Franco La Cecla, la Repubblica 30/06/2012, 30 giugno 2012
LA NASCITA DELLE VETRINE
Contrariamente a quello che si pensa, in principio non c’erano le boutiques. L’andar per vetrine è nato in città come Parigi, Londra, Buenos Aires come una
promenade in luoghi coperti con un decor che ricordava un teatro dell’opera. Le vetrine stesse sono frutto di una tecnologia del vetro che si è resa disponibile a metà ottocento e che ha offerto la trasparenze ed il riflesso su una grande superficie. Le donne parigine scoprono la moda come la conosciamo noi quando vedono nei “passages” coperti dai nomi modernisti, Panorama, l’Horloge Vivienne , crinoline, cappellini, negligees che fanno mostra di sé su una invenzione straordinaria, manichini dalle forme prorompenti e dai fianchi di vespa. Poco lontano, in altre vetrine prostitute vestite con simili crinoline e ammennicoli si offriranno allo sguardo dei mariti. Prostituzione e moda come spettacolo pubblico nascono insieme.
Perché nei “passages” parigini, o nei “leisure palace” londinesi le merci diventano per la prima volta protagoniste di una sfilata quasi erotica – è la fantasmagoria di cui parla Marx, e specchi, vetrine e riflessi trasformano in spettacolo quello che fino a poco tempo prima sembrava fosse dominio di uno sguardo più privato – o soltanto salottiero. I sarti vengono buttati giù dal loro rango di confidenti delle marchese e devono attirare i clienti a colpo d’occhio. I manichini diventano bambole erotiche, oggetto del turbamento delle passanti. Non è necessario che si trasformino tutte in compratrici, ma che siano tutte parte del gioco, che la loro “flanerie”, quel passare svagato e apparentemente distratto in mezzo a luci e riflessi le trasformi in soggetto/oggetto di uno sguardo concupiscente.