Marco Valsania, Il Sole 24 Ore 29/6/2012, 29 giugno 2012
UNA LEGGE CHE DÀ CHIAREZZA AL MERCATO
Per la Corporate America, come per il resto dell’America, il verdetto sulla riforma sanitaria è stato tra i più attesi nella storia della Corte Suprema. Ma per una ragione tutta particolare: il vasto business della Sanità - quasi tremila miliardi di dollari - è in realtà già in preda a profondi e irreversibili sussulti riformatori accelerati da "Obamacare", da sperimentazione nell’assistenza a nuove tecnologie, da strategie di controllo dei costi a fusioni tra operatori.
La conferma a sorpresa di gran parte della legge ha generato qualche immediata tensione a Wall Street: i titoli ospedalieri hanno guadagnato mentre gli assicurativi hanno perso. Nell’insieme, però, è stata accolta da un sospiro di sollievo: elimina incognite che preoccupavano le società. Una riforma che allarghi il novero degli assistiti paganti, agli occhi di molti, può essere un volano di trasformazione nonostante maggiori controlli governativi. Il rischio era semmai quello di vuoti legislativi e confusione. «Offre la chiarezza che serve al mercato», ha detto Todd Schoenberger di Blackbay Group.
Imperativi di efficienza
Ancor più perché un settore che mobilita 2.600 miliardi l’anno e il 18% dell’intera economia - a fine decennio sarà il 20% - non ha potuto né voluto fermarsi ad aspettare gli alti magistrati. Incalzato da imperativi di efficienza ha moltiplicato i merger. Nel primo trimestre dell’anno sono scattate 23 combinazioni tra ospedali dopo che nel 2011 erano già state 86, il massimo dal Duemila. Il trend, a tutto campo, non accenna a frenare: il mese scorso il colosso della dialisi DaVita, di cui è azionista Warren Buffett, ha rilevato per 4,4 miliardi la rete di medici HealthCare Partners. E tre istituzioni mediche di New York - NYU Langone Medical Centre, Continuum Health Partners e Mount Sinai - trattano in questi giorni possibili alleanze. Assieme al consolidamento ha accelerato il passo la digitalizzazione, un più efficace coordinamento delle cure e più stretti rapporti tra pagamenti e qualità ed esito delle prestazioni.
Servizi e austerità
La trasformazione è frutto di una doppia sfida ormai ineludibile: la crescente domanda di servizi creata dall’invecchiamento della popolazione e una risposta dettata dal rigore nel clima di austerità che pervade la finanza pubblica. I baby-boomers, i nati nell’immediato dopoguerra, da qui al 2030 andranno in pensione al ritmo di diecimila al giorno. E la spesa sanitaria, che oggi lievita del 4% l’anno, dovrebbe aumentare al ritmo medio del 6% dal 2014, ma lo sforzo è contenerla perché rappresenta il rischio più grave per budget e debito. Assieme alle casse pubbliche, la spirale dei costi dei servizi sanitari assedia anche le imprese.
Lo stesso obiettivo della riforma è stato fin dall’inizio sociale quanto economico. L’esercito dei quasi 50 milioni di americani non assicurati - il 17,1%, la percentuale più alta dal 2008 - aggrava il caro-sanità ricorrendo a cure d’emergenza. Capitoli iniziali della legge sono oltretutto entrati in vigore, anche se il decollo vero e proprio è previsto nel 2014, gettando semi duraturi di cambiamento. «Il suo impatto non sarebbe svanito facilmente», dice Henry Aaron della Brookings Institution. Grandi assicuratori - United Healthcare a Aetna e Humana - si erano impegnati a preservare in ogni caso popolari innovazioni introdotte da Obamacare, a cominciare dalla possibilità dei genitori di tenere i figli sulle proprie polizze fino a 26 anni. Decine di miliardi sono stati stanziati per provvedimenti che vanno da un fondo per prevenzione e salute pubblica alla lotta agli sprechi. E almeno 18 stati sono a buon punto nel preparare exchange sanitari che facilitino l’acquisto di polizze a basso costo. Altre norme decollate trovano sostegno persino tra elettori contrari alla riforma: tra queste il divieto alle assicurazioni di discriminare contro chi ha pre-esistenti condizioni mediche o per sesso e razza.