Alessandro Alviani, La Stampa 28/6/2012, 28 giugno 2012
Herr Müller, si rilassi», gli ha consigliato venerdì Mario Monti in un’intervista a «La Stampa» e ad altri quotidiani europei, tra cui la tedesca Süddeutsche Zeitung
Herr Müller, si rilassi», gli ha consigliato venerdì Mario Monti in un’intervista a «La Stampa» e ad altri quotidiani europei, tra cui la tedesca Süddeutsche Zeitung. Herr Müller si rigira tra le mani il testo della Süddeutsche, legge ad alta voce il titolo «Lieber Herr Müller, entspannen Sie sich», «Caro Herr Müller, si rilassi» - e non ci pensa su due volte: «Ich bin entspannt» - «Io sono rilassato». Birkenstein, zona residenziale al confine tra Berlino e il Brandeburgo, sul fianco Est della capitale. Frank Müller, uno dei 700.000 tedeschi con quel cognome che qui suona come Rossi da noi, se ne sta seduto nel suo Schrebergarten, l’orto urbano in cui i cittadini federali si rifugiano specie nel fine settimana per staccare dal caos della grande città. Un’istituzione tipicamente tedesca (in quest’area il lotto di Herr Müller, grande quasi 400 metri quadrati, è solo uno di 800 appezzamenti simili), un idillio piccolo-borghese rigorosamente recintato e molto ambito: le liste d’attesa sono spesso lunghe e per ottenere il proprio lotto bisogna aspettare anche anni. Molti meno, però, di quelli che servivano nella Ddr per vedersi consegnare una Trabant. O una Wartburg, la «sorella» della Trabi: Frank Müller, che è nato e cresciuto nella defunta Germania Est, presentò domanda per una Wartburg nel 1978. Non l’ha mai vista: undici anni dopo cadde il Muro. E la sua Wartburg non era ancora pronta. Più rilassato di così... «Al momento i problemi non ci riguardano più di tanto: i miei due figli sono grandi e lavorano, anch’io ho un lavoro. Ma è chiaro che qualche preoccupazione ce l’ho, le cose possono cambiare rapidamente», confessa questo cinquantaduenne alto due metri, che s’è alzato alle 4 per fare il turno 6-14. La sua azienda, un gruppo tedesco che rappresenta uno degli «hidden champions» su cui si basa la forza della Germania, inizia a notare un ristagno degli ordinativi. E a tutto si aggiunge l’Euro-Krise. Herr Müller non si fida molto di Angela Merkel. Né nella sua veste di tifosa in tribuna «fa campagna elettorale» - né in quella di cancelliera. «Non credo che la crisi, così come viene affrontata ora, potrà essere risolta. I tedeschi dovrebbero comportarsi in modo più corretto con gli altri: se si crea un’unione bisogna essere pronti a condividere. E questa è una cosa che molti in Germania non riescono a fare. I tedeschi sono egoisti», spiega, mentre per un momento la calma che regna tutt’intorno viene interrotta dal rombo di un aereo che se ne va ad atterrare nell’angolo opposto di Berlino, a Tegel. Frau Müller, intanto, raccoglie una varietà di piselli, piantati accanto a patate, cipolle e cavoli rapa. Lo Schrebergarten è sì relax, ma anche lavoro. Per Frank Müller, che ha avuto tra le mani il D-Mark solo per pochi anni, tornare al marco non è una soluzione. «Ci isoleremmo totalmente». Sono i tedeschi dei Länder occidentali, chiarisce, e soprattutto i più anziani, a preoccuparsi troppo. E ad essere molto meno aperti e cosmopoliti di lui, che ha visto la Grecia, ma non ancora l’Italia, ed è già stato in Siberia. Come turista, beninteso. Non a caso se Herr Müller incontrasse il premier per strada avrebbe anche lui qualcosa da dirgli: «Herr Monti, quando parla dei tedeschi non dovrebbe fare di tutta l’erba un fascio, ci sono molti che sono ben consapevoli di quanto succede e sono interessati all’Europa». Certo che gli altri Paesi «devono fare le riforme strutturali. Ma se si vuole l’Europa bisogna essere pronti ad aiutare, perché Grecia, Spagna o Italia non hanno la stessa forza economica della Germania, non si può punirle per questo», nota. Parole che potrebbero essere pronunciate da Monti, non dal tedescomedio che il premier aveva in mente. Sarà forse perché il montatore di valvole per freni Frank Müller non legge la Bild. «Troppo unilaterale, troppo esagerata, troppo populista». Lui preferisce la Berliner Kurier, un tabloid che martedì titolava, sulla foto gigante di una pizza: «Buon appetito, Jogi» (in italiano). «Stavolta divoreremo gli italiani». Su questo Herr Müller non ha dubbi. Mentalmente è già in finale. «Quella sera avrò il turno di notte. O registro la partita, o attacco più tardi, o la guardo in azienda: il mio datore ha installato un proiettore nella sala conferenze, si può vederla lì. Timbrando prima il cartellino per la pausa». E la semifinale di stasera? «Sarà difficile, ma sono ottimista, vinceremo noi 2-1. Una squadra così forte non l’avevamo da tempo».