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 2012  giugno 28 Giovedì calendario

ROMA — È

passata alle cronache come la riforma dell’articolo 18. Ma i quattro, lunghissimi, articoli diventati ieri legge riscrivono le regole del mercato del lavoro quasi per intero. E qualcosa cambierà ancora perché la maggioranza ha accettato l’accelerazione chiesta dal governo solo in cambio di correttivi in tempi brevi sulla flessibilità in entrata, sulle partite Iva e sugli esodati.
Articolo 18
Viene ammorbidito l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, che si applica alle imprese con più di 15 dipendenti. In caso di licenziamento per motivi economici non ci sarà il reintegro automatico, mentre è prevista un’indennità. Per i licenziamenti disciplinari al giudice viene concessa una minore discrezionalità: in ogni caso potrà ordinare il reintegro solo sulla base dei contratti collettivi e non anche sulla base della legge o delle tipizzazioni di giustificato motivo soggettivo e di giusta causa. Non sarà bloccata dalla malattia del lavoratore la procedura di conciliazione, tranne nel caso di maternità o infortunio. Resta sempre nullo il licenziamento discriminatorio.
Contratti a termine
Il primo contatto a termine dovrà durare dodici mesi e non dovrà più contenere il cosiddetto «causalone», quelle esigenze tecniche, produttive, organizzative o sostitutive che oggi devono essere indicate. Viene aumentata la durata delle pause obbligatorie tra un contratto e l’altro. Per un contratto che dura meno di sei mesi l’intervallo passa da 10 a 20 giorni, per quelli più lunghi si arriverà a un mese.
Ammortizzatori sociali
L’Aspi — la sigla sta per assicurazione sociale per l’impiego — sostituirà le attuali indennità di disoccupazione e di mobilità e interesserà lavoratori dipendenti, apprendisti e artisti. Perderà il sussidio chi dovesse rifiutare un impiego la cui retribuzione sia superiore almeno del 20% rispetto all’indennità percepita. Niente pensione, sussidio di disoccupazione, assegno di invalidità per chi sta scontando pene per reati di terrorismo, eversione, mafia e strage.
Partite Iva
Sono da considerare vere, e non un trucco per aggirare le regole, le partite Iva che hanno un reddito annuo lordo dai 18 mila euro in su. Passa da sei mesi a otto la durata delle collaborazioni mentre il corrispettivo pagato non deve essere superiore all’80% di quello di dipendenti e co.co.co. Il lavoratore non deve avere una postazione «fissa» in azienda: sì il telefono, ma non la scrivania.
Salario base
Ci sarà un salario di base per i contratti a progetto calcolato sulla base della media delle retribuzioni stabilite dai contratti collettivi. Si rafforza l’attuale una tantum di disoccupazione per i parasubordinati come misura sperimentale per 3 anni: circa 6 mila euro per chi avrà lavorato almeno 6 mesi in un anno. Infine è previsto un aumento dell’aliquota contributiva di un punto l’anno fino a raggiungere nel 2018 il 33% previsto per il lavoro dipendente.
Apprendistato
Nelle intenzioni del governo dovrebbe diventare il principale canale di accesso al lavoro. Sarà sempre possibile assumere un nuovo apprendista, ma i contratti in media dovranno durare almeno 6 mesi. Il limite del 50% di apprendisti assunti dallo stesso datore di lavoro varrà solo per chi ha alle proprie dipendenze più di 10 persone.
Partecipazione agli utili
È un pezzetto del cosiddetto modello tedesco. I lavoratori potranno partecipare agli utili delle imprese e, nelle Spa con più di 300 dipendenti, anche sedere nei consigli di sorveglianza. Serviranno però norme di dettaglio che il governo dovrà emanare entro nove mesi.
Congedo di paternità
Alla nascita del figlio, per i padri ci sarà un giorno di congedo obbligatorio. Se ne potranno aggiungere altri due facoltativi, che però saranno scalati dalle 20 settimane che spettano di diritto alla madre. Inoltre è in arrivo il buono baby sitter per agevolare le lavoratrici nei primi mesi di nascita del figlio: potrà essere utilizzato anche per pagare asili nido pubblici o privati.
Le modifiche
Il Pd chiede prima di tutto di risolvere il problema degli esodati. Questo vuol dire applicare le vecchie regole sulle pensioni anche agli altri 55 mila casi dei quali ha parlato il ministro Elsa Fornero. Si può fare, ma servono 5 miliardi di euro e non sarà facile trovarli. Il partito chiede anche di rinviare di un anno, dal 2013 al 2014, l’applicazione dei nuovi ammortizzatori sociali, visto che la crisi potrebbe durare ancora a lungo. E anche di non alzare dal 27 al 33% i contributi previdenziali per le partite Iva. Più articolata la lista presentata dal Pdl. Il partito chiede di rafforzare le norme sulla detassazione dei premi di produttività, eliminare il «causalone» da tutti i contratti di somministrazione a tempo determinato, accorciare da 90 a 60 giorni la pausa obbligatoria tra due contratti nel lavoro stagionale e turistico. Tra le richieste, anche il ripristino del contratto di inserimento e delle agevolazioni per chi assume i cosiddetti lavoratori svantaggiati. Ma il capitolo più difficile è quello sulle partite Iva, dove il Pdl chiede un’applicazione più elastica della norma sul limite dei 18 mila euro.
L. Sal.