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 2012  giugno 28 Giovedì calendario

Caro Romano, nella risposta pubblicata sabato ha scritto che il numero dei cristiani a Gerusalemme (come in altre città arabe da lei indicate) sta rapidamente diminuendo

Caro Romano, nella risposta pubblicata sabato ha scritto che il numero dei cristiani a Gerusalemme (come in altre città arabe da lei indicate) sta rapidamente diminuendo. Questo varrebbe, in realtà, solo se si guardassero le cifre percentuali, ma non certo se si guardano i numeri assoluti, che, al contrario, a Gerusalemme indicano un numero di cristiani in crescita (unico luogo tra le terre del Medio Oriente). Lo riconobbe lo stesso padre Pizzaballa in occasione di un incontro di circa un anno e mezzo fa. Emanuel Segre Amar segreamar@gmail.com Caro Segre Amar, G li studi demografici sulla Palestina sono complicati dalla mancanza di dati unitari e omogenei. Esistono lo Stato d’Israele e i territori occupati. Esistono la città vecchia di Gerusalemme e la grande Gerusalemme israeliana al di fuori delle mura. Esistono gli arabi cristiani, il clero, le suore, i volontari e i dipendenti delle organizzazioni cristiane, gli immigrati provenienti da Paesi cristiani (i romeni ad esempio) e i parenti cristiani degli ebrei di origine russo-sovietica (circa 900 mila) giunti in Israele dopo il crollo dell’Urss. Abbiamo alcune statistiche storiche, come l’indagine anglo-americana del 1945-46, i dati dell’Ufficio centrale di statistica dello Stato israeliano, quelli dell’Ufficio centrale di statistica palestinese e le stime delle grandi istituzioni ecclesiali. I dati che maggiormente ci interessano in questo caso sono quelli che concernono gli arabi cristiani, vale a dire quella parte della popolazione indigena che ha conservato la sua fede o si è convertita al cristianesimo soprattutto negli ultimi due secoli. Per lei e per i lettori proverò a mettere un po’ d’ordine in questa congerie di cifre. Secondo l’indagine anglo-americana, i cristiani, nel 1945, erano 145.060 e rappresentavano il 9% dell’intera popolazione della Palestina amministrata dalla Gran Bretagna con un mandato della Società delle Nazioni. Nel 1949, dopo la costituzione dello Stato d’Israele e la prima guerra arabo-israeliana, i cristiani residenti nello Stato ebraico erano 34 mila e rappresentavano il 2,9% della sua popolazione. Sessant’anni dopo erano 151.700, fra cui gli arabi erano 120.700: una cifra, quest’ultima, che comprendeva gli 11.500 cristiani di Gerusalemme est. Se calcoliamo i 50 mila arabi cristiani che vivono nei territori amministrati dall’Autorità nazionale palestinese, i cristiani indigeni della grande area corrispondente alla Palestina del mandato britannico sarebbero ora circa 160 mila, con una aumento di 15 mila unità rispetto alla popolazione arabo-cristiana del 1945. Attenzione, tuttavia: se fossero cresciuti ogni anno del 2% (il tasso di accrescimento medio della popolazione palestinese) sarebbero oggi più di mezzo milione. Una considerevole percentuale della popolazione cristiana se n’è andata: le intifade, i blocchi stradali, le barriere, gli insediamenti ebraici, le restrizioni imposte al movimento delle persone hanno progressivamente impoverito la presenza del cristianesimo arabo nella regione. Il fenomeno è particolarmente evidente a Betlemme, ormai un sobborgo di Gerusalemme. Qui, nel 1946, i cristiani erano 6.940 e rappresentavano il 71% della popolazione; oggi sono 7 mila e rappresentano il 18%. La crescita demografica è stata quasi interamente assorbita dall’emigrazione. Si calcola che Betlemme perda ogni anno circa 20/30 famiglie. La situazione à forse lievemente migliore a Gerusalemme est dove gli arabi cristiani sono circa 11.500. Ma di questo passo sono destinati a essere i reperti di un museo, gli abitanti di una riserva religiosa chiamata a recitare la parte del popolo cristiano in una sorta di studio televisivo che diventa particolarmente affollato durante le grandi liturgie cristiane dell’anno. Il titolo della mia precedente risposta era: «Cristiani nel mondo arabo tra la resistenza e la fuga». Da molti Paesi si fugge. A Gerusalemme si resiste.