Alessandro Merli, Gerardo Pelosi, Dino Pesole, Beda Romano, Il Sole 24 Ore 30/6/2012, 30 giugno 2012
LA TORMENTATA NOTTE CHE RISCHIARA I MERCATI - U
na trattativa sul filo di lana, nella tradizione dei summit europei, giocata a suon di colpi di scena su diversi tavoli con indubbia abilità tattica per la parte italiana da Mario Monti, Enzo Moavero Milanesi e Vittorio Grilli, con tutti i protagonisti impegnati in un obiettivo prima di tutto: evitare che l’ennesimo vertice anticrisi si chiudesse con un disastroso nulla di fatto. E farlo prima che la riapertura dei mercati finanziari ne tirasse le conseguenze con effetti potenzialmente devastanti.
Il fischio d’inizio, programmato ufficialmente alle 15,30 di giovedì, in realtà scatta già di prima mattina quando Monti avvia la lunga serie di incontri bilaterali con il presidente permanente dell’Unione europea, Herman Van Rompuy. Febbrili trattative preliminari, un giro vorticoso di telefonate e bilaterali che vedono scendere in campo il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, il numero uno della Banca centrale europea, Mario Draghi, il presidente francese, François Hollande, il presidente dell’Eurogruppo, Jean Claude Juncker, il presidente del Parlamento europeo Martin Schultz. Si sonda il terreno, si cerca di giocare d’anticipo per verificare sul campo, prima del fischio d’inizio, su quali alleanze poter contare.
La prima parte del pomeriggio scorre nella definizione del «Quadro finanziario pluriennale». È solo l’antipasto del menu che sta per essere servito sul piatto del summit, di fatto in contemporanea con il fischio di inizio dell’altra eurosfida, la semifinale tra Italia e Germania. Alle 22 e 30 proprio mentre l’altro «superMario» Balotelli ha già perforato con una splendida doppietta la porta difesa da Manuel Neuer, Mario Monti ingaggia la sua partita sullo scudo antispread. In realtà, già qualche ora prima della cena, cominciata con tre ore di ritardo rispetto al programma, il «working group» dell’Eurogruppo aveva cominciato a setacciare il terreno sulle ipotesi in campo per stabilizzare i mercati.
Si comincia a tessere la tela, ma la notte si annuncia lunghissima. Grilli prova a sfondare con l’idea del meccanismo automatico di acquisto dei titoli dei paesi "adempienti" da parte del fondo salva Stati. La partita a Varsavia si è appena conclusa con la vittoria 2-1 dell’Italia e Angela Merkel si avvicina a Monti: complimenti, Mario, avete meritato di vincere. «Io e Monti – dirà la mattina dopo la signora Merkel quando le viene chiesto se a decidere l’esito del summit è stato un suo confronto con il primo ministro italiano alle 3 di mattina – di faccia a faccia, a margini delle riunioni, ne abbiamo avuti almeno una decina. Abbiamo parlato di molti argomenti. Naturalmente anche di calcio».
La partita a Palazzo Justus Lipsius invece è invece tuttora in pieno svolgimento. Proprio in contemporanea con il triplo fischio finale dell’arbitro francese Stephan Lannoy che spedisce l’Italia in finale, Van Rompuy scende in sala stampa e comunica che l’accordo sul «growth compact» è in dirittura d’arrivo. Nessun problema con Spagna e Italia. Poco minuti e dalle delegazioni dei due paesi comincia a filtrare ben altra versione, peraltro già nell’aria fin dalle 20,00. I due paesi giocano l’arma diplomatica più forte: una «riserva di attesa» che potrebbe preludere al veto sul pacchetto crescita, se non si definirà il contestuale meccanismo antispread. È impasse? Poco doppo mezzanotte i leader dei paesi extraeuro abbandonano alla spicciolata il palazzo, e comincia la vera partita a 17.
Monti e Rajoy giocano fianco a fianco, Hollande già pronto a portare a casa il via al «growth compact» si allarma, tanto da interrompere la riunione all’una di notte per convocare una conferenza stampa e sottolineare che anche la Francia, sia pure senza porre veti, ritiene indispensabile approvare misure di breve termine per la stabilità dei mercati. Rivela che i due colleghi lo avevano avvisato delle loro intenzioni. La presa di posizione di Hollande è decisiva, perché il neo-eletto presidente francese ha fatto del pacchetto crescita la sua bandiera in campagna elettorale e, alla vigilia del vertice, la condizione per far passare il patto fiscale fortemente voluto dalla Germania.
Si comincia a trattare sui punti della bozza di dichiarazione, che nel frattempo hanno negoziato per sei ore di fila funzionari dei Tesori nazionali e rappresentanti del Consiglio europeo. Numerosi diplomatici europei notano che la Germania pare assai meno intransigente di quanto non sembri dall’esterno. «Toni appassionati», riferisce un negoziatore, che fotografa così l’atteggiamento di Monti: "tenace". Il confronto con Angela Merkel è serrato. Un partecipante agli incontri parla di «una sessione di braccio di ferro». La discussione a tratti «si è scaldata», ammette il cancelliere, che da veterano dei vertici osserva: «Nessuna sorpresa, c’erano interessi diversi in campo». Il capo del Governo tedesco insiste perché qualsiasi acquisto di obbligazioni pubbliche da parte dell’Efsf o dell’Esm avvenga previo un protocollo d’intesa, a precise condizioni macroeconomiche.
La Finlandia, che nel pomeriggio aveva lanciato un’improbabile proposta per il lancio non di eurobond, ma di covered bond, subito bocciata, e l’Olanda premono perché il monitoraggio del Paese sia affidato alla troika (Commissione, Bce e Fmi). La Germania definisce la presenza dell’Fmi non necessaria. «La parola troika nello statuto dei due fondi non c’è», dice la signora Merkel, la quale riconosce che «siamo sotto la pressione dei mercati. Abbassare il costo del denaro è importante, non solo per il debito sovrano, ma anche per l’economia reale». Il resto del "fronte del no", i Paesi rigoristi del nord Europa, esce di scena, una volta che il suo leader, il cancelliere di ferro, si dichiara pronta a fare concessioni.
Quanto comincia ad albeggiare, siamo tra le 4,30 e le 5 del mattino, si chiude di fatto la partita con il compromesso finale. Il vertice è durato a lungo, ma avrebbe forse potuto andare peggio. Per limitare drasticamente la durata degli interventi dei 27 leader, il gabinetto di Van Rompuy ha deciso di collocare un grande orologio nella sala del consiglio, per limitare il tempo di parola. Racconta sorridendo uno dei partecipanti: «Non più di tre minuti a testa per quanto riguarda la discussione sul prossimo bilancio comunitario».
A quel punto, il seguito era già scritto ed Angela Merkel ha dovuto prendere atto della potenza di fuoco di un blocco costruito con pazienza e determinazione da Monti, Hollande, Rajoy nelle ore precedenti il vertice. Alle 14 può comunque volare a Berlino per partecipare alla votazione del Bundestag sul fiscal compact. Risultato scontato anche se in molti, nel suo stesso partito, le chiederanno conto del suo atteggiamento cedevole rispetto ai Paesi del Sud indebitati e spendaccioni. Per Monti invece un rientro più sereno in Italia. «Nessuno potrà dire: io ho vinto, tu hai perso – chiosa Hollande – Ha vinto l’euro: quello era l’unico obiettivo».