Quest’anno il protocollo è – apparentemente - più chiaro e prevede che il tetto possa essere chiuso non solo in caso di pioggia, ma anche per scarsa visibilità. Una chance che in realtà sta provocando incertezza e mugugni. Già una settimana fa, al crepuscolo, l’interruzione di quaranta minuti necessaria a chiudere la capote aveva mandato su tutte le furie Nadal, che alle 10 di sera, su un campo indoor e illuminato artificialmente, aveva finito per perdere contro il miracolato Rosol. Venerdì invece il Centre Court è rimasto chiuso tutto il giorno solo perché si temeva l’arrivo (mai avvenuto) della pioggia, mentre sugli altri campi si è giocato. I retroscenisti hanno iniziato a sospettare un complotto ai danni della regolarità del torneo architettato dalle tv per evitare interruzioni e per introdurre sessioni serali mascherate sdoganando un Wimbledon eretico. Fra i permalosissimi residenti del quartiere che ospita il Club – e che costringono il torneo alla sosta della domenica di mezzo – pare inoltre che già circoli una pepatissima petizionedi protesta. Sempre sul regolamento, infatti, è scritto che i match non si possono protrarre comunque oltre le 23, mentre sabato, per concedere a Murray di chiudere il match con Baghdatis, il limite orario è stato sforato (due minuti). Ci fosse stato un non british in campo, ci si è chiesto, avrebbe ottenuto la stessa deroga dal notoriamente poco elastico Committee? Forse turbato dalle polemiche ieri il giudice arbitro del torneo Andrew Jarrett ha esitato a lungo, nonostante una fastidiosa pioggerella che ha interrotto più volte il gioco, prima di azionare il tapparellone attorno all’ora del tè. A Francesca Schiavone, imbufalita perché sullo scivoloso campo 3 la giudice di sedia ha tentennato a lungo prima di sospendere (temporaneamente) il match con la Kvitova, ieri un ombrello sarebbe stato graditissimo. Roger Federer invece, nonostante un mezzo colpo della strega rimediato all’inizio con Malisse, resta un fan del Wimbledon vecchio stile, tutto interruzioni e teloni. «Sono contento che il tetto sia rimasto aperto – ha detto Roger – nessuno di noi vuole giocare indoor tutto il tempo. Le interruzioni possono diventare uno stress, e al pubblico fa piacere assistere a un match completo piuttosto che aspettare sotto l’acqua. Ma anche questo fa parte del fascino di Wimbledon. Il tetto andrebbe chiuso solo quando piove davvero forte». Che le sue illuminate parole possano soccorrere i confusi membri del Committee.