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 2012  giugno 29 Venerdì calendario

Sicilia, in campo il nipote di don Sturzo «È ancora il tempo dei liberi e forti» – In una Sicilia debole come mai era accaduto c’è chi si prepara a ripartire dai «liberi e forti» della città in cui nacque don Luigi Sturzo

Sicilia, in campo il nipote di don Sturzo «È ancora il tempo dei liberi e forti» – In una Sicilia debole come mai era accaduto c’è chi si prepara a ripartire dai «liberi e forti» della città in cui nacque don Luigi Sturzo. Perché dalle colorate maioliche di Caltagirone s’affaccia sulla scena politica come assoluta new entry, proiettato alla prossima corsa per diventare governatore dell’isola, un erede del fondatore del Partito popolare, Gaspare Sturzo, 50 anni, magistrato e presidente del Centro internazionale di studi intitolato al sacerdote scettico già sui primi passi della Dc. Stesso cognome, diretto pronipote di cotanto antenato, a lungo nel pool antimafia di Palermo, un passaggio dal Tribunale di Tivoli, poi esperto giuridico a Palazzo Chigi, docente alla Lumsa di Roma, ma sempre con Caltagirone nel cuore, Gaspare Sturzo è cresciuto nel culto di don Luigi. Come si capisce ascoltandolo. Lui parla e le parole che arrivano sembrano lette sui libri di quel padre nobile del movimento cattolico. Pronto a riproporre una sorta di «appello ai liberi e forti», proprio come accadde il 18 gennaio del 1919, quando, da Roma, don Sturzo lanciò la carta costitutiva del Partito popolare. E non è un caso se il 18 gennaio scorso, 93 anni dopo, stesso giorno, è nato a Roma il nuovo partito «Italiani liberi e forti», come ha voluto Sturzo junior in stretto rapporto con Giovanni Palladino, figlio del curatore dei beni di don Luigi, adesso segretario politico di questa forza che come prima sfida sceglie la Sicilia. Cioè la terra disastrata anche dalle esperienze politico-giudiziarie di Raffaele Lombardo, che ha annunciato le dimissioni per il 28 luglio. In questo caso la Sicilia andrebbe al voto a fine ottobre per rinnovare l’Assemblea siciliana e Sturzo junior sarebbe pronto a misurarsi. Una candidatura che sarà ufficializzata oggi a Palermo con la certezza di una corsa fuori da ogni coalizione, come assicura Palladino: «Per carità, andremo soli col nostro nome, saremo uno spartiacque col passato». E il candidato in pectore, muovendosi fra le stradine intorno alla casa-museo di don Sturzo, bacchettando «chi si serve della politica anziché servirla»: «Impossibile ogni accordo con questa politica ridotta a una grande stazione frequentata da cittadini che vorrebbero poter fare un viaggio verso il benessere e trovano invece tre vecchi treni immobili, pronti a fare accomodare alcuni in poltrona senza mai partire, appunto Pdl, Pd e Terzo polo». Che fare, dunque? «Si può scegliere di protestare soltanto rimanendo dei grillini, o si può lottare contro le "male bestie" di cui parlava don Luigi, a cominciare da mafia, partitocrazia, statalismo regionale, clientele, attraverso una formazione che sarà il partito di credenti e non credenti, aconfessionale, capace di spezzare i legami con la vecchia classe dirigente». Sono le riflessioni di chi sgobba da anni su scritti e manoscritti dell’avo, allevato però in casa dc dal padre, Francesco, oggi 86 anni, nel ’70 presidente della Provincia a Palermo, corrente di uno dei «padrini» di Palermo, Giovanni Gioia. Ha l’aria d’essersi smarcato: «In questi anni ho scritto molto del pensiero sociale, culturale, economico... impegnato nelle iniziative sociali del Fondo Sturzo a favore di detenuti ed ex detenuti a Caltagirone...». Si ricomincia così da questo giardino barocco con la famosa scala piastrellata. Tutto in salita, come sa Sturzo: «Bisogna recidere le radici che hanno prodotto i frutti Cuffaro e Lombardo». Un modo per oltrepassare la «sua» Dc, nel nome di una filosofia che indica come «neopopolarismo», tornando dalla città dell’antenato a quella del padre.