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 2012  giugno 29 Venerdì calendario

Altro che libero mercato C’è nostalgia di un tiranno - «Tutti gli zar sono autocrati e nessuno ha il diritto di criticarli

Altro che libero mercato C’è nostalgia di un tiranno - «Tutti gli zar sono autocrati e nessuno ha il diritto di criticarli. Il monarca può esercitare la sua volontà sugli schiavi che Dio gli ha dato. Se non obbedite allo zar quando egli commette un’ingiustizia, dannate la vostra anima».Con queste libe­rali premesse, elaborate cinque secoli fa da Ivan il Terribile, il futuro che attende l’Europa è quantomeno incerto. E quello che attende noi, che studiamo da euro­schiavi, non è per niente roseo. La prospettiva, evocata dal tedesco Wol­fgang Schäuble, di istituire uno «zar dei conti europei» per salvare la moneta uni­ca, mette a soqquadro la storia continenta­le. Proviamo a immaginare. Nella Parigi del 1951 il tedesco Adenauer, il francese Schuman, l’italiano Sforza e i leader del Benelux stanno per firmare il trattato di nascita della Ceca,la comunità del carbo­ne e dell’acciaio «prozia» della Ue. La guer­ra è un ricordo recente, la voglia di coope­rare muove le montagne. In quel momen­to, un uomo arrivato dal 2012 si avvicina e profetizza che l’Europa che stanno per cre­are sarà salvata un giorno da uno zar. Faci­le immaginare per quell’uomo l’interna­mento al vicino manicomio dell’Esquirol. Eppure la storia di questo continente fratricida e schizofrenico, dove le risibili distanze geografiche sono inversamente proporzionali agli attriti ideologici, sem­bra andare in questa direzione. Ses­sant’anni di trattati, comunità economi­che, mercati uniti, Maastricht, frontiere aperte e moneta unica dovevano finire co­sì: con il ritorno alla figura simbolo del dispotismo. Mezzo secolo passato a crea­re parlamenti e consigli, a inventare istitu­zioni, a redigere statuti e costituzioni, a im­parare ad orientarsi - atlante alla mano ­tra Bruxelles, Strasburgo e Schengen, per finire poi idealmente al Palazzo d’Inver­no di San Pietroburgo. Alla faccia del pri­maverile e sereno cielo stellato che cam­peggia sulla bandiera europea. Si obietterà che Schäuble, con il termi­ne «zar», non intendeva un successore in doppiopetto e Ipad di Pietro il Grande, bensì una versione nostrana degli czar americani: commissari governativi che sovraintendono a settori cruciali dell’eco­nomia o della società (czar dell’auto, del­l’energia, del bilancio): un supertecnico, insomma. Epperò la sostanza è la stessa. Zar deriva dal latino caesar , imperatore. Stesso etimo da cui deriva il tedesco kai­ser . Dato che al momento in giro per l’Eu­ropa le quotazioni di simpatia della Ger­mania non sono al top, Schäuble ha sag­giamente evitato riferimenti all’imperiali­smo teutonico, virando sulla metafora rus­sa. Ma zar o kaiser o führer poco cambia: per salvare l’euro occorre una figura di au­torità monocratica ed esemplare, rigida e decisionista, imposta più che eletta. An­ch­e se magari eviteremmo volentieri la de­finizione di zarismo data da Münster: «As­solutismo temperato dall’assassinio». D’altronde, se l’ultimo zar Nicola II Ro­manov aveva ragione e «i forti non hanno bisogno del potere, mentre i deboli ne ven­gono schiacciati», questa Europa anemi­ca ha già dimostrato di non saper reggere il peso delle decisioni. E di necessitare per questo di una stampella. Certo, se per rial­zarsi ha bisogno di tornare indietro di un secolo e di rinnegare la sua stessa ragione sociale di democrazia e libertà, forse è il ca­so di fermarsi un attimo a riflettere. Anche perché la parabola dell’ultimo zar non rappresenta un precedente felice. Nicola II, infatti, fu accusato di essere un burattino nelle mani di Rasputin, il mona­co- stregone che riuscì a plagiare la fami­glia imperiale. Un po’ come la Merkel sta influenzando l’intera Europa.Quando Ni­cola fu giustiziato, i rivoluzionari arringa­rono così il popolo: «Avevate scommesso sulla corona imperiale? Essa è perduta, raccogliete in cambio una testa coronata vuota». E a noi che abbiamo scommesso sulla moneta unica, manca poco prima di ritrovarci in cambio una moneta vuota.