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 2012  luglio 01 Domenica calendario

NON FIDATEVI DELLA BORSA DA DOMANI ANDRÀ SU E GIÙ


Sì, venerdì il «Balotelli moment» (definizione di Gawyn Davies, illustre commentatore del Financial Times) ha fatto la differenza. Ma, passata l’euforia del tifo, i mercati si renderanno conto che la squadra che ha raccolto qualcosa di davvero importante a Bruxelles è la Spagna di Mariano Rajoy, mica l’Italia del professore che con Balotelli ha i comune solo il nome di battesimo. No, non è una sintesi dei commenti pre partita in vista della finale di Kiev. Bensì lo stato d’animo del giorno dopo di esimi commentatori ed accademici, a partire dal vivaio della Bocconi, di cui Mario Monti è stato da sempre allenatore e genera manager indiscusso. Insomma, l’entusiasmo delle Borse è stato prematuro ed esagerato. E vedrete che la Borsa correggerà il tiro già lunedì, magari sull’onda delle dichiarazioni di qualche ministro tedesco. Le cose andranno così? Oppure, dopo tante disgrazie, abbiamo perso l’abitudine a pensar positivo. Possibile che, dopo averci spiegato tante volte che «i mercati hanno sempre ragione », i grilli parlanti scoprano che le Borse possono sbagliare proprio nell’unica occasione che promuovono l’Italia? Per capirci qualcosa, rifacciamoci alla magica notte tra giovedì e venerdì, quella in cui Frau Merkel ha dovuto cedere un po’ di terreno ad Italia e Spagna. Certo, è il ragionamento degli scettici, nessuno mette in discussione il successo politico di quella notte. Ma se si guarda ai risultati concreti, solo la Spagna e l’Irlanda hanno qualche motivo per gioire. Il vertice, infatti, ha stabilito che l’ Esm (il fondo europeo per la stabilità finanziaria) possa intervenire direttamente nel capitale delle banche in crisi, a partire da quelle spagnole e quelle di Dublino, che ha subito giustamente chiesto di godere dello stesso trattamento. L’operazione, sottoposta comunque a diverse incognite ancora da sciogliere, presenta un sicuro vantaggio: i fondi non passeranno più dal governo di Madrid, perciò non avranno l’effetto di far salire il debito pubblico di quel paese. Per l’Italia, invece, il bilancio è assai più magro, sostengono i critici. Il nostro governo era partito con l’idea che l’Esm dovesse essere dotato delle risorse necessarie per intervenire sul mercato dei titoli di stato per raffreddare il famoso spread di quei Paesi, vedi l’Italia, che sono in regola con gli accordi di aggiustamento fiscale. Ma su questo l’Italia ha ottenuto ben poco. Certo, per avere accesso all’aiuto della Ue non si dovrà passare sotto le forche caudine della Trojka di ispettori che spulciano ogni mese i conti di Grecia, Portogallo ed Irlanda. Ma sarà comunque necessario presentare una richiesta di aiuto, affrontare un esame e poi firmare un memorandum, come era del resto già previsto dallo statuto. Insomma, sul meccanismo anti-spread la signora Merkel non avrebbe concesso nulla. O, tutt’al più, il minimo indispensabile per evitare grossi guai a Herr Monti, che resta comunque il miglior premier possibile agli occhi di Berlino. Fila il ragionamento? All’ap - parenza sì. Ma, come tutti i ragionamenti a tavolino o elaborati in cattedra, non tengono conto degli «animal spirits» che muovono i mercati che sono fatti da uomini. Certo, l’attacco speculativo ai Bonos e ai Btp continuerà, almeno finché non si vedrà un antidoto alla recessione o , per quel che riguarda l’Italia, una massiccia dieta di dimagrimento del debito a suon di privatizzazioni. Ma, d’ora in poi, la speculazione dovrà tener conto di un fatto nuovo: il possibile intervento dell’Europa è una prospettiva più concreta. Certo, il muro di Berlino non è caduto. E, forse, non si nemmeno incrinato. Ma l’asse Roma- Madrid-Parigi, attivamente sostenuto da Usa e Regno Unito (le patrie della grande finanza) non è da prendere alla leggera. Sul piano più tecnico, le novità in arrivo da Bruxelles (purché non ci siano brutti scherzi di qui al 9 luglio quando saranno approvati i regolamenti attuativi) hanno comunque irrobustito la linea di difesa delle banche che comunque oggi valgono davvero poco: solo il 40 per cento dei beni materiali (case, azioni, tenute agricole e così via) in bilancio. Prezzi del genere hanno senso solo se si mette in conto la prospettiva dell’Apocalisse. Ma questa, dopo Bruxelles, è per fortuna un’ipotesi meno concreta.