Claudio Antonelli, Libero 26/6/2012, 26 giugno 2012
UN «COMPRO ORO» SU DUE È DELLA MAFIA
In tempi di crisi l’oro è un bene rifugio. Ma non tutti i porti sono sicuri. Da un lato ci sono gli investimenti oculati e dall’altro il grande rischio di incappare in fregature. Soprattutto quando si ha l’acqua alla gola. Così si scopre che in Italia ci sono ben 28 mila esercizi che comprano e vendono oro e preziosi per un giro d’affari miliardario. Ad aprile 2011 il giro d’affari era stimato in circa 7 miliardi e ora supera i 14, mentre se un anno fa l’attività media di un compro oro era stimata in 300-350 mila euro, adesso ha raggiunto i 500 mila. E per iniziare l’attività basta una licenzia che dichiari il nulla osta della fedina penale. Così attirati dalle facili plusvalenze, in pochi mesi il prezzo al grammo è passato da 30 a 40 euro, si è sviluppato un sottobosco di «Compro oro». Difficile da controllare e pure da censire. Per la prima volta però un dossier dell’Anopo, l’associazione nazionale degli operatori professionali in oro, e dall’Aira, l’associazione italiana responsabili antiriciclaggio, consegnato alla Commissione Antimafia, fa emergere tutte le discrasie del settore. Incrociando i dati del Cerved, delle Pagine gialle e di Google è emerso chiaramente che non ci sono corrispondenze. A Caserta e Catanzaro, per esempio, secondo il Cerved non ci sono «Compro oro», in realtà se ne possono incontrare rispettivamente 102 e 33. A Torino e Napoli c’è una differenza abissale di esercizi: 155 nel capoluogo piemontese, quasi la metà in quello campano. A Bologna il Cerved registra 5 negozi e Google ben 37. «Le indagini della polizia e della guardia di finanza hanno portato alla luce come il 60% di questi negozi siano soggetti ad attività delinquenziali e in cima alla lista ci sono reati come riciclaggio ed evasione fiscale», ha recentemente spiegato Ranieri Razzante, presidente di Aira, «ma non manca neanche il reato di usura». Nella relazione delle due associazioni emerge che il pericolo riguarda non soltanto fenomeni criminali nostrani ma anche quelli riferiti alle nuove mafie straniere «dedite per esempio allo sfruttamento della prostituzione o all’usura e che necessitano di strumenti di riciclaggio facilmente rinvenibili». Ovviamente uno dei sistemi più semplici per riciclare denaro è cambiare ogni tre mesi attività. Passando di mano le licenze e utilizzando ogni volta un prestanome. Nel 2011 a Roma sono state rilasciate 211 licenze. Più o meno 70 per cambio di proprietà. Chiaro sintomo di odore di criminalità. Giace in questo momento un disegno di legge a firma Donella Mattesini (Pd) che chiede il passaggio dei «Compro oro» in un registro di Banca d’Italia, come per i gioiellieri. Oltre alla richiesta di requisiti di professionalità e una stretta sugli adempimenti formali. Tipo l’obbligo della ricevuta fiscale. Così quando, approfittando della necessità di chi entra in negozio, offriranno 20-30 euro al grammo invece dei 40 teorici ne rimarrà almeno traccia.