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 2012  giugno 28 Giovedì calendario

IPHONE

Quando si mise in fila davanti al cubo di vetro dell’Apple Store sulla Fifth Avenue, alle 5 del mattino di lunedì 25 giugno 2007, Greg Packer, 44enne di Huntington, New York, pensava di essersi guadagnato il posto per entrare nell’ennesimo articolo di cronaca — lui sempre il primo a mettersi in coda per i concerti più attesi e i match più affollati: e invece stava entrando nella storia. Alle 6 del pomeriggio di venerdì 29 giugno, quando finalmente fu messo in vendita, dopo più di 100 ore di fila Greg diventò il possessore numero uno del telefonino che ci avrebbe cambiato la vita: l’iPhone.
Cinque anni dopo — e 217 milioni di apparecchi venduti — è un altro mondo. Barack Obama, l’uomo che nel 2007 sognava la Casa Bianca e per tutti era il politico più tecnologizzato del pianeta, oggi sembra un simpatico nostalgico quando giura fedeltà al vecchio BlackBerry, il gigante che s’è scoperto dai piedi d’argilla e adesso lotta per non finire in bancarotta: come la Kodak, la mitica compagnia fotografica, uccisa proprio dalla fotocamera dell’iPhone. Apple, intanto, ha moltiplicato in 108 i 24 miliardi di guadagni del 2007, soffiando al gigante del petrolio Exxon Mobil il titolo di compagnia
più valutata: 550 miliardi di dollari. Mentre quella Nokia che controllava il mercato mondiale ora viene etichettata da Moody’s “spazzatura”: e i suoi 2 dollari a titolo e passa sono meno che spiccioli di fronte ai 582 dollari di un’azione della Mela. E pensare che gli inizi furono tutt’altro che incoraggianti. “Steve Jobs e la Apple si rifiutano di confermare i piani. Ma analisti del settore hanno raccolto le prove che la Apple sta pensando di produrre quello che all’interno della compagnia si è già cominciato a chiamare un ‘iPhone’”. E’ la prima volta che la parolina magica campeggia sul New York Times, mancano altri 5 anni al debutto e il 19 agosto del 2002 John Markoff, l’esperto hitech, la vede nerissima. “Ci sono segnali che Mister Jobs si stia avvicinando a un precipizio come quello che 7anni fa portò alla caduta dell’allora capo della Apple, John Sculley”. Cioè Il lancio di
Newton, l’antenato dell’iPad e di tutti i tablet: il flop che rischiò di schiacchiare per sempre la Mela.
Poi dici il senno di poi: in questi 5 anni Apple ha venduto più telefonini che computer nella sua storia. Ma perfino quando era ormai nelle mani del nostro Greg — di altri due milioni di persone in soli 3 mesi — il telefono che avrebbe cambiato tutto continuò a essere visto con diffidenza. Per carità. Time gli dedicò la copertina con il titolo di “Invenzione dell’anno”: ma con quanta fatica. “È duro da scriverci sopra. È troppo lento. È troppo grande. Non ha il messaging. È troppo caro. Ma alla fine dei conti l’iPhone della Apple resta pur sempre la migliore invenzione di quest’anno...”. Già. Neppure gli espertoni di Time potevano immaginare di stare incoronando non l’invenzione dell’anno: ma del secolo. Anche perché neppure loro sapevano come chiamare quell’invenzione nell’invenzione: “Avete dato un occhio a quegli spazietti neri sulla scrivania dell’iPhone? Presto verranno riempiti da tante piccole, graziose, utilissime icone”. Che quasi nessuno allora chiamava col nome che tre stagioni dopo l’American Dialect Society avrebbe eletto parola dell’anno: “Applicazione”. O per tutti, semplicemente, “app”.
Oggi sono più di 650mila le app della Apple: un business che ha fatto guadagnare a oscuri sviluppatori 5 miliardi di dollari. Ed è con le app che l’iPhone è diventato il contenitore del nostro mondo. Una app contiene i 3 chili e 200 grammi dell’American Heritage Dictionary con prefazione di Steven Pinker. Una app permette di trasformare il telefonino nel telecomando di casa. Una app ci fa misurare la pressione e adesso anche la depressione. “Malgrado cambiamenti
così piccoli nell’aspetto, l’iPhone continua a trasformarsi proprio grazie all’App Store” spiega a Repubblica Adam Lashinsky, firma di “Fortune” e autore di “I segreti di Apple”. “È l’App Store che rende l’iPhone sempre nuovo. Cambiando continuamente l’esperienza che abbiamo del telefonino: senza che cambi il telefonino”. Per non parlare di una trasformazione ancora più profonda: “Touch“, il telefono che si anima al tocco. “Abbiamo scoperto che avere una tastiera fisica era meno
importante di quello che pensavamo. Abbiamo scoperto che è possibile navigare l’intero web da un telefono. Così ormai siamo vicinissimi all’ultimo traguardo: il computer da tasca. E tutto questo è stato innescato dall’iPhone: 5 anni fa”.
Potenza dei potenti mezzi. Del resto nel 2016 — dice uno studio di Cisco Systems — nel mondo ci saranno più telefonini che persone. Un mondo di iPhone? Questo no: però un mondo a sua immagine e somiglianza sì. I telefonini Android hanno già sorpassato quelli
Apple — 50,1 contro 30,2 per cento negli Usa — anche se l’iPhone resta il singolo telefonino più venduto. Ma non è un caso che Apple accusa Google, sviluppatrice di Android, di averle copiato tutto: dal touch alle app.
Cinque anni dopo l’iPhone è diventato perfino una malattia. Una ricerca del Baystate Medical Center di Springfield, Massachusettes, dice che il 76 per cento di noi soffre di “vibrazione fantasma”: è la sindrome da beep, il messaggino o la posta in arrivo che immaginiamo
anche quando non c’è. Uno psicologo, Larry Rosen, ha scritto un libro, “iDisorder”, spiegando come l’“ossessione per la tecnologia” stia già prendendo il sopravvento. E uno psichiatra, Gary Small, ha scritto “iBrain” per aiutarci a “sopravvivere all’alterazione tecnologica della mente moderna”: iPoveri noi?
Il buon Greg se ne frega. E ripensa con orgoglio a quel 29 giugno 2007 in cui — primo al mondo — mise le mani sull’apparecchio. “Certo che ce l’ho ancora” urla proprio dal telefonino. “È il mio trofeo più bello. Adesso però uso l’iPhone 4... E quand’ha detto che esce il 5?”. Gli apple-scommettitori giurano quest’autunno. Forse anche prima: ci sarà? “E sì che ci sarò”. Buona fortuna: cinque anni dopo, l’unica app che non hanno ancora inventato è proprio quella per non fare la fila.