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 2012  luglio 01 Domenica calendario

Un documento inedito che testimonia il pragmatismo del più grande generale dell’era moderna; e che svela le emozioni dell’imperatore, padrone dell’Europa ma ancora privo di un erede

Un documento inedito che testimonia il pragmatismo del più grande generale dell’era moderna; e che svela le emozioni dell’imperatore, padrone dell’Europa ma ancora privo di un erede. La lettera è datata 16 maggio 1808: da Bayonne, Napoleone Bonaparte scrive a Eugenio di Beauharnais, figlio di primo letto dell’imperatrice Giuseppina e ora viceré del Regno d’Italia. Gli annuncia la «conferma della riunione dei tre dipartimenti di Ancona al Regno d’Italia». E aggiunge che si tratta di un’ottima occasione per «trarre delle buone mercature», cioè fare dei buoni affari, sfruttando il patrimonio artistico e culturale italiano. Anche quella regione, sottratta dall’esercito francese allo Stato Pontificio, finirà dunque sotto il controllo di Eugenio. Un figliastro, eppure in questa lettera Napoleone lo definisce «mon fils», «figlio mio»; firmandosi semplicemente come «Il vostro affettuoso padre, Nap», diminutivo che l’imperatore usava soltanto con i familiari più stretti, il «clan dei corsi». Il testo originale è rimasto in Italia: di proprietà di un collezionista privato, è esposto nella mostra «Giacomo dei Libri. La biblioteca Leopardi come spazio delle idee», inaugurata ieri nella casa del poeta a Recanati e in programma fino a settembre. Proprio l’annessione delle Marche al Regno d’Italia fu decisiva per le vicende della biblioteca istituita dieci anni prima dal padre di Giacomo, Monaldo Leopardi. La legge che nel 1808 impose nel Regno la soppressione dei conventi, infatti, permise al conte le acquisizioni più preziose. «Monaldo era uomo dell’ancien régime, seppur attento alla cultura del suo tempo, come dimostra questa collezione che raccoglie volumi di Rousseau, Voltaire, Montesquieu e Madame de Staël — racconta Vanni Leopardi, pronipote del poeta e tra i curatori della mostra —. Quando comprò i libri di proprietà degli ordini religiosi, si impegnò ad annullare l’acquisto se i conventi fossero stati riaperti». E così sarebbe avvenuto pochi anni dopo, se papa Pio VII non avesse preferito confermare comunque la transazione. Tutti quei volumi rimasero così nella biblioteca di casa Leopardi, luogo centrale nella formazione del grande poeta, e dal 1812 aperta anche al pubblico. Tra gli altri documenti ora esposti, gli inventari e le schede di lavoro scritti dal giovane Giacomo e dai suoi fratelli su ordine di Monaldo; i dizionari e le grammatiche con le quali il poeta fin da piccolo si dedicò alla filologia, ma anche alcuni suoi giocattoli; note ed appunti poi confluiti nelle Operette morali e nello Zibaldone. Il seguito delle vicende familiari dei Bonaparte è noto. Nel 1811 l’imperatore finalmente ebbe un figlio maschio, dalla seconda moglie Maria Luisa d’Austria: Napoleone II, che morì di tisi ad appena 21 anni nella Corte di Vienna, «prigioniero» degli Asburgo. Eugenio, rimasto fedele a Bonaparte più di molti dei suoi consanguinei, di figli ne ebbe sette. Fecero tutti degli ottimi matrimoni, imparentandosi con le famiglie reali delle corti più prestigiose, dal Portogallo alla Russia, dalla Svezia al Brasile.