Varie, 2 luglio 2012
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 2 LUGLIO 2012
«Asciutto, obiettivo, minuzioso, ligio alle regole e un po’ rigido, Monti ha tutte le qualità che mancano a Berlusconi»: così il 2 agosto 2011 la versione tedesca del Financial Times caldeggiava la nomina a premier dell’allora presidente della Bocconi. A fine ottobre, l’economista francese Alain Minc, consigliere del presidente Nicolas Sarkozy, dichiarò: «Soffrite di un deficit di credibilità. Non rimane che sperare che la Provvidenza cambi la leadership italiana, sostituendo Berlusconi con Mario Monti». [1] Il 16 novembre «il tecnocrate italiano più noto nel mondo dai tempi di Guido Carli» (Federico Rampini) [2], «rappresentante di una tecnocrazia che ragiona su numeri e regole senza voler nulla concedere ai furori e ai sentimenti della piazza» (Pierluigi Battista) [3], prese il posto del Cavaliere a Palazzo Chigi.
Nel giugno 2001, Monti, all’epoca Commissario europeo (Mercati e Concorrenza), fu trasformato in “SuperMario” da una copertina del settimanale “Newsweek”, ispirato dal paragone del “New York Times” col personaggio inventato dal colosso giapponese dei videogiochi Nintendo. [4] Il suo curriculum fa sì che politici di professione come Angela Merkel (vicepresidente della Cdu già a 37 anni) [5], o François Hollande (segretario del Ps a 43 anni) [6], trovino impossibile snobbarlo come facevano con Berlusconi (vedi le risatine di scherno con cui la cancelliera tedesca e Sarkozy risposero il 23 ottobre 2011, summit di Bruxelles, alla domanda «avete visto Berlusconi, siete rassicurati da lui?»). [7] Attenti però a non esagerare: «non conosco il tedesco» e «non parlo lo spagnolo» ha precisato la settimana scorsa SuperMario. [8]
Nella notte tra giovedì e venerdì, poche ore dopo che a Varsavia la nazionale di calcio aveva eliminato l’“imbattibile” Germania, a Bruxelles Mario Monti ha inflitto alla Merkel la prima sconfitta europea. Alberto D’Argenio: «Il Professore la spunta sul fatto che in cambio degli aiuti non dovrà prendere impegni come quelli che hanno massacrato la Grecia. E che, come ripete durante il negoziato, “nessuna Troika” come quella che ha massacrato la Grecia “metterà mai piede in Italia”». [9] Monti ha spiegato che i richiedenti dello “scudo anti-spread” «non saranno costretti a cedere sovranità, come avviene per chi si rifugia tra le braccia strette del Fondo monetario, creditore privilegiato che impone un duro programma di risanamento (il consiglio che fu dato caldamente a Berlusconi e a Tremonti al drammatico, per noi, vertice di Cannes dello scorso anno)» (Ferruccio De Bortoli). [10]
Con Monti l’Italia è tornata protagonista in Europa. Adriana Cerretelli: «Non accadeva dal 1990 da quando, al vertice di Roma, l’allora presidente del Consiglio Giulio Andreotti riuscì a imporre la sfida della moneta unica nonostante l’irriducibile opposizione di Margaret Thatcher. O da quando ancora prima, nel 1985, a Milano era stato il premier Bettino Craxi a mettere in minoranza la triplice dei renitenti, tra i quali la solita Thatcher, aprendo la strada con l’Atto Unico alla creazione del grande mercato europeo. Certo, quello che l’Italia ha ottenuto a Bruxelles, cioè un uso un po’ più flessibile dei fondi salva-Stati, Efsf e Esm, per calmare la corsa degli spread nei Paesi in difficoltà ma in regola con gli impegni presi a livello europeo, non ha la portata storica delle decisioni animate in passato. Però serve a salvaguardarle entrambe. Non è poco. Il collasso dell’euro sarebbe infatti inevitabile qualora cadesse il bastione italiano». [11]
«Fine conoscitore dei meccanismi europei in quanto ex commissario» (Le Monde), «Monti ha avuto successo perché ha fatto capire che salvando l’Italia si salvava l’Europa. E perché aveva un progetto, un disegno complessivo» (Emma Bonino). [12] De Bortoli: «Coloro che hanno pensato in questi giorni di togliergli la fiducia, dovrebbero riconoscere che chiunque al suo posto non avrebbe ottenuto nulla di più della personale cortesia dei partner». [10] Quella con la Merkel è stata una battaglia lunga una notte, con SuperMario che l’ha spuntata all’alba. Carmelo Lopapa: «L’Italia per la prima volta pone un veto pesante al tavolo del Consiglio europeo, minaccia di non siglare l’intesa sulla crescita, gioca di sponda con Francia e Spagna, infine porta a casa il risultato sperato». [13]
Dopo la conclusione positiva per l’Italia del vertice di Bruxelles e dopo aver visto il pressing senza sosta di Monti su Merkel, «è chiaro che tutto era da leggere come costruzione lenta e scientifica di una credibilità». Mario Calabresi: «Monti si è comprato in questi mesi la possibilità di sedersi al tavolo delle decisioni e di poter pesare, convinto fin dall’inizio che la partita vera si sarebbe giocata nel quadro delle scelte europee, che solo avendo voce lassù ci saremmo salvati. Quando a febbraio il premier è entrato nello Studio Ovale della Casa Bianca, Obama gli ha chiesto a bruciapelo come si fa a parlare con la Merkel, nel senso di come si fa a farsi ascoltare: se è possibile convincerla. Monti gli ha risposto che per farlo bisogna sapere che l’economia per i tedeschi è una “disciplina filosofico-morale”: bisogna rispettare certe rigidità che sono profonde, radicate e figlie della storia». [14]
Senza la ritrovata, e rafforzata, credibilità dell’Italia, la svolta del vertice della scorsa settimana non sarebbe stata possibile. Andrea Bonanni: «Senza il paziente lavoro diplomatico di Monti e del ministro Moavero per coltivare i rapporti con lo spagnolo Rajoy, creare dal nulla quelli con Hollande, cementare quelli con la Merkel, e tessere una tela sottile con l’opposizione socialdemocratica tedesca per accerchiare la Cancelliera, le conclusioni di venerdì non sarebbero state concepibili. A questo proposito, va anche notato che un ruolo importante nel rafforzare Monti lo ha giocato l’autentico terrore, comune a tutti i leader europei, di veder rispuntare il fantasma di Berlusconi nel panorama italiano. L’idea di un Monti che torna a Roma umiliato e di un Berlusconi che rialza la cresta provocando elezioni anticipate ha indotto i leader europei ad ascoltare il Professore con raddoppiata attenzione». [15]
«Per primi gli avevamo detto di fare la voce grossa e ha ottenuto risultati. Noi tifiamo Italia, festeggiamo i risultati che si ottengono per il bene dell’Italia» è stato il commento di Angelino Alfano, segretario del Pdl incurante delle letture antiberlusconiane dell’exploit di Monti. Non tutti i colleghi di partito la pensano come lui: Renato Brunetta, ex ministro della Funzione Pubblica, ha invitato ad «evitare ingiustificati ottimismi e andare a leggere con attenzione le carte». Il Sole 24 Ore: «Silvio Berlusconi non commenta pubblicamente ma sembra che riconosca i meriti di Monti pur insistendo sulla sua linea: l’Europa e i mercati continueranno a ballare finché la Bce non avrà più poteri». Si prepara una battaglia parlamentare su due fronti: modifiche alla riforma del lavoro appena varata e piano di dismissioni. [16]
Astutamente, prima di partire, Monti aveva preparato i nostri leader politici al peggio (fallimento del vertice, lunedì nero, spread alle stelle...). Col risultato di lasciarli poi a bocca aperta per la sorpresa. [17] Monti, che aveva lasciato Roma sotto le minacce pidielline di una crisi in caso di insuccesso, è rientrato in Italia più forte, il suo governo più solido. Carmelo Lopapa: «Il voto anticipato sfuma?, gli chiedono. “Non ho mai preventivato di agire su un orizzonte più breve di quello che si conclude la primavera prossima” risponde lui. E glissa sul rafforzamento del governo: “Siamo venuti qui per costruire l’Europa ed affermare l’Italia nella costruzione europea. Se da questo ne viene un rafforzamento del governo ne siamo lieti”». [13] Berlusconi ha fiutato il cambiamento d’aria: «Ora è impossibile far cadere Monti». [18]
Nelle ultime ore è scattata la corsa a salire sul carro del vincitore. Francesco Bei: «Tanto che si è alzato di nuovo il vento del “rimpasto”, che dovrebbe portare all’innesto nel governo di tre personaggi dal profilo tecnico-politico. Un’operazione che lascia freddo il premier ma che avrebbe come principale sponsor Pier Ferdinando Casini, anche se fonti centriste negano che a via Due Macelli se ne sia mai parlato». L’ala dei falchi Pdl (ormai non solo ex An, come si vede dal caso Brunetta), appoggiata da alcuni big forzisti come Fabrizio Cicchitto, starebbe meditando il modo migliore per prendere le distanze dall’esecutivo senza provocarne la caduta, modello un “governo della non sfiducia” come quello di Andreotti nel ’76. [18]
«Il 29 giugno è forse una linea discriminante oltre la quale anche la politica non potrà più essere quella di prima». Stefano Folli: «La vittoria della nazionale di calcio contro la Germania e subito dopo il successo personale di Monti nel definire l’intesa europea hanno creato quella speciale miscela che si realizza in certi frangenti storici e determina svolte significative». Senza bisogno di “rimpasti” o di ritocchi, venerdì è di fatto nato un nuovo governo Monti: «Il risultato di Bruxelles impone al’esecutivo di accelerare sulla via delle riforme strutturali interne. Si potrebbe dire che Monti è stato “rilegittimato” dall’Europa e questo equivale a un’iniezione di fiducia che dovrebbe imprimere alla sua azione lo stesso slancio dei primi mesi, quelli a cavallo fra 2011 e ’12, i migliori». [19]
Note: [1] Anais Ginori, la Repubblica 26/10/2011; [2] Federico Rampini, la Repubblica 24/7/2004; [3] Pierluigi Battista, La Stampa 5/3/2002; [4] Il Foglio 25/3/2004; [5] Luigi Ippolito, Corriere della Sera 23/5/2005; [6] Giampiero Martinotti, la Repubblica 3/12/2004; [7] Elena Polidori, la Repubblica 24/10/2011; [8] Marco Galluzzo, Corriere della Sera 30/6; [9] Alberto D’Argenio, la Repubblica 30/6; [10] Ferruccio De Bortoli, Corriere della Sera 30/6; [11] Adriana Cerretelli, Il Sole 24 Ore 30/6; [12] Antonella Rampino, La Stampa 30/6; [13] Carmelo Lopapa, la Repubblica 30/6; [14] Mario Calabresi, la Stampa 30/6; [15] Andrea Bonanni, la Repubblica 30/6; [16] Li. P., Il Sole 24 Ore 30/6; [17] Ugo Magri, La Stampa 30/6; [18] Francesco Bei, la Repubblica 30/6; [19] Stefano Folli, Il Sole 24 Ore 30/6.