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 2012  giugno 28 Giovedì calendario

VISSANI FA INFURIARE MATERA ELOGIANDO IL PANE DI ALTAMURA


Ma che diavolo ha detto, ai materani, per farli imbestialire così? La vociaccia da «gatto morto» (definizione sua, tabagista da quaranta bionde al giorno) s’impenna furibonda: «Ancora ’sta faccenda del paneee? Ma basta!». Respiro profondo, come a ingollare un boccone scotto di pennette al tè nero: «In questo Paese stiamo andando fuori dal vaso, signore mio, scusi se mi permetto!», sbuffa infine Gianfranco Vissani.
Il povero Renzo Tramaglino ci si stava inzaccherando il lieto fine, in fondo, tra forni e farina. E una battuta (pare mai pronunciata) su pane e brioche ha inflitto a Maria Antonietta un marchio d’infamia resistente all’ingiallirsi delle pagine di storia. Figurarsi cosa può succedere a quest’omaccione umbro talentuoso ma veracissimo, che s’è guadagnato stelle e bicchieri nelle guide gastronomiche del pianeta, ha imparato i trucchi dell’autopromozione tv assieme ai segreti del soufflé con zuppa inglese, è diventato lo chef che i potenti esibivano per mostrare quanto potenti fossero, e tuttavia non ha raccolto nemmeno una briciola di prudenza politica pur avendo rimpinzato D’Alema e Fini, Clinton e Blair...
Uno dei suoi molti agiografi gli chiese un giorno: quale superpotere vorrebbe avere e come lo userebbe? Lui rispose pio: «Vorrei portare la pace nel mondo...». Beh, sceso a Matera per una sagra dove si doveva recitare il panegirico del locale pane Igp (a indicazione geografica protetta), ha finito per cospargere il peperoncino della rivalità tra Lucania e Puglia; s’è messo a decantare le doti del pane Dop (con denominazione d’origine protetta) d’Altamura, che sta al primo come una maglia dell’Inter sta a una casacca del Milan: cugini al cianuro, parenti serpenti. Tanto per aggiungere due gocce di condimento, dicono abbia «contestato la dieta mediterranea», che sarebbe come intonare l’invocazione del muezzin nella basilica di San Pietro. Apriti cielo.
In questa Italia accaldata e stressata, dove tutto è grave ma nulla è serio, ci s’è infilata in mezzo anche la politica: «Se anziché mettersi a fare la rockstar Vissani avesse fatto il cuoco, avrebbe evitato a tutti noi l’imbarazzo di doverlo ascoltare», ha decretato pensoso il consigliere regionale democratico Giuseppe Dalessandro, con buona dose d’ingratitudine, dato che per il Pd e i suoi antenati lo chef di Baschi ha spadellato e scolato, dorato e saltato in padella la piccola cronaca di molte cene che hanno forse insaporito una vicenda maggiore, con zelo quasi sempre benedetto da Massimo D’Alema: «Il mio più grande amico, a Palazzo Chigi riconosceva i miei spaghetti dall’odore».
Ma si sa, la vita del grande cuoco può essere agra. Apicio, che inventò la gastronomia nella Roma imperiale, stava sulle scatole nientemeno che a Seneca e ai filosofi della moderazione. Siccome la storia, quando si ripete, lo fa in forma di farsa, il buon Vissani deve accontentarsi degli anatemi di Dalessandro che, sostenuto dal presidente della Camera di commercio materana e da quello del Consorzio pane Matera, lo accusa addirittura di avere «umiliato il territorio lucano» e lamenta maligno di non essere riuscito a sapere quanto abbia preso di cachet per la serata finale del premio Olivarum, secondo i cronisti locali teatro dell’«incidente diplomatico». «Quanto ho preso? Chiedetelo a chi mi ha pagato, signore mio», ci dribbla l’Apicio di Baschi, che in vent’anni di televisione ha imparato a tenere la scena e a scansare le domande fastidiose. L’uomo che definì il Pd «una pancia di vitello con mela, zenzero e soia, tanti ingredienti...» e che, ingaggiato più di recente da Fini per la nascita del suo Fli ne descrisse il neonato partito come «un soufflé di mozzarella al profumo di fava di tonka», ci consegna infine la sua versione dello psicodramma materano: «Scherzavo». Suvvia, maestro... «Era una battuta, giuro, con gli altri cuochi. Ho detto: "Ma che, avete scopiazzato Altamura?". Anzi, non scriva scopiazzato! Io so quanto è buono il pane di Matera, mi piace, l’ho portato in tv vent’anni fa. Bravi, loro, che fanno così. Sappiamo che il pane materano non è quello di Altamura». E la dieta mediterranea? «Macché, quella non esiste!». Ohibò. «Già. Esistono solo i prodotti mediterranei». Chissà quanti se la prenderanno a morte... «Senta, ma non le pare che questo Paese sia impazzito?». In effetti. «E dai! Tutti pigliano tutto come una tragedia». Verissimo. Però perfino tra loro, maestri dei fornelli, s’è intrufolata da tempo la malerba della seriosità irrorata dal tossico dell’ideologia. Berlusconi lanciò il cuoco Michele, e Fini, prima di accaparrarsi Vissani, issò la bandiera di Antonello Colonna, destra gastronomica. L’acqua di Fiuggi aveva scolorito da poco in An il nero del Msi, quando Colonna spiegò di governare «una repubblica ai fornelli». E rivelò velenoso: «Invece Vissani in cucina è decisamente fascista». Nessuno lo disse a D’Alema. E forse la crisi di identità della sinistra cominciò anche così.
Goffredo Buccini
@GoffredoB