Fabio Cavalera, Corriere della Sera 30/6/2012, 30 giugno 2012
LONDRA RIPUDIA I BANCHIERI DELLA CITY «CINICI, MANIPOLATORI E STRAPAGATI»
I colossi della City ne hanno combinate di tutte i colori. Come se nulla fosse accaduto dal 2008 in poi, hanno continuato a scherzare coi tassi d’interesse e con nuovi sofisticati «giocattoli» finanziari a spese delle imprese e del lavoro, dimenticando di essere stati salvati dalla mano pubblica e dai contribuenti. Davvero troppo. Tanto che, anche il governatore della Banca d’Inghilterra, uomo prudente, è esploso in uno scatto d’ira.
Mai era accaduto che Mervyn King, il numero uno dell’istituto centrale, pronunciasse parole così pesanti all’indirizzo dei banchieri che governano Barclays, Royal Bank of Scotland, Hsbc e Lloyds, il sancta sanctorum del risparmio. Li ha accusati, in una conferenza pubblica, di «trattamento meschino dei clienti» e di «manipolazione fraudolenta» perché, usando la doppia leva dei prestiti e della contrattazione di alcuni derivati, hanno aggirato le regole della buona condotta. Sarà per via del fatto che è alla vigilia della pensione e che la prudenza può essere archiviata, però Mervyn King, e con lui la «Financial Services Authority», hanno lanciato un affondo che segnala quanto sia vicino alla rottura il rapporto fra la banca centrale e l’autorità di controllo da una parte e i vertici delle «big four», le quattro grandi banche della City.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è la scoperta e l’ammissione che per una decina d’anni i trader dei maggiori istituti di credito hanno convinto i senior manager a taroccare i tassi Libor sui prestiti interbancari giornalieri e che, alzandosi o abbassandosi, ricadono in ultima istanza sulle contrattazioni di derivati (in particolare dei prodotti costruiti proprio sull’altalena degli interessi), poi sui costi dei contratti di mutuo e delle carte di credito. Aldilà dei difficili tecnicismi, la sostanza è che muovere i tassi Libor (acronimo per «London Interbank Offered Rate»), gonfiandoli o sgonfiandoli a comando, significa che si succhiano profitti su una torta globale di 500 trilioni di dollari. Un po’ a me e un po’ a te, c’è trippa per i trader (smascherati dalle email in cui si annunciano fiumi di champagne), per i capi e i supercapi. Se non è una truffa poco ci manca.
Lo scandalo tocca una ventina di banche ma il dito è puntato in modo particolare contro le «big four». E la ragione è semplice: Barclays si è detta pronta a pagare una multa di 291 milioni di sterline. Ma il Daily Telegraph allarga pure alla Royal Bank of Scotland e ai Lloyds. E il Guardian inserisce nella lista la Hsbc.
Insomma, un bel poker. Forse i colossi della City speravano di chiuderla lì. Invece la storia prende contorni diversi. Dal governo all’opposizione, il coro è che bisogna colpire i furfanti. Che poi nell’occhio del ciclone ci sia Bob Diamond, amministratore delegato di Barclays, non è per accanimento ma solo per la certificata certezza (con ammissione) che il suo istituto ha superato i limiti del buonsenso.
La guerra è così aperta. «Mister cento milioni», ovvero i cento milioni di dollari che gli furono riconosciuti come gratifiche quando era «semplice» responsabile del settore investment della Barclays e non ancora amministratore delegato, è stato invitato a togliere il disturbo. Le frasi del governatore Mervyn King sono una censura definitiva. Lui, però, non ci pensa affatto a dimettersi. Si limita ad annunciare che non intascherà i bonus previsti per il 2012.
Può permetterselo visto che nel 2011 fra retribuzione e premi raggranellò 25 milioni di sterline, compreso il conto di 5,7 milioni dovuto all’ufficio delle tasse ma saldato dalla stessa Barclays. Il «salario» base, un milione e 350 milioni di sterline, gli consente comunque di godersi le partite del Chelsea campione d’Europa di cui è tifosissimo.
Bob Diamond «è il volto non accettabile del sistema bancario», hanno sostenuto i suoi critici più accesi a cominciare da Lord Mandelson, ex numero due dei laburisti. Di certo non è l’unico principe della City sulla graticola. La compagnia è bene assortita. Solo che lui, Bob Diamond, ha un vizio che diventa virtù in certi ambienti: quella pretesa di avere sempre ragione sconfinante nella grassa supponenza. Per i suoi colleghi è una sorta di eroe.
Qualche mese fa si presentò ai parlamentari di Westminster. E li mise al tappeto: «Il tempo dei rimorsi per i banchieri è finito». Rivendicando, petto in fuori, libertà di manovra, di bonus e di traffici. «Banchieri da casinò» li ha bollati Vince Cable, liberaldemocratico ministro delle attività produttive. Il «mister Bank» di Mary Poppins era un povero dilettante della City.
Fabio Cavalera