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 2012  giugno 28 Giovedì calendario

Oscar, l’«uomo nero» della Repubblica - L’Italia del cruciale ventennio 1992-2012 è il cuore di «Ascesa & declino della Seconda Repubbli­ca », il nuovo libro del giornali­sta Lodovico Festa (240 pagine, Edizioni Ares), presentato ieri alla Camera dei deputati

Oscar, l’«uomo nero» della Repubblica - L’Italia del cruciale ventennio 1992-2012 è il cuore di «Ascesa & declino della Seconda Repubbli­ca », il nuovo libro del giornali­sta Lodovico Festa (240 pagine, Edizioni Ares), presentato ieri alla Camera dei deputati. Pubbli­chiamo ampi stralci del paragra­fo «L’uomo nero degli anni No­vanta » sul ruolo di Oscar Luigi Scalfaro. *** Alla fine il vero «uomo nero» nella crisi della Repubblica è Oscar Luigi Scalfaro: lui blocca Amato e Ciampi impegnati a cercare una via per uscire politicamente da Ma­ni Pulite, lui accetta i diktat di Bor­relli, lui acconsente al martirio di Andreotti, lui impe­disce (...) «la verità» sia sui passi di Conso sul 41bis, sia sui fondi del Sisde. Lui assiste alla in­cr­edibile persecu­zione «preventiva» di Berlusconi per­ché e entrato in politi­ca, lui chiude gli occhi di fronte a «proclami» e «offese» al Parlamento da parte del Pool. Lui sal­va la Lega dal voto anticipa­to, pasticcia contro la sovra­nità popolare, non aiuta D’Alema che cerca di trovare un assesta­mento della Repubblica finendo aggredito da qualcuno dei soliti pm. Non c’è spiraglio per uscire dalla intricata crisi dello Stato che non sia chiuso da Scalfaro. Poi, la­sciato il Quirinale, stancamente di­venterà il santone della più ipocri­ta conservazione, continuando a ostacolare attivamente tutti gli sfor­zi- talvolta peraltro obiettivamen­te maldestri- di innovare la Costitu­zione. In fin dei conti Scalfaro era un esponente del moderatismo libe­ral­cattolico impostato in Italia da Lui­gi Sturzo e sviluppa­to da un demo­cratico coeren­te, capace di assu­mersi dure responsabilità come Mario Scelba: da queste ra­dici avrebbe potuto derivare un ben altro impegno per il bene della nazione. Invece è prevalsa una visione meschina, chiusa, priva di prospet­tive. Al fondo aveva ragione Nilde Jotti che nel 1992 si oppose, nella di­rezione del Pds, alla scelta di Scalfa­ro come presidente. La vedova di Togliatti, particolarmente autore­vole e libera grazie al peso della sua storia personale, non ebbe dubbi nel denunciare il carattere incapa­ce di aperture del candidato al Qui­rinale. Ed è su questo punto che si deve riflettere per capire che cosa sia avvenuto. Finita la fase delle«certezze»nel­le quali Scalfaro si schiera prima contro le aperture al Psi negli anni Sessanta, poi contro quelle al Pci negli anni Settanta, con gli anni Ot­tanta si apre una fase di movimen­to in cui non è più semplice defini­re che cosa sia la tranquilla «conser­vazione » e che cosa il fastidioso «progresso». Scalfaro assolve sen­za dubbio con scrupolo il ruolo di ministro dell’Interno nel governo Craxi, grazie anche alla leale amici­zia di Vincenzo Parisi, che lui nomi­nerà capo della Polizia. Ma sono evidenti le contraddizioni anche psicologiche che quella stessa fase determina: il leader socialista è un innovatore, vuole la Grande rifor­ma; i veri conservatori sono i comu­nisti che non vogliono si tocchi la Costituzione (e innanzi tutto il si­stema proporzionale). La fine del­la Guerra fredda apre questioni in cui combinare morale e politica, dopo una fase così ben ordinata dalla lotta tra comunismo e demo­crazie liberali, diventa complica­to. In questo contesto una persona­lità chiusa- come con sagacia ave­va spiegato la Jotti­ trasforma il suo conservatorismo etico (le sgridate alle donne sbracciate) e politico (pur nobile nella versione scelbia­na), in un mero conservatorismo istituzionale. Naturalmente una certa mediocrità politico-cultura­le (d’altra parte quel grande parti­to che era la Dc non gli aveva mai dato ruoli significativi e agli Interni arriva più come uomo degli appa­rati che come politico) pesa in mo­do decisivo: al dunque quando la storia sta svoltando, la capacità di immaginare il nuovo diventa fon­damentale e se non ce l’hai, non te la puoi dare. Questo è il processo che trasfor­ma Scalfaro nel leader del parla­mentarismo più integrale, quello che ancora adesso trascina nel ba­ratro la Repubblica. Lo fa diventa­re il principale antagonista di Cos­siga che, pur con qualche confusio­ne, cerca di indicare vie nuove per le istituzioni. Lo fa incontrare con un Pannella che tanto è geniale nel suo movimentismo nella società, tanto è deleterio nel suo disgrega­re quel minimo tessuto politico­istituzionale che può consentire una riforma coerente dello Stato. Lo fa essere al momento giusto nel punto giusto quando Craxi, Forla­ni e Andreotti non comprendono la gravità della crisi e si concentra­no in litigi tra loro, la mafia decide di colpire Andreotti e la situazione precipita. (...).