Filippo Facci, Libero 26/6/2012, 26 giugno 2012
LA PARTITA DELLA VITA
Il calcio, a pensarci bene, è uno sport che fa schifo. Non sempre vince il migliore, anzi, il cinismo e l’opportunismo spesso premiano al pari della disonestà. I giocatori mentono e simulano spudoratamente, si buttano a terra, perdono tempo, scalciano vigliaccamente, conta solo chi segna, chi s’è fatto il mazzo resta in ombra, l’arbitro può condizionare il risultato, e poi i calciatori sono strapagati, viziati, presi a modello anche quando sono analfabeti che sputano per terra, si vince o perde ai rigori, una squadra di brocchi può picchiare e asfissiare una partita e battere dei campioni, e tutto questo in una misura imparagonabile ad altri sport di squadra - penso al rugby, al basket - dove lo spirito sportivo e l’etichetta mantengono decisamente un qualche senso. Però è il calcio a far impazzire tutto il mondo nei cinque continenti, è il calcio che torna ad attirarci magneticamente ogni volta che ci ripetiamo, pure, che è proprio uno sport ingiusto e imperfetto, talvolta. E una ragione forse c’è: assomiglia alla vita. Assomiglia alla vita così com’è, non come dovrebbe essere. Il calcio ripropone la stessa sintesi di casualità e immoralità che la vita reale (così lontana purtroppo, dalle regole morali e meritocratiche dello sport, dove dovrebbe vincere il migliore) ci riserva da adulti dopo che la scuola e la famiglia ci hanno insegnato ben altro. C’est la vie. E questo è il calcio.