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 2012  giugno 29 Venerdì calendario

OBAMACARE LA RIVOLUZIONE DELLA SANITÀ USA

New York
La decisione presa oggi è una vittoria per le persone di tutto il paese le cui vite saranno più sicure”. Così, Barack Obama alle 12 e 15 ora americana, commentando il verdetto, emesso due ore prima, dalla Corte Suprema degli Stati Uniti che era stata chiamata ad esprimersi su dubbio di incostituzionalita’ sollevato nei confronti della legge da 26 Stati sulla riforma sanitaria. Un verdetto di 5 a 4, arrivato dopo giorni di attesa frenetici in cui entrambi gli schieramenti si erano preparati ad accogliere la decisione che, fino a pochi minuti prima, appariva dover andare verso una bocciatura della riforma nella sua totalità o, almeno, nel suo nucleo fondamentale e cioé quell’obbligo al “mandato individuale” che renderà inevitabile il possesso di un’assicurazione.
LE OBIEZIONI mosse dai 5 giudici conservatori avevano fatto paventare un epilogo molto diverso da quello di oggi, che avrebbe significato anche una pesante sconfitta politica per il presidente a pochi mesi dal confronto elettorale per la sua rielezione. Neppure gli osservatori più ottimisti pensavano che la Corte si sarebbe pronunciata, come ha fatto, “salvando” la riforma nella sua totalità, incluso, appunto, l’obbligo a sottoscrivere un’assicurazione.
Ago della bilancia è stato il giudice John Roberts (scelto da Bush, ndr) che ha sottolineato in un passaggio fondamentale che “il governo federale non ha il potere di ordinare alle persone di comprare un’assicurazione sanitaria ma ha il potere di imporre una tassa a coloro che non lo fanno”. Quel concetto, insomma di “attività/inattività” secondo il quale la libertà individuale viene mantenuta ma il governo ha il potere di regolare alcune azioni (o non azioni) che vanno a vantaggio o a discapito dell’intera comunità.
Sottigliezze, diciamo così, che hanno giocato un brutto tiro alla Cnn che ha annunciato, inizialmente, un verdetto completamente diverso da quello reale, vale a dire di incostituzionalità del mandato individuale. Sulla stessa linea anche la Fox. L’errore ha innestato un’iniziale diffusione di notizie assolutamente negative, prontamente rettificate grazie, soprattutto, a Twitter che è stato così intasato da “crollare” un paio di volte nel corso della mattinata. In pochi minuti è stato chiaro che quello che sembrava essere la fine della riforma era, invece, una piena e significativa vittoria per Obama.
A partire dal 2014, dunque, circa 30 milioni di americani, attualmente senza copertura sanitaria, avranno finalmente accesso a delle forme assicurative
più economiche e basate sul reddito. Inoltre, le assicurazioni, a differenza di quanto avviene oggi, non potranno più rifiutare copertura sanitaria a persone con “pre condizioni” (vale a dire persone non perfettamente sane) o costringerle a pagare premi annuali molto più alti. Questa regola era già entrata in vigore con riferimento ai minori. Inoltre, i ragazzi fino al compimento del 26° anno d’età resteranno nel piano assicurativo familiare e non saranno più scoperti. Allargati anche i margini per coloro che, sotto il limite di povertà, riceveranno assistenza sanitaria gratuita tramite il Medicaid.
“Non ho voluto questa legge perché era un esempio di buona politica – ha chiarito Obama – ma perché credevo che fosse buona per il paese”. Il presidente, che aveva preparato tre discorsi diversi per poter intervenire a seconda dei possibili scenari, ha ribadito, ancora una volta, che chi è già assicurato non perderà la propria copertura né sarà costretto a cambiare piano.
MITT ROMNEY, candidato repubblicano alle prossime presidenziali, ha reagito alla decisione della Corte dando appuntamento a novembre e alla vittoria del Gop che consentirà di cancellare completamente la legge. Da governatore del Massachusetts, tuttavia, Romney, firmò una legge di riforma sanitaria molto simile a quella di Obama, attualmente in vigore nello stato e considerata in maniera positiva da una vasta maggioranza. Da oggi, comunque, la storica riforma, quella che Kennedy aveva sognato per decenni, sarà associata anche a John Roberts il giudice alla cui nomina, nel 2005, il senatore Obama si oppose perché “la mia personale valutazione è che abbia usato le sue doti formidabili troppo spesso a favore dei forti e contro i più deboli”.