Paolo Valentino, Corriere della Sera 29/6/2012, 29 giugno 2012
Prima l’intrigo diplomatico poi la festa in piazza del Popolo – Alla fine si sono dati la mano, mentre intorno a loro è esploso il vulcano
Prima l’intrigo diplomatico poi la festa in piazza del Popolo – Alla fine si sono dati la mano, mentre intorno a loro è esploso il vulcano. Gianni Alemanno ha ostentato un sorriso di comprensione. Michael Gerdts ha ricambiato con garbata mestizia, il braccio sinistro appoggiato alla spalla del figlio, che era vestito con la maglia della nazionale sconfitta. Ma sono apparsi lontani. Come in un verso di Quasimodo, ma senza neppure il raggio di sole: «Ognuno sta solo sul cuore della terra...». Suggestioni del calcio. Al termine di una giornata degli equivoci e delle gaffe diplomatiche, l’ambasciatore tedesco e il sindaco di Roma, ce l’hanno fatta a guardare insieme la sfida di Varsavia. Alternandosi nel ruolo di anfitrioni, l’uno accanto all’altro, prima nel giardino di Villa Almone, poi nella bolgia di Piazza del Popolo, soluzione salomonica che ha in qualche modo salvato la faccia al Campidoglio, protagonista di una gestione quanto meno maldestra. Il balletto era cominciato intorno a mezzogiorno: l’invito del borgomastro a Gerdts a seguire insieme l’incontro ai piedi del Pincio era saltato. Nuovi, improrogabili impegni, era la motivazione ufficiale, impedivano ad Alemanno di essere presente. Gerdts, fedele al protocollo diplomatico, agiva di conseguenza: non poteva andarci se non c’era l’invitante. Ma la scusa degli impegni sopraggiunti sembrava poco plausibile, oltre che offensiva. In realtà, pare che Alemanno avesse addotto ragioni di sicurezza per l’improvviso ripensamento. Il nostro giornale ha verificato con la Questura, ma ci è stato categoricamente smentito che i responsabili dell’ordine pubblico avessero lanciato alcun allarme o definito un rischio, come poi è stato il caso, la presenza di una delegazione tedesca in Piazza del Popolo. Gerdts comunque non era rimasto a guardare. E su due piedi, aveva organizzato una serata nel giardino di casa sua, invitando tutto il personale dell’ambasciata, del Goethe e di altre istituzioni tedesche della capitale, oltre ad alcuni amici italiani, fra i quali il vostro cronista. Poi nel pomeriggio, la saga ha avuto una svolta. L’ufficio del sindaco ha fatto sapere che Alemanno avrebbe visto il primo tempo insieme all’ambasciatore nella bella residenza sulla Cristoforo Colombo. Gli impegni all’evidenza erano spostabili, in nome di una bella serata all’insegna dell’amicizia franco-tedesca. Tanto più che alle sei del pomeriggio, cadeva anche il veto su Piazza del Popolo: il secondo tempo, il primo cittadino e il diplomatico lo avrebbero seguito ancora insieme, ma questa volta nel catino infuocato della piazza romana. Alemanno è arrivato in ritardo a casa del diplomatico tedesco. Si è perso gli inni nazionali. Gerdts, dissimulando il disappunto, lo ha accolto con un sorriso. Breve passaggio al buffet rigorosamente italiano, pasta al pomodoro, pizza, anguria e dolci. Una birra tedesca al volo e poi a sedere nelle poltrone sistemate preparate in uno dei più bei giardini della capitale. Entrambi impassibili, mentre dietro la comunità tedesca di Roma soffriva e urlava insieme a pochi tifosi italiani, amici dell’ambasciatore, sparute macchie di colore azzurro. Gerdts è rimasto rilassato per poco. Ha applaudito, non è chiaro se al tiro di Montolivo o alla parata di Neuer. Ma ha applaudito subito dopo anche al gol di Mario Balotelli. Alemanno ha sorriso sornione, ma è rimasto inchiodato alla poltrona, le gambe a cavallo, solo le mani si muovevano in continuazione, dalle ginocchia, al mento, ai braccioli. Ci sono stati un paio di applausi bipartisan a Buffon paratutto. Ma al secondo gol di Balotelli, l’ambasciatore Gerdts si è accasciato, quasi scivolando sulla poltrona. Qualcuno in giardino piangeva. Alemanno ha avuto il buon gusto della compostezza, solo un applauso appena accennato. A scatenarsi sono stati i dipendenti italiani dell’ambasciata. L’ingresso a Piazza del Popolo è stato avventuroso, altro che sicurezza. Era tutto molto improvvisato. Il piccolo corteo si è diretto verso i tavoli di Rosati, cercandone inutilmente qualcuno libero. Si sono soltanto imbattuti nell’ambasciatore britannico, Sir Christopher Prentice, il quale molto cortesemente si è subito alzato per unirsi al collega e al sindaco. Dietro-front e i tre, con piccola coda di collaboratori e giornalisti, si sono diretti verso il centro della piazza, fermandosi a sinistra dell’obelisco. È da lì, in piedi, mescolati a migliaia di romani, che sindaco e ambasciatore hanno seguito la sfida. Progressivamente estraniati. Alemanno, in maniche di camicia, con la giacca indietro appesa a un dito, stava un passo davanti. Gerdts, accanto al figlio visibilmente inquieto, sempre più silenzioso, scuoteva la testa e allargava le braccia ogni volta che loro e noi abbiamo sfiorato il gol. Un piccolo sussulto al rigore di Özil, ma la smorfia di dignitosa sofferenza appena celata aveva preso il sopravvento. «Artisti individuali», ha detto Gerdts dopo l’ennesima prodezza di Pirlo. Non solo, signor ambasciatore, anche una grande squadra. Paolo Valentino