Massimo Mucchetti, Corriere della Sera 1/7/2012, 1 luglio 2012
LA TELENOVELA FONSAI E IL RUOLO DEL CUSTODE
Il salvataggio di Fonsai a opera di Unipol ha ottenuto l’ok di Isvap, Antitrust, Banca d’Italia e Consob. Ma ora torna in alto mare. Il custode giudiziale del 20% di Premafin, già intestato a due società off shore da soci misteriosi, esige una nuova assemblea per revocare, se del caso, l’aumento di capitale, primo passo del salvataggio. E Paolo Ligresti chiede la revoca del consiglio che aveva negoziato con Unipol in esclusiva. Il custode Alessandro Della Chà lamenta che i soci Premafin abbiano deciso senza analizzare anche la proposta di Sator e Palladio su Fonsai. Nel merito, fa propria la fairness opinion della Vitale & Associati, commissionata da Sator e Palladio.
La mossa del custode ha un punto di forza e uno di debolezza. Il primo è l’esercizio del diritto a essere pienamente informato, essendo stato nominato dopo l’assemblea. Il secondo è la debolezza delle sue argomentazioni. Sperare nella contendibilità della Fonsai con Sator e Palladio, domani al 35-40% e dopodomani venditori, è al tempo stesso illusorio (potranno vendere il 29% a fortissimo premio e il resto poi senza alcuna Opa) e pericoloso (le assicurazioni hanno bisogno di stabilità e non di scalate). Un custode nominato dalla magistratura, d’altra parte, non assume la posizione di una parte senza un contraddittorio preliminare con l’altra. E soprattutto, data la dimensione sistemica di Fonsai, prima di accreditare l’esistenza di una seconda proposta tale da fermare un salvataggio dovrebbe pretendere di sapere chi ne siano i latori, se abbiano i soldi, quali siano le delibere formali sottostanti. Materie di cui la fairness opinion non è chiamata a occuparsi, ma il custode sì. Sator dice di avere 360 milioni da spendere. Nessuno ne dubita, ma quali sono i limiti alla concentrazione del rischio dato che si parla di private equity? In quanti anni deve restituire il capitale? Come sono i rapporti con la Financial Services Authority? Palladio parla del suo patrimonio netto, senza dire dov’è investito. Il che è come parlare di nulla. Aggiunge l’imprecisata integrazione di un istituto finanziario di primario standing. Non sarebbe meglio allegare alle lettere e ai comunicati stampa delibere e bilanci, aggiornati al 31 marzo 2012, e scrivere il nome dell’istituto primario anziché lasciar circolare voci su Intesa Sanpaolo e sul fondo Clessidra che, interpellati dal Corriere, smentiscono ogni rapporto con Sator e Palladio, pur criticando l’impostazione di Mediobanca? La Consob non dice nulla?
Le esclusive si possono rompere. Pagando. Si possono anche lasciar decadere purché poi si presenti un’altra compagnia o una banca (Intesa?) con proposte migliori di Unipol per i soci e, prim’ancora, per gli assicurati e le banche creditrici. Che devono far valere i propri diritti, trattando denari dei depositanti e avendo anch’esse dei soci. Certo, sarebbe meglio se l’ipotetico terzo soggetto accettasse la competizione, anziché attendere il ritiro di Unipol per effetto di manovre al momento opache, con i Ligresti a fare da sponda. L’Italia ha già dato. Nel 2000, quando i raider e le banche cieche diedero la Montedison alla Fiat, cavallo di troia dell’Edf.
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