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 2012  luglio 03 Martedì calendario

PANNOFINO, IL CALCIO E L’EFFETTO BORIS


E ffetto Boris. Cose indimenticabili di questi Europei: la vittoria dell’Italia sulla Germania, con i due gol di Mario Balotelli; la presenza in tribuna di Mario Monti contro la Spagna che faceva presagire il peggio (per lui il calcio andava sospeso per qualche anno), l’effetto Boris.
Dunque la grande idea di Marco Mazzocchi (o chi per lui) era questa: far leggere le formazioni dell’Italia da Francesco Pannofino, il doppiatore italiano di George Clooney, Denzel Washington, Kurt Russel, Antonio Banderas, Kevin Spacey, Mickey Rourke.
Una strizzatina d’occhio (anzi, d’orecchio) al pubblico femminile. Purtroppo le grandi idee spesso sfuggono ai loro creatori e fin dalla prima serata si è capito che Pannofino non è Clooney, né gli altri; Pannofino ha una tendenza a debordare e a metterci del suo; Pannofino è irrimediabilmente «effetto Boris».
Com’è noto, «Boris» mette in scena il dietro le quinte di un set televisivo alle prese con una serie tv fasulla, il classico telefilm nostrano. Che finge di ispirarsi alla serialità americana ma non fa altro che ingigantire tutti i difetti di quella italiana, a partire dalle condizioni materiali di realizzazione: budget risicati, attori improbabili, piani di lavorazione approssimativi, troupe al limite della professionalità, telefoni cellulari sempre spenti, ecc. Spesso «Boris» additato come un esempio di satira riuscita, di atto d’accusa contro la tv. Star indiscussa del racconto è proprio Renè Ferretti (Francesco Pannofino), «il Roberto Saviano della fiction», la caricatura del regista cialtrone, figlio di quella tv italiana che vive di budget risicati, di approssimazioni, di balle, di facilonerie, di romanità folkloriche, di indotto Rai.
Ecco, a un certo punto, forse ispirato dalla presenza di Mazzocchi, Pannofino si trasformava irresistibilmente in Renè Ferretti, l’effetto Boris prendeva il sopravvento e la Spagna faceva il resto.