Sergio Luciano, ItaliaoOggi 29/6/2012, 29 giugno 2012
Per le banche è arrivato il momento dei tagli– C’è un passaggio cruciale nel comunicato con cui il fondo Pamplona, che ha appena acquistato il 5% di Unicredit, ha spiegato le ragioni del suo investimento
Per le banche è arrivato il momento dei tagli– C’è un passaggio cruciale nel comunicato con cui il fondo Pamplona, che ha appena acquistato il 5% di Unicredit, ha spiegato le ragioni del suo investimento. Ha scritto di averlo fatto in vista dell’«imminente ristrutturazione del sistema bancario europeo». Cosa significa «ristrutturazione» e perché, per quelli del fondo Pamplona, sarebbe «in vista» un qualcosa che in realtà non è (era) minimamente sotto i riflettori del dibattito economico-politico italiano? Quel riferimento significa una cosa molto semplice: che cioè gli analisti finanziari di mezzo mondo prevedono per il prossimo anno una pesante campagna di riduzione dei costi in tutte le grandi banche europee e soprattutto in quelle dei Paesi eurodeboli, a cominciare da Spagna e Italia. Perché? Semplice: la redditività caratteristica dell’attività bancaria, il mitico «roe» (return on equity) non è più il traguardo principale perseguito dai banchieri. La crisi del 2008 e quella in corso hanno indotto le autorità a imporre parametri di stabilità patrimoniale molto stringenti, che costringono gli istituti a immobilizzare ingenti capitali (vien da dire: finalmente) riducendone la redditività, perché sono tenuti a non impiegarli in modalità rischiose. Inoltre, la crisi dell’economia reale ha fatto crescere spropositatamente il tasso di sofferenze e insolvenze, altro pesante fattore di compressione degli utili. Ma se le banche devono accontentarsi di minori utili e utilizzarli anche, in buona parte, per accantonamenti prudenziali, è evidente che si pongano il problema di tagliare i costi riequilibrando così i margini di guadagno. E c’è di più: la rete fisica delle filiali bancarie (basta frequentarne qualcuna per rendersene conto) è ormai se non mezza vuota certo nettamente meno affollata di dieci anni fa. La «disintermediazione» del lavoro di sportello comportata dal diffondersi dei conti correnti online è stata fortissima. Quindi è facile entrare in spaziose filiali con i saloni semivuoti in cui i dipendenti si girano i pollici. E allora? Allora, dopo la riduzione d’organico di 4.600 unità (sulle attuali 33 mila) annunciata nel piano industriale del Monte dei Paschi di Siena (nessuna «macelleria sociale», sia chiaro, ma solo esternalizzazioni di attività estranee al core business e blocco del turnover) è chiaro che toccherà un po’ a tutte le altre grandi banche, quale più quale meno. Il che però apre un nuovo fronte di rischio sociale ed erariale, perché non si può escludere che, prima o poi, anche per questo settore, tradizionalmente ricchissimo e autosufficiente, si porrà l’esigenza di ammortizzatori sociali. Un’esigenza cui per lo Stato sarà difficile far fronte.