STEFANO LEPRI, La Stampa 28/6/2012, 28 giugno 2012
LE BANCHE TEDESCHE NON SONO TITOLATE A DAR LEZIONI DI RIGORE
Dire no agli eurobond viene istintivo per i tedeschi: chi mai accetterebbe di aprire un conto in banca a due firme con un parente di cui non si fida? Nelle ore che precedono il vertice europeo, questo rifiuto viene usato per celare anche qualcos’altro. La lobby delle banche tedesche ne approfitta nel tentativo di condizionare le decisioni dei capi di governo sull’unione bancaria.
«Oggetto della brama» era il titolo di prima pagina ieri del quotidiano economico Handelsblatt . Allude al film di 35 anni fa, carico di erotismo e di mistero, del regista spagnolo Luís Buñuel, in Italia «Quell’oscuro oggetto del desiderio». Stavolta, invece delle due attrici Carole Bouquet e Ángela Molina, l’oggetto sono i risparmi dei tedeschi, e a bramarli sarebbero gli europei del Sud.
In due pagine si spara a zero contro la proposta van Rompuy-Barroso-Juncker-Draghi di arrivare nell’area euro a un fondo comune di tutela dei depositi bancari. Questi fondi, già esistenti in tutti i Paesi, servono a risarcire i risparmiatori fino a 100.000 euro nel caso la loro banca risulti insolvente. Non vengono usati quasi mai (in Italia negli ultimi anni solo tre interventi minori, Banca Valle d’Itria, Ber, Banca Mb); ma sapere che ci sono evita corse agli sportelli in caso di panico.
Un fondo comune nell’area servirebbe a prevenire la fuga di depositi bancari da un intero Paese. La paura si produce - come in Grecia quando uno Stato indebitato appare troppo debole per sorreggere le banche nazionali. Sapendo che c’è un Fondo europeo unico a tutelarli, i depositanti non sposterebbero i soldi in Germania o altrove; le banche del Paese resterebbero in piedi.
Il timore dichiarato in Germania è che le risorse del fondo tedesco, più grandi di quelle degli altri Paesi, vadano a sanare insolvenze di banche mal gestite in Stati spendaccioni. Ha poco senso, perché il piano del quartetto prevede che gli interventi siano decisi da un organo sovranazionale, di vigilanza sulle banche. La vera ragione, infatti, è un’altra.
Berlino preferisce sottoporre a vigilanza comune europea solo le banche più grandi, non quelle locali; strano, perché in Spagna sono state proprio le locali a combinare i guai più grossi (in entrambi i Paesi, sono contigue al potere politico). Inoltre vorrebbe che l’organo di vigilanza fosse separato dalla Bce, mentre si è visto che gli enti a parte - come la Fsa britannica e il Bafin tedesco - sono più influenzabili dalla lobby bancaria. Non a caso Londra ha accorpato la Fsa nella Banca d’Inghilterra.
Le banche tedesche prima della crisi sono state tra le più spericolate d’Europa. Fino all’estate scorsa, anche sulla loro solidità correvano dubbi. Poi l’aggravarsi della crisi dell’euro le ha aiutate: dai Paesi deboli dell’area i capitali si spostano nei Paesi forti. Secondo calcoli della Bri, nel primo trimestre 2012 circa 400 miliardi di euro di depositi esteri sono usciti da Irlanda, Portogallo, Spagna, Italia; i depositi nelle banche tedesche e olandesi si sono accresciuti di circa 180. Alle banche tedesche fa bene che la crisi si prolunghi.