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 2012  luglio 03 Martedì calendario

Garze e siringhe d’oro le spese pazze delle Asl - È una vera e propria mappa degli sprechi sanitari quella consultabile da ieri con un colpo di click sui prezzi di riferimento dei beni e servizi di Asl e ospedali pubblicati dal sito dell’Autorità per la Vigilanza sui i contratti pubblici

Garze e siringhe d’oro le spese pazze delle Asl - È una vera e propria mappa degli sprechi sanitari quella consultabile da ieri con un colpo di click sui prezzi di riferimento dei beni e servizi di Asl e ospedali pubblicati dal sito dell’Autorità per la Vigilanza sui i contratti pubblici. Tra il «prezzo giusto» individuato dall’authority e quello medio praticato dalle aziende sanitarie ci sono differenze di prezzo che sfiorano il 500%, non solo per protesi dove la qualità può fare la differenza, ma anche per semplici bende. Prezzi in libertà rilevati per 408 tipologie di beni e servizi dai farmaci ad uso ospedaliero, ai dispositivi medici, ai servizi di ristorazione e pulizia, considerati a maggior impatto sulla spesa per beni e servizi sanitari. Per ciascun bene è pubblicato il prezzo medio d’acquisto attuale e quello «di riferimento» che dovrebbero praticare Asl e ospedali. Un condizionale destinato a diventare imperativo con l’imminente varo della spending review, che prevede di ridurre del 3,7% i 32 miliardi di spesa per beni e servizi proprio applicando i nuovi prezzi di riferimento. Come dire che la stragrande maggioranza delle aziende sanitarie pubbliche dovrà disdire gli attuali contratti di acquisto e stipularne di nuovi (senza pagare penali), visti gli esorbitanti prezzi di acquisto rilevati dall’authority. Che sui dispositivi medici mette le mani avanti, specificando che «durante la rilevazione statistica è stata rilevata un’elevata variabilità di prezzo imputabile, tra l’altro, a fattori qualitativi nonché ad ulteriori specifiche tecniche». Un conto è acquistare una protesi di ultima generazione in titanio, un altro un dispositivo «Made in China». Ma cosa dire quando le differenze lambiscono o superano il 400% per l’identica tipologia di prodotto, come il caso delle protesi vascolari rette usate per gli aneurismi, che in media le nostre Asl acquistano a 1130 euro anziché a 293 come «suggerisce» l’authority? O ancora, come spiegare i 1027 euro di prezzo medio d’acquisto di uno stent coronarico contro il «giusto prezzo» di 217? Ma sin qui possono entrare in gioco le differenze dovute al diverso tasso di innovatività di un dispositivo. Decisamente più difficile è riuscire a capire perché si acquisti mediamente a 7,85 euro una «medicazione in film di poliuretano» che serve per le medicazioni al ginocchio contro l’euro e 32 centesimi considerato equo dalle tabelle on line e che se applicato ovunque farebbe risparmiare il 500% solo su questo dispositivo. Stesso discorso vale per le siringhe monouso da 10 ml, pagate 7 centesimi quando ne basterebbero 3 o le semplici garze sterili, pagate in media 8 anziché 3 centesimi. Non va molto meglio quando si scorre la tabella dei 132 prezzi riferiti a 43 principi attivi farmaceutici ad esclusivo uso ospedaliero. Un anti infettivo come la levofloxicina in flaconi da 500 mg registra una differenza di circa il 300% tra il prezzo medio di acquisto (3,22 euro) e quello «di riferimento» (0,80 euro). L’enoxaparina sodica in fiale, farmaco contro la trombosi venosa, viene acquistata dagli ospedali a un prezzo medio di 2,1 euro anziché a 86 centesimi, che secondo l’Autorità per i contratti pubblici sarebbe facile spuntare. E persino sui costosissimi medicinali antiaids, come il ritonavir abbinato al lapinavir, si viaggia su differenze a tre cifre (circa 100% in più tra prezzo «giusto» e quello medio di acquisto). Va un po’ meglio sui servizi di pulizia, dove per quelli «a medio rischio» la differenza è del 25 % e per i pasti, dove con uno sforzo si può risparmiare circa il 10%. Ovviamente senza mettere a dieta nessuno, se non Asl e ospedali spendaccioni.