Ivo Caizzi, Corriere della Sera 30/6/2012, 30 giugno 2012
DAL NOSTRO INVIATO
BRUXELLES — Il senso positivo delle conclusioni del Consiglio dei capi di Stato e di governo l’ha sintetizzato il suo presidente stabile, il belga Herman Van Rompuy, che ha parlato di «passo in avanti» senza «vincitori e vinti» nella due giorni di dure trattative, esasperatesi soprattutto nella lunga notte di giovedì scorso. Le valutazioni negative sull’esito del summit a Bruxelles, invece, scaturiscono dalle più ambiziose aspettative della vigilia e dall’assenza dei dettagli in vari provvedimenti, che sono stati rinviati a una definizione successiva. Ma proprio l’uso delle solite formulazioni comunitarie molto vaghe ha consentito un po’ a tutti i leader di tornare a casa sostenendo di aver vinto o di non aver perso. Almeno fino alla prima verifica: l’eurogruppo dei 17 ministri finanziari del 9 luglio prossimo, incaricato di trasformare in atti concreti vari punti del pacchetto complessivo.
L’inizio delle conclusioni del vertice non nasconde la difficoltà dell’euro e della situazione economica generale. «La crisi che avvolge il debito sovrano e la debolezza del settore finanziario — si legge —, insieme alla persistente bassa crescita e squilibri macroeconomici, sta rallentando la ripresa e creando rischi per la stabilità dell’unione monetaria». Il Consiglio promette di reagire con «una azione risoluta».
La crisi del sistema bancario è stata l’argomento considerato più preoccupante e affrontato con maggiore concretezza. Il Consiglio ha definito prioritario «spezzare il circolo vizioso tra banche e debito sovrano». Si vuole interrompere il percorso perverso che porta i governi a far esplodere il debito pubblico per salvare istituti di credito nazionali, poi ingolfati con masse di titoli di Stato per sostenere l’indebitamento del loro salvatore. La conseguenza negativa è la crisi di liquidità, sia per i prestiti bancari alle imprese e alle famiglie, sia per la spesa pubblica dei governi. In pratica questo «circolo vizioso» inaridisce due fondamentali canali di stimolo della crescita.
La paura del contagio delle insolvenze a catena ha convinto perfino la rigida cancelliera tedesca Angela Merkel ad accettare a sorpresa l’uso del fondo salva Stati (Efsf/Esm) per ricapitalizzare direttamente le banche spagnole (senza così far aumentare il debito della Spagna). In cambio c’è da impegnarsi con un «memorandum d’intesa» sulle misure di risanamento. Più vaga è apparsa la «flessibilità» attribuita a Efsf/Esm per gli acquisti di titoli di Stato sui mercati, che era richiesta soprattutto dal premier Mario Monti. Resta anche qui l’impegno di accettare «condizioni» fissate da Commissione e Bce.
È arrivato l’atteso Patto per la crescita e l’occupazione (Compact for growth and jobs). Tutti i governi sono d’accordo che il rigore finanziario e le misure di austerità da sole non costituiscono la soluzione anticrisi. Gli interventi concordati risultano però inferiori alle aspettative e alle necessità di molti cittadini europei in difficoltà. Per la crescita spuntano 120 miliardi di euro. Altri 10 vanno ad aumentare il capitale della banca Bei. Partono i project bond per finanziare infrastrutture. Per l’occupazione di fatto si resta alle dichiarazioni programmatiche.
Il Piano per il rafforzamento dell’Unione monetaria, elaborato da Van Rompuy in collaborazione con il portoghese José Manuel Barroso della Commissione europea, Mario Draghi della Banca centrale europea e il lussemburghese Jean-Claude Juncker dell’eurogruppo, verrà sviluppato producendo entro la fine dell’anno una «road map» per arrivare a una maggiore integrazione economica, bancaria e politica. Non si parla dello «zar» europeo per il controllo dei bilanci, che dovrebbe vedersi trasferita molta sovranità nazionale nelle politiche economiche dei Paesi con i conti pubblici in difficoltà. Ma è cresciuto il ruolo di Draghi, che centralizzerà nella sua Bce la vigilanza sulle banche europee e il ruolo di «agente» per conto del fondo salva Stati.
L’introduzione della tassa antispeculazione sulle transazioni finanziarie è stata programmata entro un «periodo ragionevole» solo nella decina di Paesi favorevoli. Via libera anche al brevetto europeo, con l’opposizione di Italia e Spagna contrarie all’uso del trilinguismo (inglese, francese e tedesco).
Ivo Caizzi