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 2012  giugno 28 Giovedì calendario

Se la regina e il terrorista si danno la mano - La «più importante stretta di mano del Terzo millennio», come l’ha un po’ enfaticamente battez­zata l’ Irish Times , è durata pochi secondi, ma affonda le sue radici in ottocento anni di storia

Se la regina e il terrorista si danno la mano - La «più importante stretta di mano del Terzo millennio», come l’ha un po’ enfaticamente battez­zata l’ Irish Times , è durata pochi secondi, ma affonda le sue radici in ottocento anni di storia. Quan­do, durante una cerimonia al Tea­tro Lirico di Belfast, Elisabetta II, regina di Gran Bretagna, ha saluta­to con un sorriso Martin McGuin­ness, già comandante dell’orga­nizzazione terroristica IRA e oggi vice primo ministro dell’Ulster che le aveva appena rivolto un sa­luto in gaelico, decine, anzi centi­naia di miglia­ia di mo­rti devo­no essersi rivol­tati nella tom­ba: dai cattolici che si ribellaro­no invano ad Enrico VIII ed Elisabetta I do­po la scissione anglicana agli irredentisti massacrati dal­le truppe britanniche nella Pa­squa di sangue del 1916, da Lord Mountbatten fatto saltare per aria con il suo yacht proprio dall’IRA nel 1979 ai 3.500 morti di entram­be le parti nella faida degli ultimi trent’anni. Il conflitto anglo-irlan­dese, cui l’incontro di ieri dovreb­be mettere fine anche sul piano simbolico, è infatti stato uno dei più lunghi e sanguinosi della sto­ria d’Europa: un conflitto in cui gli irlandesi, oppressi fin dal XII sec­o­lo dai più potenti vicini e disposti a tutto per ricon­quistare la li­bertà, non han­no esita­to ad al­learsi con i peg­giori nemici di Londra, dagli spagnoli di Filippo II ai ribelli gia­cobiti, dalla Francia della Rivolu­zione alla Germania imperiale, pa­gandone ogni volta il fio. Ma è sta­ta l’ultima fase della lotta, iniziata con la rivolta del 1968 e formal­mente (ma non materialmente) conclusa con il cessate il fuoco del 1998, che ha visto le maggiori atro­cità, gli attentati più criminali e le repressioni più spietate, tanto da fornire il soggetto anche a nume­rosi film di successo. La conclusio­ne di quell’accordo, che ha porta­to alla condivisione del potere nell’Ulster tra i ribelli cattolici e gli unionisti fedeli alla Corona, è sta­to forse il maggiore successo di Tony Blair. Tuttavia, sotto molti rispetti, la sua opera era rimasta incompiu­ta: se ai vertici le due parti hanno imparato - nel bene e nel male - a convivere, a livello popolare gli odi tra le due comunità non si so­no certo estinti. Belfast è sempre piena di muri per separare i quar­tieri cattolici da quelli protestanti, e ancora poche ore prima della stretta di mano gruppi di giovani cattolici repubblicani che conti­nuano a sognare la riunificazione con Dublino si sono scontrati a suon di bombe molotov con altri giovani fedeli alla monarchia: se per caso ci fosse scappato l’ennesi­mo morto, la cerimonia destinata a diventare una pietra miliare nel processo di riconciliazione sareb­be sicuramente saltata. Inutile dire che l’evento ha avu­to una complessa preparazione. Per il governo inglese di David Ca­meron, esso doveva sancire la soli­dità di un accordo che ha ancora numerosi avversari e la visita a Bel­fast della regina in occasione dei suoi 60 anni di regno costituiva una occasione ideale per organiz­zarlo. Tuttavia, ci sono state resi­stenze sia nella famiglia reale, che non ha ancora perdonato all’IRA l’assassinio di Mountbatten (e in­fatti il principe Filippo, avvicinato da McGuinness dopo la stretta di mano, si è voltato dall’altra parte e si è allontanato), sia nel partito conservatore, per cui era inconce­pibile che la sovrana, capo delle Forze Armate, scambiasse un sa­luto ufficiale con il responsabile diretto della morte di tanti soldati britannici. Non meno travagliata è stata la vigilia degli irlandesi: Mc-Guinness ha dovuto ottenere il be­nestare di Gerry Adams, già gran­de capo della rivolta e ora presi­dente del Sinn Fein, e superare le obiezioni di chi, con qualche ra­gione, sosteneva che la stretta di mano con la regina comportava il riconoscimento della sua sovrani­tà sull’Ulster e quindi la rinuncia a uno degli obbiettivi del movimen­to, la riunificazione delle sei con­tee settentrionali con la Repubbli­ca d’Irlanda. Altri sostenevano che quei repubblicani che per de­cenni sono stati vittime della re­pressione britannica avrebbero condannato il gesto. Sembra che, dopo essersi accordate, le due par­ti abbiano ritenuto necessario fa­re una specie di prova generale in privato prima di andare davanti al­le telecamere. Se la cerimonia metterà definiti­vamente fine a secoli di ostilità ri­mane da vedere. Per alcuni, è solo una nuova tappa di un cammino ancora lungo, per altri, la prova che (purtroppo molto raramente) anche le riconciliazioni più diffici­li riescono. Come sempre, sarà la Storia a pronunciare il verdetto fi­nale.