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 2012  giugno 28 Giovedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA. I TEMI SUL TAVOLO AL VERTICE DI BRUXELLES


REPUBBLICA.IT
ROMA - Scudo anti spread, ripresa, tobin tax, sorveglianza delle banche e una maggiore unione politica 1. Sono i temi principali del vertice di Bruxelles che tra oggi e domani metterà nuovamente di fronte i paesi dell’Ue alle prese con le misure per tamponare la crisi del debito sovrano e sollecitare la crescita. Sulla proposta italiana di utilizzare le risorse dei fondi salva-stati per creare, attraverso acquisti "calmieranti" dei bond statali, una sorta di scudo a difesa dei paesi "virtuosi", ci sono state delle aperture, sul principio, mentre resta tutto da stabilire - e questo è il problema vero - sui meccanismi e sugli eventuali automatismi.
Qualcosa di concreto inizia a trapelare sulla bozza conclusiva del summit, attualmente in discussione: una road map per arrivare a fine anno ad una decisione su una "effettiva Unione monetaria ed economica". Il rapporto, preparato dalle più alte istanze Ue (il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, il presidente della Commissione Josè Manuel Barroso, il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker e il presidente della Bce Mario Draghi), sarà posto all’attenzione dei leader dei Paesi membri e conterrebbe le modalità per completare l’unione economica, che potrebbe portare all’emissione di debito comune. Sulla base del rapporto i leader chiederanno di presentare una proposta più dettagliata al vertice di ottobre, per giungere ad una decisione al vertice di dicembre.
"C’è la necessità - si legge nella bozza - di avere più tasselli specifici attorno a un’integrazione bancaria e fiscale più forte". Nel documento si afferm,a in particolare, che "entro la fine del 2012 la Ue dovrà dotarsi di un meccanismo di messa in sicurezza del sistema bancario, creando uno schema comune per le garanzie sui depositi, e un fondo comune con poteri di risoluzione per la gestione delle crisi".
Il ministro tedesco delle finanze, Wolfgang Schaeuble, in un’intervista al Wall Street Journal ha citato tra le misure possibili a breve anche gli acquisti diretti dei titoli di Stato attraverso i fondi di salvataggio europei Efsf e Esm; che è il succo della proposta avanzata a Los Palos da Mario Monti. Ma ha anche precisato che la Germania non accetterà interventi automatici senza "una formale richiesta da parte dei governi".
Schaeuble ha detto anche che la Germania è disposta a un’apertura sulla questione degli eurobond, e cioè sulla mutualizzazione del debito sovrano dei paesi dell’eurozona, ma soltanto se ci sarà uno ’zar’ europeo a vigilare sui conti pubblici dei 16 paesi dell’euro. La condizione posta da Berlino, quindi, è che, sotto la parola d’ordine del rigore, i Paesi membri rinuncino in qualche modo e stabilmente a parte delle propria sovranità in materia di controllo dei bilanci, a favore di un sistema di controllo centralizzato delle politiche di bilancio nazionali.
Le dichiarazioni di Schaeuble sono state intepretate come "distensive" al punto tale che il ministero delle Finanze è intervenuto con una nota ufficiale per precisare che la posizione di Berlino non è cambiata: niente eurobond senza Unione dei bilanci e niente scudi anti-spread al di fuori delle regole attuali.
Di fatto, la linea ufficiale sembra quella sintetizzata in mattinata da un’altra fonte governativa tedesca. Rispondendo a una domanda sulla aspettative italiane circa lo scudo antispread, la fonte aveva affermato che l’Eurozona ha già a disposizione "un raffinato strumentario", costituito ad esempio dall’Efsf e dall’Esm che sono "a disposizione" dei paesi che dovessero averne bisogno. "Dobbiamo imparare in Europa a sfruttare in maniera adeguata gli strumenti che abbiamo, e che sono stati ratificati", aveva detto la fonte, secondo la quale c’è infatti "una ampia varietà di strumenti a disposizione" da usare come strumento antispread, a cominciare dall’EFSF (European Financial Stability Facility), il fondo per salvaguardare la stabilità finanziaria (dei 440 miliardi di dotazione, sono rimasti circa 250 dopo il salvataggio di Irlanda e Portogallo) e l’ESM, il meccanismo di stabilità europeo, che sostituirà tra breve l’EFSF e sarà complessivamente dotato di circa 750 miliardi di euro.
La proposta di Monti sembra invece condivisa da Parigi. Il presidente Hollande, facendo espresso riferimento a Italia e Spagna, ha detto di contare sul vertice "affinché ci siano delle soluzioni molto rapide per sostenere i paesi in difficoltà sui mercati e che hanno fatto sforzi notevoli" su risanamento e riforme. "Se avremo più crescita, delle misure di medio termine", ha aggiunto Hollande, per la stabilità dell’euro "e delle misure immediate per sostenere i Paesi che hanno fatto degli sforzi e non possono sopportare dei tassi di interesse troppo elevati, avremmo fatto un buon lavoro".
Convinto sostegno alle misure del premier italiano giunge dal presidente del Parlamento europeo, il tedesco Martin Schulz. "La crisi del debito richiede soluzioni sulle linee presentate dal premier Monti" ha affermato Schultz, reclamando un ruolo attivo del Parlamento Ue nella ricerca delle risposte alla crisi. In particolare, Schulz ha chiesto di far parte del gruppo di lavoro composto dai presidenti del Consiglio Herman Van Rompuy, della Commissione Josè Manuel Barroso, dell’Eurogruppo Jean Claude Juncker, della Bce Mario Draghi.
Tra le misure proposte da Monti, sembra certo che non verrà presa in considerazione la "golden rule", che escluderebbe dai bilanci la spesa per investimenti. Ma nelle conclusioni del vertice dovrebbe essere accolto un principio di base: "prestare una attenzione particolare agli investimenti nei settori orientati al futuro, aventi un nesso diretto con il potenziale di crescita dell’economia, e a garantire la sostenibilità dei regimi pensionistici".
Italia e Spagna sono il "caso" del giorno anche secondo il premier belga, Elio Di Rupo: "Bisogna trovare soluzioni concrete", ha detto al suo arrivo al vertice, per i Paesi che sono sotto la pressione dei mercati, come Italia, Spagna e ora anche Cipro, altrimenti si rischia "un effetto domino" in tutta Europa. "Servono aiuti particolari e studiati per i Paesi in difficoltà perché possano uscirne".
L’obiettivo del vertice, scrive su Twitter il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, è "rilanciare la crescita delle nostre economie e creare posti di lavoro, specialmente per i giovani". Ciò "richiede un’azione immediata". "Ripristinando la fiducia nella nostra valuta per la stabilità oggi e una prospettiva credibile per il futuro. Questo è il motivo - aggiunge - per cui sia il nostro lavoro sulla crescita e l’occupazione sia la nostra riflessione sul futuro dell’Unione economica e monetaria sono cruciali in questa fase".
(28 giugno 2012)

REPUBBLICA.IT - FALCHI E COLOMBE
MILANO - Falchi contro Colombe. In mezzo la "più grande minaccia" per l’Europa degli ultimi 60 anni. Parola di José Manuel Barroso, il presidente della Commissione europea, alla vigilia del più difficile Consiglio europeo della storia recente. La lettera d’invito del presidente del Consiglio, Herman Van Rompuy lascia poco spazio all’immaginazione: "La sfida, oggi più che mai, è lanciare il chiaro segnale che stiamo facendo tutto ciò che serve per reagire alla crisi".
L’ordine del giorno è scarno, due soli punti: lavoro e crescita e "portare l’Unione economica e monetaria su un nuovo percorso". E se sul primo punto è possibile arrivare a punti d’incontro comuni tra i falchi dei Paesi virtuosi (guidati da Germania e Finlandia) e le colombe capeggiate da Spagna e Francia (l’Italia proverà a mediare); difficile immaginare, al momento, un’intesa sul secondo punto.
Angela Merkel ha ribadito il suo no "finché vivrò" agli Eurobond, Parigi è pronta a cedere sovranità, ma frena sul controllo dei bilanci. Insomma la partita resta aperta e, soprattuttto, sono divise le posizioni. Con il ruolo ibrido dei Paesi fuori dalla zona euro (guidati dalla Gran Bretagna): da un lato auspicano una risoluzione della crisi, ma dall’altro non sembrano disposti a sacrifici e, Londra in testa, non paiono interessati al rafforzamento dell’Unione europea, tantomeno se comporterà limitazioni o costi ulteriori per i mercati finanziari
Nella sua lettera, Van Rompuy cita il rapporto 1preparato con il presidente della Commissione, dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker e della Bce, Mario Draghi: "Non si tratta di una bozza conclusiva che deve essere adottata dal Consiglio, ma mi aspetto di raggiungere una posizione comune sul futuro dell’Unione economico monetaria". A cominciare da una profonda riflessione sugli eurobond dopo una serie di urgenti riforme strutturali. Con buona pace della Germania.
(27 giugno 2012)

CORRIERE.IT
Occhi puntati sul vertice Ue di Bruxelles, decisivo per le sorti dell’euro. A poche ore dall’avvio del Consiglio europeo, la Germania si è detta disposta ad aprire agli eurobond, e cioè alla mutualizzazione del debito sovrano dei Paesi dell’Eurozona, ma soltanto se ci sarà uno «zar» europeo a vigilare sui conti pubblici dei 16 Paesi dell’euro. Lo ha fatto Wolfgang Schaeuble, ministro delle Finanze tedesco, in un’intervista concessa al Wall Street Journal. Ma quando, tenuto conto del fuso orario americano, la notizia ha fatto il giro delle redazioni ed è stata rilanciata dai media di mezza Europa, Berlino ha fatto dietrofront: gli eurobond - ha precisato lo stesso ministero delle Finanze accreditando l’ipotesi di un fraintendimento delle parole del ministro, si possono fare solo dopo una Unione sui bilanci, e l’uso di Efsf o Esm - ovvero i fondi salvastati - per acquistare bond sotto stress può avvenire solo nell’ambito delle regole già previste.
INVERSIONE DI MARCIA - La Germania torna dunque ad allinearsi alla posizione più intransigente della cancelliera Angela Merkel che nei giorni scorsi aveva detto che gli eurobond non sarebbero mai passati finché fosse stata in vita. L’utilizzo dei fondi di salvataggio europei per l’acquisto dei titoli dei Paesi in difficoltà non è dunque considerato tra le opzioni, soprattutto non sono considerate «recenti proposte» che vorrebbero «interventi automatici» senza «una formale richiesta da parte dei governi».
«NIENTE INTESA SU ITALIA E SPAGNA» - In mattinata sulle prospettive del vertice era intervenuto anche il presidente francese François Hollande, facendo notare come Francia e Germania - protagoniste ieri di un incontro bilaterale - abbiano trovato un accordo sulle misure per stimolare la crescita, ma restano divise sugli aiuti a breve termine per stabilizzare le economie europee più fragili, a partire da Italia e Spagna. «Abbiamo trovato fortunatamente dei punti in comune sulla crescita - ha spiegato Hollande alla tv France2 - Angela Merkel si è mossa nella direzione che volevo». «C’è anche un’intesa - ha aggiunto - sulla tassazione delle transazioni finanziarie, ma dobbiamo ancora trovarlo sulla stabilità. La discussione è in corso, è normale. Dobbiamo agire - dice ancora - in aiuto dei paesi che ne hanno bisogno: Spagna e Italia».
SUMMIT - Al summit Ue si discute su crescita, opportunità di primi passi verso emissioni comuni di debito nell’eurozona e unione bancaria. Ma sul tavolo dei capi di Stato e di governo europei c’è anche lo scudo anti-spread proposto dal presidente del Consiglio italiano, Mario Monti. Il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso, il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker e il presidente della Bce Mario Draghi hanno preparato un rapporto da sottoporre all’attenzione dei leader Ue sulle modalità per completare l’unione economica che potrebbe potare all’emissione di debito comune.

DAL CORRIERE DI STAMATTINA, PAOLO LEPRI
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BERLINO – Tutto è possibile, al vertice di oggi a Bruxelles, ma una cosa è certa. Angela Merkel combatterà «senza illusioni» per le sue idee. «Temo che al Consiglio europeo ancora una volta si parlerà troppo di tutte le proposte possibili per la mutualizzazione del debito e troppo poco di come migliorare i controlli e delle riforme strutturali», ha detto in Parlamento, interrotta dagli applausi della sua maggioranza. Sono queste anche le principali ragioni per cui alla cancelliera non piace il rapporto che il presidente dell’Unione Hermann Van Rompuy presenterà ai capi di Stato e di Governo: gli impegni per rendere più rigida la sorveglianza sui conti pubblici dei singoli Stati, si sostiene a Berlino, non hanno la priorità e sono espressi in termini imprecisi. Appoggiando il pacchetto per la crescita da 120-130 miliardi di euro, la Germania ha inviato invece «un segnale forte» ai partner europei.
Il «Merkel-pensiero» pre-vertice, quindi, non si discosta molto da quanto è stato sostenuto in questi lunghi giorni di vigilia. «Abbiamo bisogno di più diritti di intervento quando le regole di bilancio vengono violate», è stata un’altra frase chiave del discorso. La cancelliera ha riconosciuto che «il tempo stringe», ma ha messo nuovamente in guardia contro «le soluzioni facili», come per esempio gli eurobond, aggiungendo che l’unico modo per sconfiggere la crisi è quello di «aggredire i problemi alla radice». In questo quadro, è arrivato un forte apprezzamento per l’Italia, che «con Mario Monti ha intrapreso la strada verso solide finanze pubbliche, crescita, competitività».
«Il no vuol dire no», ha scritto la Süddeutsche Zeitung a proposito del nuovo fuoco di sbarramento contro titoli di stato comuni dei Paesi dell’eurozona. «Forzare i tassi politicamente con gli eurobond, dopo che questo non ha funzionato sui mercati, sarebbe la ripetizione di un errore del passato», ha spiegato la cancelliera. La strada giusta non è condividere il debito, ma dare un fondamento stabile all’Unione monetaria con misure più incisive e più ravvicinate sul federalismo fiscale, «ricorrendo anche alle necessarie modifiche dei Trattati».
Sempre ieri, il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble ha presentato il piano di bilancio 2013 che prevede una forte riduzione dell’indebitamento tedesco, nella prospettiva dell’azzeramento entro il 2016. I nuovi prestiti si ridurranno a 18,8 miliardi di euro contro i 32,1 miliardi del 2012. Nel corso della conferenza stampa in cui sono stati illustrati questi dati, Schäuble ha detto che la differenza con i tassi d’interesse dell’eurozona «è un segno della solidità della Germania». E di questo, ha aggiunto, «non ci si deve certo scusare».
Paolo Lepri

STEFANO MONTEFIORI SUL CORRIERE DELLA SERA
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI — L’Eliseo aveva promesso per le 19 e 15 una dichiarazione «veloce, molto spontanea» prima della cena di lavoro, e la cancelliera Angela Merkel e il presidente François Hollande sono stati all’altezza delle attese. Anzi, le hanno superate. Hollande ha accolto Merkel nel cortile dell’Eliseo e davanti alla stampa ha dichiarato «siamo entrambi coscienti delle misure necessarie per la stabilità finanziaria e vogliamo entrambi approfondire l’unione economica, monetaria e, un domani, politica». L’accenno, sia pure faticoso, all’unione politica è una novità assoluta nel lessico di Hollande, che da mesi chiede di affiancare la crescita al rigore ma si era finora rifiutato di parlare del federalismo caro alla Germania.
La cancelliera Merkel ha immediatamente ricambiato il favore annunciando che «abbiamo fatto dei progressi significativi quanto al patto sulla crescita, spero che potrà essere adottato domani». Il patto sulla crescita, presentato a Roma il 22 maggio scorso, è la condizione posta da Hollande perché la Francia ratifichi il fiscal compact approvato a marzo: su questo il leader socialista ha combattuto e vinto la sua battaglia per le presidenziali, non può rinunciarvi e Merkel ha dato prova di averlo capito.
Tutto il mondo guarda al vertice dei Ventisette oggi a Bruxelles: non si tratta di fondare in 24 ore gli Stati Uniti d’Europa né di mettere subito in comune la voragine del debito sovrano, ma almeno mostrare che l’asse franco-tedesco ha ripreso a funzionare, le soluzioni sono state individuate e — passo dopo passo — verranno tradotte nella realtà. Il passaggio a Parigi di Merkel proprio alla vigilia del Consiglio europeo di oggi era sembrato ripercorrere i tanti criticati passi dell’era Merkozy e del «direttorio franco-tedesco», ma ha mostrato invece la sua utilità. Nei giorni scorsi Merkel ha tuonato più volte contro gli eurobond (anche se ormai tutti vi hanno rinunciato, relegandoli a una prospettiva di lungo termine); e Hollande aveva insistito sul no all’integrazione politica (quando è evidente che una mutualizzazione sia pur progressiva del debito la renderà inevitabile).
Con la breve apparizione di ieri sera a Parigi, Merkel e Hollande hanno mostrato di volere deporre le armi sottolineando i punti di contatto più che di disaccordo, in modo da creare l’atmosfera propizia per il vertice di oggi.
Gli stretti collaboratori di Hollande hanno spiegato in via riservata, prima dell’arrivo della cancelliera, qual è ormai la prospettiva: approvare a Bruxelles il patto per la crescita in modo da affiancarlo al fiscal compact e dare così soddisfazione alla Francia, e procedere poi con il metodo dei piccoli passi. A ogni dose di solidarietà finanziaria in più corrisponderà, nei prossimi mesi, una pari iniezione di integrazione politica, come pretende Merkel. Project bond, eurobill, fondi strutturali, la possibilità per la Bce di finanziare direttamente le banche in crisi senza passare per gli Stati, saranno (forse) concessi dalla Germania in cambio di garanzie di controllo, quindi della progressiva cessione della sovranità nazionale a Bruxelles. Questo è il compromesso possibile.
Stefano Montefiori
@Stef_Montefiori

MARCO GALLUZZO SUL CORRIERE DI STAMATTINA
DAL NOSTRO INVIATO
BRUXELLES — È il primo pugno sul tavolo. O il primo colpo di avvertimento. Alla vigilia del Consiglio europeo Monti comincia a porre dei paletti: l’Italia si aspetta delle cose dal vertice e non dirà di sì ad altre, se non le otterrà. È l’inizio della fase finale del negoziato. La condizione è il meccanismo per «raffreddare» gli spread dei Paesi virtuosi: il premier punta a quello e senza non darà il via libera alla Tobin tax, la tassa sulle transazioni finanziarie sulla quale, pochi giorni fa, aveva detto di essere pronto a schierarsi con Francia, Germania e Spagna, lasciando fuori dallo schema la Gran Bretagna.
Per le sue convinzioni era un cambiamento: la Tobin tax, a giudizio di Monti, sarebbe meglio vararla con il consenso di tutti. Nel vertice di villa Madama, la settimana scorsa, la correzione di rotta: va bene anche la cooperazione rafforzata, ovvero basteranno 9 Paesi; ieri l’ulteriore sterzata: nessun via libera se una cooperazione rafforzata «non ci sarà anche per altri aspetti, come la politica finanziaria di gestione del mercato dei titoli sovrani».
Monti lo dice durante il discorso di accettazione del premio dell’Associazione dei contribuenti europei (dove scherza: «Più che ricevere una laudatio avrei dovuto fare un’excusatio»), lo conferma parlando con i cronisti. Ricorda di essere stato studente dell’economista Tobin, che ha dato il nome all’idea della tassa, e spiega la nuova posizione in questo modo: «Il governo precedente aveva una posizione negativa sulla tassa sulle transazioni finanziarie, noi siamo più aperti e non escludiamo una cooperazione rafforzata. Ma vogliamo una visione più equilibrata e più ampia. Se ci si deve muovere in questo senso, allora la nostra aspettativa e la nostra condizione è che ci dovrebbe essere una cooperazione rafforzata nella politica finanziaria, per esempio per porre rimedio ai fallimenti del mercato sul debito sovrano».
«L’Italia — prosegue Monti — ha fatto un passo importante dichiarando di non esser più ostile alla tassa, di fronte alla richiesta di procedere ad una cooperazione rafforzata, cioè non a 27, ma per esempio per la zona euro, potrebbe prendere in considerazione questa richiesta, ma aderirebbe solo se anche per altri aspetti» ci sarà la stessa volontà.
Tecnicamente non è un veto, ma è qualcosa che complica di molto l’adozione di un’iniziativa che sta a cuore sia a Parigi che a Berlino. Sfilare l’Italia dal progetto significa indebolirlo, ridurne in modo ulteriore i contorni di applicazione. È insomma la prima di una serie di condizioni che da oggi Monti potrebbe portare al tavolo del vertice, dal quale vuole uscire, «anche lavorando sino a domenica sera», ha detto due giorni fa, con un meccanismo di stabilizzazione degli spread sui titoli di Stato.
Le caute aperture di Berlino sul tema, filtrate a Parigi due sere fa, ieri sono state raffreddate dalla Commissione, così come da alcuni Stati solitamente affiancati a Berlino. Il primo ministro finlandese, Jyrki Katainen, durante un incontro con Mario Mauro, capogruppo pdl al Parlamento europeo, è stato molto netto: «Se proviamo a mettere in pratica la proposta di Monti rimaniamo senza soldi entro la fine dell’anno». Il riferimento è all’uso di uno dei Fondi salva Stati per calmierare lo spread dei Paesi in difficoltà. Quel risultato che Monti vuole per lunedì mattina. Ieri Jean-Claude Juncker, premier del Lussemburgo, ha definito Monti «un combattente». Dopo aver ritirato il premio, lo stesso Monti, ad una domanda su mercati e Germania, entrambi da convincere, ha risposto così: «Sono due sfide molto impegnative, ma tutti in Europa danno il loro meglio quando sono in una sfida». La speranza è che proprio la Germania «prosegua nella sua visione, quella di uno Stato decisivo nella costruzione del modello europeo». Lo dice «il premier di mentalità più tedesca che l’Italia abbia mai avuto».
Marco Galluzzo
mgalluzzo@rcs.it

GIU.FER. SUL CORRIERE DI STAMATTINA
MILANO — Alla vigilia dell’atteso vertice europeo, che si apre oggi a Bruxelles, tornano a correre le Borse europee, spinte dai titoli bancari e dal via libera a un piano di aiuti per Cipro. Ma oggi è un test chiave anche per il Tesoro italiano, che concluderà la tornata delle aste di fine mese offrendo Btp a 5 e 10 anni per 5,5 miliardi totali. Ieri con una domanda pari a 1,6 volte l’offerta sono stati collocati interamente 9 miliardi di Bot semestrali, ma il rendimento è volato quasi al 3%, passando al 2,96% dal 2,104% di maggio, ai massimi dallo scorso dicembre.
L’Italia continua a pagare a caro prezzo le tensioni sui mercati, come si è visto anche nel collocamento dei Ctz di martedì. E il copione potrebbe ripetersi anche durante l’asta dei Btp, dopo che ieri lo spread tra i titoli decennali e gli analoghi Bund tedeschi è salito fino a 471 punti, con un tasso del 6,22%, salvo ripiegare a quota 463 in serata. E’ stata una giornata negativa anche per i Bonos spagnoli, con un differenziale volato fino a 540 punti e un rendimento del 6,93%, che ha spinto il premier Mariano Rajoy a lanciare l’allarme sulle capacita di Madrid di finanziarsi sul lungo periodo. E anche l’agenzia di rating Fitch ha ammonito che proprio la crisi della Spagna, per la rilevanza dell’economia iberica, e il potenziale del contagio dell’Italia, rende il rischio a livello sistemico più rilevante rispetto alla Grecia. La crisi dell’eurozona inoltre continua a pesare sull’andamento dell’economia globale che nel 2012 dovrebbe crescere al ritmo del 2,2% contro il 2,7% del 2011 per poi riprendere gradualmente velocità nel 2013 e nel 2014.
Soltanto le Borse, dopo due sedute in ribasso, sono ripartite. A dare ossigeno ai listini è stata la riunione straordinaria dell’Eurogruppo tra i ministri delle Finanze, in teleconferenza, che ha confermato la richiesta di aiuti della Spagna per la ricapitalizzazione delle sue banche, e ha recepito la richiesta di salvataggio vera e propria avanzata da Cipro, con il coinvolgimento della troika e del Fmi.
Ma è bastato. Piazza Affari (+2,58%) ha messo a segno il maggior rialzo in Europa, seguita da Madrid (+2,12%). Ma hanno chiuso con il segno più anche Parigi (1,67%), Francoforte (+1,5%) e Londra (+1,41%). Anche Oltreoceano, i mercati hanno chiuso un’altra seduta positiva: il Dow Jones ha terminato le contrattazioni in crescita dello 0,74%, un progresso identico a quello registrato dal Nasdaq.
Probabilmente è soltanto una tregua apparente, in un periodo di estrema volatilità. In attesa di buone notizie dal vertice Ue ieri il capoeconomista della Banca centrale europea, Peter Prät, ha lasciato intendere che l’Eurotower potrebbe tagliare i tassi di interesse sotto l’1% nella riunione della Bce del 5 luglio. «Non c’è alcuna dottrina per cui i tassi di riferimento non possano scendere sotto l’1%», ha detto Prät in un’intervista al Financial Times Deutschland.
Giu. Fer.
@16febbraio

ANDREA NICASTRO SUL CORRIERE DI STAMANE
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
MADRID — È finito il tempo per l’orgoglio, per le cortine fumogene a protezione del buon nome del Paese, per le sottigliezze lessicali. Sarà un salvataggio? Sarà un prestito? Non importa più. Importante è che i 100 miliardi concessi a parole dall’Europa arrivino davvero. Madrid ha bisogno di soldi, tanti e subito. Entro luglio almeno quaranta miliardi per le quattro banche già nazionalizzate. Soldi che nelle casse statali non ci sono.
Gli sherpa economici stanno setacciando i regolamenti comunitari in modo da far spuntare quei miliardi con qualche meccanismo provvisorio in attesa del maxi prestito vero e proprio. La Commissione europea è disposta ad aspettare. Quali artifici si useranno è tutto da definire, ma è interesse di tutti che le banche spagnole non crollino in attesa del prestito. La verità, comunque, è che Madrid non è in grado di sostenere il suo sistema finanziario. Non ce la può fare senza stampare moneta da sola. Non ce la può fare dal momento che, ieri, ha dovuto promettere un interesse del 6,8% ai compratori dei suoi Bonos a 10 anni. Scrivere nella prossima Finanziaria un aumento del deficit di 40 miliardi pagato con il 6,8% di interessi, significa fallire.
«La questione più urgente — ha affermato ieri il premier Mariano Rajoy — è il finanziamento. Non possiamo continuare a chiedere prestiti al mercato molto a lungo con questi prezzi; ci sono molte istituzioni ed enti finanziari — Comuni, Province, Regioni, banche, casse di risparmio, autostrade, consorzi, municipalizzate, ndr — che non hanno accesso ai mercati».
Sul tavolo del vertice europeo di oggi e domani, in cambio di soldi, la Spagna è pronta a mettere l’aumento dell’Iva, dell’elettricità, delle imposte sulla casa e misure di austerità ancora più draconiane. Intanto si è presa la porta in faccia del rifiuto dell’Eurogruppo di finanziare direttamente le banche invece di passare dal debito statale. Sarà la Spagna e quindi i suoi cittadini-contribuenti a garantire il prestito miliardario. Un boccone amarissimo per Rajoy.
Eppure non è più tempo da schizzinosi quando l’economia nazionale, avverte Banca di Spagna, si è contratta nel secondo trimestre ancora più dello 0,3% di fine marzo. Il dato verrà divulgato a luglio, ma i musi lunghi fanno trapelare la paura. In recessione arrivano meno tasse, più deficit, più interessi, più tagli e ancora più recessione.
Il report di Banco de España parla di calo di consumi, vendite di auto, produzione industriale, esportazioni a «un ritmo più intenso» dei mesi precedenti. La disoccupazione resta realtà per uno spagnolo su quattro, il 24,4%. L’obbiettivo dichiarato di deficit per il 2012 è del 3,5%. Ad oggi è già arrivato al 3,41. Numeri che parlano da soli.
Sul suo conto Twitter, il premier Rajoy ammette che molti messaggi sono curati dallo staff. Ieri, però, un tweet sembrava essere davvero farina del suo sacco. Un sacco al limite della disperazione: «Potersi finanziare sui mercati è essenziale. Le decisioni del Consiglio europeo devono essere rapide e incisive».
Mentre l’Italia punta sugli eurobond per condividere il debito e trovare risorse per la crescita, la Spagna ha l’impellente problema delle banche. Ieri ha inviato finalmente la richiesta formale di aiuto. Dopo tanto tergiversare è stata l’ammissione di una sconfitta. Per giorni prima e dopo la concessione, in linea di principio, dei 100 miliardi, Rajoy ha tentato di evitare che la ciambella gettata al sistema finanziario, finisse per annegare contribuenti e conti pubblici. Da qui la disputa sul fatto che si trattasse oppure no di un «rescate», salvataggio all’irlandese con tanto di «uomini in nero» a controllare i conti spagnoli. L’Eurogruppo ha detto chiaro che sarà lo Stato a garantire. E che Madrid sarà sottoposta a controllo dei conti da parte del Fondo monetario internazionale. Ma il premier spera ancora: «Continuerò a cercare di ottenere una ricapitalizzazione diretta delle banche».
La strategia diplomatica spagnola oscilla da mesi. A volte prevale la vicinanza ideologica con il rigorismo della cancelliera Merkel, altre l’interesse immediato di un fronte per la crescita con Parigi e Roma. Madrid è disposta a cedere sovranità come vuole Berlino a favore di un’unione finanziaria europea che forse potrà diventare anche fiscale. Parigi parla di semplice coordinamento. Un pendolo che entro venerdì dovrà pur fermarsi su qualche decisione.
Andrea Nicastro
anicastro@corriere.it

SOLE24ORE.IT - LE BORSE E GLI SPREAD


Le borse europee archiviano una giornata contrastata, nel giorno del cruciale Consiglio europeo che inizia oggi e si concluderà domani a Bruxelles: i due giorni più lunghi dell’euro, con la Germania poco incline a coordinarsi con gli altri Stati. Perdite si registrano sulle piazze di Francoforte (-1,27%), Londra (-0,56%) e Parigi (-0,37%). Trend positivo, invece, per Milano (+0,67%) e Madrid, che chiude con un guadagno dello 0,82% (indici finanziari).
Focus Piazza Affari
A Piazza Affari il FTSE MIB è arrivato a cedere quasi l’1%, per poi recuperare in terreno positivo sul finale. In mattinata c’era già stata una breve parentesi al rialzo durante la quale aveva azzerato il calo, grazie all’esito dell’’asta di BTp: questa mattina il tesoro ha collocato quasi la totalità (5,4 miliardi) dell’ammontare massimo da 5,5 miliardi di euro di titoli a cinque e dieci anni. Sul fronte azionario perdono i bancari, con l’eccezione di Unicredit: le quotazioni confermano così il trend rialzista avviato ieri, quando avevano guadagnato il 4,67% sulla scia dei movimenti nell’azionariato, dopo il rafforzamento del fondo Pamplona al 5,01% del capitale.
andamento titoli
FTSE MIB 0.67%Unicredit 3.82% Vedi tutti »
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Borse positive: Milano maglia rosa (+2,58%) grazie ai bancari. Bene Wall Street
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Focus Wall Street
Forti vendite anche a Wall Street. Negativo fin dall’apertura, l’indice Dow Jones arriva a perdere fino a quasi l’1%. Stesso trend per gli indici Nasdaq e S&P 500.
Focus Spread
Restano sotto pressione i titoli di Stato di Italia e Spagna, dopo un’asta di Btp dai risultati in chiaroscuro. Lo spread Btb/Bund sale e chiude la giornata a 468 punti, con un rendimento del 6,19%. In rialzo anche il differenziale Bonos/Bund, che raggiunge la quota dei 538 punti: i titoli spagnoli a 10 anni rendono il 6,90%.
Focus euro
Sul mercato dei cambi, euro in lieve calo contro il dollaro, a quota 1,2431. Ieri la moneta unica aveva chiuso a 1,2467 dollari.
Borsa di Tokyo in rialzo
Chiusura col segno più per la Borsa di Tokyo, che ha guadagnato l’1,65% tornando a salire sui livelli di metà maggio. Il Nikkei ha chiuso a 8.874,11 punti, in linea ai 8.876,6 punti del 17 maggio. Il Topix ha segnato +1,79% a 758,81 punti. Gli indici, in attesa del vertice cruciale dell’Unione europea che inizierà oggi, sono stati trainati dai dati positivi sul settore immobiliare arrivati dagli Stati Uniti, con i compromessi per l’acquisto di nuove case saliti al record da due anni.
Le vendite al dettaglio in Giappone hanno mostrato un incremento del 3,6% annuo, salendo senza interruzione da dicembre dopo lo scivolone conseguente al terremoto del marzo 2011. È quanto ha annunciato il ministero dell’economia. A maggio le vendite sono state trainate dai veicoli motorizzati (+47,3%), che hanno beneficiato soprattutto degli incentivi del governo per i veicoli commerciali a basso consumo di energia, dai prodotti cosmetici (+3,2%), carburante (+2,2%) e abbigliamento (+1,3%). In calo i prodotti elettrodomestici e elettronici (-24,1%).