CARLO GRANDE, La Stampa 29/6/2012, 29 giugno 2012
Da Tolstoj a Irvine Welsh la letteratura prende il treno - Quanta ferrovia, nella letteratura, sugli schermi, nella cultura: nei western e nei gialli, in Steinbeck e Pasternak, nella nascita del cinema con L’arrivée d’un train en gare de La Ciotat di Louis Lumière fino a Wenders, che in Tokyo-Ga rende omaggio al maestro del cinema giapponese Yasujiro Ozu
Da Tolstoj a Irvine Welsh la letteratura prende il treno - Quanta ferrovia, nella letteratura, sugli schermi, nella cultura: nei western e nei gialli, in Steinbeck e Pasternak, nella nascita del cinema con L’arrivée d’un train en gare de La Ciotat di Louis Lumière fino a Wenders, che in Tokyo-Ga rende omaggio al maestro del cinema giapponese Yasujiro Ozu. Altrettanta ne troviamo nei libri dell’inglese Christian Wolmar, giornalista e scrittore tra i massimi esperti mondiali di storia ferroviaria, che domani presenterà Sangue, ferro e oro. Come le ferrovie hanno cambiato il mondo (Edt, pp. 520, € 24) a LetterAltura di Verbania. Wolmar ha raccontato in tanti libri l’epopea dei treni con l’entusiasmo, lo humour e l’esattezza della migliore saggistica anglosassone. Fin dall’adolescenza amava frequentare le stazioni ferroviarie: «Ho cominciato a quindici anni: in Gran Bretagna è molto diffuso il trainspotting , osservare i treni che arrivano e che partono. Io andavo a Victoria Station e nelle stazioni londinesi più piccole, così affascinanti e piene di fumo; nel corso degli anni la mia passione è diventata lavoro: collaboravo con un giornale sul tema dei trasporti, a partire dagli Anni 90 in Inghilterra, c’è stato un grande dibattito sulla privatizzazione delle ferrovie». Wolmar è consapevole di quanto la strada ferrata sia una realtà ambivalente, esattamente come nel celebre romanzo di Irvine Welsh dove simboleggia il periodo della vita in cui bisogna scegliere se vivere alla giornata, da ribelli per tutta la vita o mettersi sui binari giusti e conformarsi al perbenismo. Salire o non salire sul treno? Wolmar continua a salire e scendere: «La ferrovia è una bellissima invenzione che ha unito i popoli e le nazioni», dice, ma non bisogna dimenticare che spesso è nata per motivi militari, in parecchi casi ha creato barriere e portato a conquiste cruente e genocidi. «In India, ad esempio, l’Impero britannico decise di costruirla (tagliando per le traversine foreste di splendidi cedri deodara, racconta William Dalrymple nei suoi reportage, ndr) soprattutto per muovere l’esercito più velocemente e risparmiare: anziché avere molte guarnigioni sparse costituì un contingente centrale da spostare rapidamente». In India agirono le compagnie private con il sostegno del governo, che garantiva loro percentuali di profitto. Così in altri paesi quali la Gran Bretagna (linea Londra-York, ad esempio). Tra i pionieri l’Italia - ricorda Wolmar - dove si progettarono la Napoli-Portici e molte linee in età risorgimentale. Wolmar si stupisce di come mai la discussione sui treni veloci sia ancora accesa in Valle di Susa: «Credevo avessero deciso. Dal punto di vista ecologico è una buona idea, toglierebbe traffico dall’autostrada. Capisco la complessità del problema». Sangue, ferro e oro corrono più che mai sui binari: «Molti Paesi fecero le ferrovie per controllare la gente e creare barriere; in altri casi unificarono il paese». Le ferrovie, prosegue Wolmar, conobbero un declino nel dopoguerra, ci fu il boom del trasporto su gomma poi la rinascita ferroviaria, che prosegue nell’era dell’ecologia. Quel che è certo è che dall’irruzione della vaporiera e dall’esaltazione futurista a oggi (vedi Treni di carta di Remo Ceserani, Bollati Boringhieri) la strada ferrata è simbolo della modernità e Wolmar continua a viverla appassionatamente: «Viaggio spesso», dice, «a novembre sarò sulla Transiberiana e mi fermerò alla stazione di Astapovo, dove morì Tolstoj».