Stefano Semeraro, La Stampa 2/7/2012, 2 luglio 2012
Tennis, la nuova italiana “Sarò presto la numero 1” - Camila Giorgi è una sweet machine che in un giorno di fine giugno si è installata nel cuore pulsante del nostro tennis
Tennis, la nuova italiana “Sarò presto la numero 1” - Camila Giorgi è una sweet machine che in un giorno di fine giugno si è installata nel cuore pulsante del nostro tennis. Neppure ventunenne, bionda, leggera, incantevole come una modellina. Fuori dal campo ti ferisce con lo sguardo celeste, cuccioloso, dentro ti percuote come l’otturatore di una Colt infinita che spara sempre prima che tu abbia estratto lo stupore dalla fondina. È una delle tre italiane che oggi giocano gli ottavi a Wimbledon, il sesso forte del tennis italiano: Francesca Schiavone e Roberta Vinci sono le veterane, Camila la new-entry, fascinosa e un filo aliena, perché di lei – nonostante da anni se ne parli, sussurri, discuta come della Grande Speranza Azzurra – fino a questo Wimbledon non si sapeva poi troppo. «Negli spogliatoi le abbiamo detto brava, ma a stento la conosciamo», ammettono in coro Schiavone, Errani, Pennetta e Vinci. «Neanche io so tanto delle altre italiane», fruscia lei in risposta. «In questi giorni ci siamo salutate, ma non si può dire che fra noi ci sia un rapporto, io vivo e mi alleno a Miami». Riavvolgere il nastro, please. Camila, con una “l” sola, è nata a Macerata il 31 dicembre del ’91 dall’italianissima mamma Claudia, che ai tornei non si vede mai, e da Sergio, padre e coach nato a Buenos Aires, figlio di un emigrante di Perugia, Luigi Giorgi, arrivato in Argentina a costruire barche. In testa, il poliedrico Sergio, oltre ad una zazzera grigia ma allegra come un cespuglio, da anni coltiva un’idea meravigliosa: fare di Camila la n. 1 del mondo. «Il nostro obiettivo è quello», sorride placida, imperturbabile la ragazzina dall’aria falsamente fragile, che la settimana scorsa con i suoi 166 centimetri di energia pura ha triturato la carabiniera russa Petrova, ex n. 3 del mondo. «Penso che se continuo a giocare così il n. 1 arriverà naturalmente. Sono tanti anni che con mio padre lavoro per questo, ho fatto sacrifici ma non mi sono pesati. Non mi piace tanto studiare, andavo bene solo in Scienze, ma un diploma l’ho preso, con le amiche bene o male esco. Wimbledon? È lo Slam che mi piace di più insieme con gli Us Open. Cosa penso di fare qui? Be’, vincere». Primi colpi a Macerata, a 5 anni, «per imitare i mie fratelli, Leandro (che vuole fare l’attore) e Amadeus (che fa il centrocampista nel Real Madrid Miami e cerca un futuro in Europa, ndr), di cui ero un po’ gelosa». Era un talento della ginnastica artistica, Camila, a Milano la volevano in nazionale. Lei scelse il tennis e una vita da nomade insieme con l’affettuoso, ipercinetico oltranzismo di papà. Macerata, Pesaro, Como, Milano 3, Valencia, Palma de Maiorca, Parigi (per 5 anni, alla corte di Patrick Mouratoglou), infine Miami, dove si allena da due anni con Andrey Koslov e ha trovato anche un finanziatore, Tom Andrews, che gira in infradito e giacca gallonata. A sette anni Adriano Panatta ne aveva già intravisto la stoffa, poco più tardi Bollettieri avrebbe voluto farne la nuova Sharapova. «Mi fece un’ottima proposta – sorride papà Sergio – io rifiutai perché con i figli e con il tennis non bisogna avere fretta». Un’italiana cresciuta molto altrove, come in una canzone di Ivano Fossati o in un racconto di De Carlo, fra l’Adriatico e la West Coast. Nicola Pietrangeli, nato a Tunisi da mamma russa, aveva cromosomi più forestieri. La post-adolescente new-italian Camila, che ha posato da modella, ama i film di Almodovar e labellezza di Hayden Christensen, si porta dentro esperienze ancora più composite. «A Macerata manco da quando avevo 5 anni, ma mi piacerebbe tornarci, lì ho tanti bei ricordi. Io sono, mi sento italiana. Mi piace la carbonara, la moda italiana di Gucci, Dolce&Gabbana, Cavalli – vedi questi stivali? Sono l’ultimo regalo che mi sono fatta… - se serve so cucinare un risotto al pesce. A Miami mi trovo bene perché è divertente, abito a un quarto d’ora da Miami Beach, adoro Lincoln Street e appena posso vado in spiaggia. Di argentino ho la grinta. Me l’ha trasmessa mio padre, che ha combattutto nella guerra delle Malvinas». Papà Sergio che ha fatto il calciatore e il pugile e durante i cinque anni parigini la portava ad allenarsi sul ring, addirittura avrebbe voluto farla combattere: «Boxe e tennis hanno movimenti simili, l’idea del mio tennis di potenza e di pressione nasce anche da lì: però no, non ho mai tirato un pugno a nessuno. Non ho tanti muscoli, non sono alta, ma ho gambe reattive, veloci. Lavoro sull’anticipo, sull’aggressività. Sapere come gioca la tua avversaria può aiutare, ma non è fondamentale». Sergio, l’ex sparring partner, la sorveglia amorevolmente. «Il fatto che il mio coach sia mio padre – spiega lei – mi aiuta tantissimo, perché in lui posso avere una fiducia cieca». Due anni fa Camila ha osservato Francesca Schiavone vincere il Roland Garros. «È stata una bella cosa per il tennis italiano – sottolinea - ma non posso dire che mi abbia ispirato: è da quando sono bambina che il mio obiettivo è diventare n. 1, molto prima di vedere giocare le altre tenniste. E del resto in campo femminile non ho modelli, non ammiro nessuna». Ammirava invece Antonella, la sorella maggiore, tennista anche lei. Quando a 23 anni, nel 2010, Antonella morì in un incidente stradale a Parigi qualcosa dentro Camila si inceppò. Rifiutava il dolore, e anche il suo tennis ne risentì. Solo quest’anno, spiega Sergio, Camila gli ha chiesto di portarla sul luogo dell’incidente. Elaborato il lutto nella vita anche la carriera ha cominciato a srotolarsi più serena. A Wimbledon Camila è entrata da n. 145 del mondo, ha passato le qualificazioni, oggi sfida la n.3 del mondo Agnieszka Radwanska per un posto nei quarti, un percorso già da record. Dopo i Championships potrebbe arrivare fra le prime 80, forse più in alto. «L’ho vista bella nervosa, eccitata, ha fibra e adrenalina», dice la Schiavone . «E l’adrenalina per un’atleta è un cibo importante». Il tennis di Camila è un caos calmo, che non si placa.