Roberto Turno, Il Sole 24 Ore 29/6/2012, 29 giugno 2012
CORTE CONTI: OPERE PIÙ CARE DEL 40% PER LA CORRUZIONE
Lo zoccolo duro dell’evasione fiscale che è stato soltanto «scalfito». La corruzione che dilaga e costa il 16% in meno di investimenti dall’estero e fa impennare del 40% i costi delle grandi opere pubbliche. E poi i bubboni della sanità, della giustizia civile, degli appalti. Perfino lo scialo delle consulenze che continuano senza freni. No, non è ancora finita. Non illudiamoci, la tempesta è appena iniziata. Perché la crisi sarà ancora lunga e comporterà altri pesanti sacrifici alle famiglie e alle imprese. Benché «impressionanti», tutti gli sforzi finora fatti per abbattere deficit e spesa pubblica sono stati infatti quasi soltanto un palliativo. «Non basteranno», è l’ultimo allarme in ordine di tempo arrivato ieri dalla Corte dei conti nel giudizio di parificazione del bilancio 2012 dello Stato.
Un giudizio senza fronzoli, duro, secco, circostanziato. E amaro: a questo punto, mette in guardia la magistratura contabile, è indispensabile senza più indugi «eliminare la polvere sotto il tappeto» e fare tabula rasa delle «zone grigie di scarsa trasparenza» che ancora avvolgono i conti pubblici e che potrebbero far emergere improvvisi, e pericolosi, oneri latenti.
Le sfide che la Corte dei conti rilancia all’attenzione del Governo e del Parlamento, sono sempre quelle. Combattere ben più a fondo l’evasione fiscale, anche se non poco è stato fatto. Stroncare la mala pianta della corruzione, con i costi impressionanti che scarica sulla macchina pubblica e sull’economia al punto da far lievitare fino al 40% i costi delle grandi opere, allontanando a sua volta le imprese dagli investimenti e negando possibili occasioni di crescita e di rilancio dell’economia. Mettere finalmente un freno ai costi della politica, dagli enti inutili alle società degli locali. E poi incidere finalmente sulla funzionalità della giustizia civile, altro freno alla crescita economica oltreché ai diritti della gente. Ma incidere sui problemi reali, mentre quello della responsabilità civile dei magistrati «è soltanto un falso problema».
È un elenco di "cose non fatte" lungo migliaia di pagine quello consegnato ieri dalla Corte dei conti al Parlamento. Con un preciso richiamo al Governo e alla classe politica: il rischio (già realtà) che con i tagli alla spesa l’austerity inneschi un «circolo vizioso» per la crescita. La ripresa e il rilancio dell’economia, insomma, dovranno essere la prima stella polare. Anche perché con i tagli non si può andare avanti a lungo. Anzi: la spesa «è stata ridotta a livelli che non sarà agevole, e in alcuni casi persino non auspicabile, mantenere per lunghi periodi», sottolinea la Corte dei conti. Aggiungendo la calda raccomandazione di «distribuire in modo diverso e più equilibrato i tagli». Perché, afferma apparentemente tra le righe, a pagare non possono essere sempre e soltanto i soliti noti. Ogni riferimento al fisco ingiusto e alla tassazione italiana da record mondiale, non è assolutamente causale.