Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  giugno 29 Venerdì calendario

Un tesoro di materie prime nel futuro della Mongolia - La Mongolia ieri è andata alle urne per eleggere il suo settimo Grande Khural (Parlamento) da quando si è separata dall’Unione Sovietica, nel 1990

Un tesoro di materie prime nel futuro della Mongolia - La Mongolia ieri è andata alle urne per eleggere il suo settimo Grande Khural (Parlamento) da quando si è separata dall’Unione Sovietica, nel 1990. In gioco, in particolare, il futuro economico e la relazione con i Paesi esteri altamente interessati alle risorse minerarie mongole, ma con cui la Mongolia ha rapporti non sempre privi di attriti. Il Paese dell’Asia Centrale, popolato da 2,8 milioni di abitanti, definito da Washington come l’unica vera democrazia della regione, da quando ha cominciato a sfruttare i giacimenti minerari sta attraversando una fase di boom economico senza precedenti. Lo scorso anno ha registrato una crescita di più del 17% - grazie alle concessioni minerarie ingenti che vengono date ai due vicini affamati di risorse – Cina e Russia – e anche ad altri. Siamo però in una fase delicata per lo sviluppo della giovane repubblica mongola, ora che le ricchezze del sottosuolo (in particolare rame, oro, carbone, uranio), che potrebbero far diventare il Paese una sorta di Qatar delle steppe, stanno anche suscitando un «nazionalismo delle risorse» con derive xenofobe (soprattutto anti-cinesi) e con risvolti inquietanti, ma facilmente analizzabili. La Mongolia è stata sotto al giogo sovietico per settant’anni, dopo essere stata una semicolonia cinese per il periodo della dinastia Qing (1636-1911). I suoi politici devono dunque muoversi con grande attenzione per non fomentare il timore di essere nuovamente assorbiti dai giganti che la circondano – come del resto è avvenuto con la metà del Paese oggi noto come «Mongolia Interna», e che appartiene alla Cina. Così, una legge appena approvata dal Pa rl a m e n t o uscente limita la presenza straniera nelle industrie strategiche, a meno che non vi sia un assenso parlamentare da discutere di volta in volta. Alcune concessioni minerarie però hanno suscitato scalpore per l’alto numero di mano d’opera cinese che hanno immesso nel Paese. In conseguenza, la concessione da 7 miliardi di dollari di Oyu Tolgoi, una miniera di rame, alla quale la Cina non è stata autorizzata a partecipare, è stata data alla Rio Tinto (gruppo minerario britannico-australiano) e alla Ivanohe Mines (canadese). Ciò nonostante circa metà dei 15. 000 lavoratori che vi sono impiegati sono cinesi in una nazione dove un terzo della popolazione vive in povertà e il tasso di disoccupazione è del 20%. Per una nazione priva di accesso al mare, la dipendenza dalla Cina è enorme: senza l’assenso cinese, e in minor misura russo, la Mongolia non è in grado di esportare le sue risorse. Il boom minerario sta avendo un impatto ambientale severo, come non cessa di ricordare la vibrante stampa nazionale, e non tutti sono unanimi nell’apprezzare uno sviluppo fondamentalmente predatorio. Da poco sono state interrotte le operazioni minerarie in zone fluviali o boschive, ma in diverse regioni il danno è ormai fatto. Nella capitale, Ulan Bator, vivono ora 1,2 milioni di persone, molte in tendopoli alla periferia della città, dove i nomadi hanno impiantato le jurte e vivono in condizioni di grande povertà e senza alcuna infrastruttura. Le steppe, non più incontaminate, sono solcate dai camion delle operazioni minerarie, e la pastorizia è meno facile di un tempo. I partiti che si sfidano alle urne sono undici. I due principali sono il Partito Democratico Mongolo, liberale, attualmente al governo, e il Partito Popolare Mongolo, di sinistra, la principale opposizione che, secondo gli ultimi sondaggi, gode di un leggero vantaggio. Il Partito Democratico, infatti, ha subito un calo di popolarità dopo che l’ex-Presidente del Paese, Enkhbayar, è stato arrestato per corruzione – un arresto che molti analisti hanno reputato motivato da rivalità politiche, dopo che Enkhbayar aveva lasciato il partito di governo per formare un nuovo schieramento politico. Il processo di Enkhbayar, interrotto dopo che l’ex-Presidente ha portato avanti uno sciopero della fame durato dieci giorni, ha attirato molte critiche da parte dell’opposizione, e non è chiaro fino a che punto questo abbia danneggiato la popolarità dell’attuale primo ministro, Sukhbataar Batbold, e del presidente Elbegdorj Tsakhia.