Giornali vari, 25 giugno 2012
Anno IX – Quattrocentotrentesima settimana Dal 18 al 25 giugno 2012Questa sarebbe la settimana decisiva per l’Europa e per il governo italiano: a Bruxelles, dove il 28 e il 29 giugno si riunisce il Consiglio europeo, bisogna che Germania-Francia-Italia decidano qualcosa di concreto per uscire dalla crisi o ne andrà della sopravvivenza dell’euro
Anno IX – Quattrocentotrentesima settimana
Dal 18 al 25 giugno 2012
Questa sarebbe la settimana decisiva per l’Europa e per il governo italiano: a Bruxelles, dove il 28 e il 29 giugno si riunisce il Consiglio europeo, bisogna che Germania-Francia-Italia decidano qualcosa di concreto per uscire dalla crisi o ne andrà della sopravvivenza dell’euro. E quanto a Monti, è necessario che torni in patria con qualcosa in mano o, secondo molti, sarà inutile continuare col governo tecnico. Vediamo nel dettaglio.
Centro-destra È pressoché ufficiale che, all’interno del Pdl, esiste un’ala convinta che si deve fare la crisi tra luglio e agosto e poi votare a settembre-ottobre. Grosso modo quest’ala coincide con gli ex di Alleanza Nazionale (La Russa, Matteoli, la Meloni ecc.). Fino a che punto sono pronti a spingersi costoro? Verrà da qui la frantumazione definitiva del partito? Berlusconi ha passato la settimana a predicare contro l’euro, sostenendo che sarebbe auspicabile (per noi) l’uscita della Germania, un euro indebolito contro un neo-marco a quel punto troppo forte aiuterebbe le esportazioni dei paesi più deboli, eccetera eccetera. Pareva assodato, almeno stando ai discorsi pubblici e a quanto fatto trapelare ai giornali, che anche il Cavaliere freme per le elezioni, e addirittura con la voglia di ricandidare a premier se stesso, idea che ha messo in fibrillazione i vertici del partito, generalmente contrari. Berlusconi accarezza anche il progetto delle tante liste civiche associate (quindi con la legge elettorale attuale) capaci di portare alla ribalta le famose facce nuove, e di queste facce nuove sono circolati anche i nomi, con ulteriore sconcerto dei notabili di centro-destra: un Vincenzo Novari, amministratore di H3G Italia e responsabile del successo dei telefonini Tre, un Guido Martinetti «venuto bene in televisione» e cofondatore delle gelaterie Grom (da 120 mila euro di investimento iniziale nell’anno 2003 ai 16 milioni di euro ufficialmente fatturati adesso attraverso i 50 esercizi aperti in tutto il mondo). Senonché gli ultimissimi sondaggi di Alessandra Ghisleri darebbero il Pdl in leggera ripresa e, soprattutto, per il secondo anno consecutivo Finivest non distribuirà dividendi, colpa delle svalutazioni di bilancio e del crollo della pubblicità, non più spinta in quella direzione dalla presenza del Cav a Palazzo Chigi. Ora, che effetti avrebbe sulle aziende di Berlusconi – non troppo ben messe - una caduta del governo Monti, una ripresa alla grande della speculazione contro i Btp, un accentuarsi, insomma, di crisi e recessione con ulteriore taglio delle inserzioni e un crescendo d’ansia delle banche esposte sul gruppo per tre miliardi? Alfano domenica scorsa ha infatti raffreddato i toni della propaganda berlusconiana, l’ipotesi di far cadere Monti sarebbe una forzatura di Bersani, ecc.
Centro-sinistra L’ansia di arrivare a un qualche accordo per varare una legge elettorale dipende soprattutto dal fatto che Bersani, in fondo al suo cuore, non vorrebbe imbarcare quelli di Sel, cioè Vendola e gli altri eventuali della sinistra radicale, benché i sondaggi diano a questa parte dello schieramento politico una forza teorica del 7-8%: magari il centro-sinistra vincerebbe, ma governare, dopo, sarebbe assai difficile. Difficile ormai anche l’alleanza con Di Pietro, che spara da troppi mesi su qualunque cosa si muova. Resterebbe l’intesa con Casini, tanto più che il centrista del partito, cioè il sindaco di Firenze Matteo Renzi, si sta muovendo alla grande, ha convocato i sindaci del Pd che stanno con lui, si proclama “maggioranza” e annuncia che vincerà le primarie, ecc. “L’Espresso” ha persino pubblicato uno studio berlusconiano in cui si sostiene che Renzi sarebbe un ottimo candidato del centro-destra (hanno smentito tutti). E, sull’altro versante del partito, il responsabile economico Stefano Fassina sostiene che, Monti risultando sempre più paralizzato, sarebbe meglio votare subito, un ragionamento non troppo dissimile, almeno negli effetti, a quella di La Russa. Ci sono insomma, anche dal lato Pd, pressioni e convenienze a farla finita con Monti, ignorando le due incognite principali: il comportamento dei mercati in caso di caduta dei tecnici; il gradimento dei padroni d’Europa (i tedeschi, ma anche i finlandesi e gli olandesi, cioè i rappresentanti dell’euro forte) a un governo italiano che non fosse politico.
Prestiti Perché tra le voci che hanno ricominciato a circolare, smentite con forza da Monti e dai suoi, c’è anche quella di un soccorso all’Italia da parte delle istituzioni internazionali, il Fmi o magari la stessa troika Fmi-Bce-Ue che ha messo sotto la Grecia. Voci simili circolarono l’estate scorsa, per volontà soprattutto di Sarkozy: Berlusconi rifiutò ogni mano tesa e poco dopo dovette dimettersi. Un soccorso internazionale avrebbe la stessa contropartita greca: commissariamento del Paese, tagli e sacrifici. Forse, perciò, i vari La Russa e Fassina non potranno (= non avranno il permesso) di mettere in crisi i tecnici.
Europa Quanto all’Europa, un’attesa messianica circonda questo Consiglio di Bruxelles del 28-29 giugno. La settimana scorsa, in un incontro a Roma tra Hollande-Merkel-Monti-Rajoy (il premer spagnolo), s’è parlato di un piano di investimenti da 130 miliardi ed è tornata alla ribalta la Tobin tax, cioè la tassa dello 0,5 o dell’1 per mille su tutte le transazioni finanziarie. È saggio considerare queste uscite come pura propaganda, fatta soprattutto a beneficio del neo-eletto socialista Hollande (abbiamo di nuovo sentito la frase: «lottare contro la speculazione»…). La verità vera è che i tedeschi potrebbero mollare qualcosa sul piano del cosiddetto sviluppo e dell’europeizzazione del debito, ma solo di fronte a precisi, ulteriori impegni sulle politiche fiscali e di bilancio di ciascuno, e specialmente di spagnoli e italiani (lasciamo stare Grecia, Irlanda e Portogallo, tenuti già alla catena). L’altro traguardo, cioè l’unificazione del sistema bancario, è molto più arduo da raggiungere: benché la crisi sia più delle banche che degli stati (Soros), è davvero dura per i governi rinunciare anche in minima parte al loro sistema creditizio.
Lusi Mentre il “Corriere della Sera” scrive che la Procura di Milano ha mandato un’informazione di garanzia a Formigoni, e Formigoni dice che non è vero e che comunque non si dimetterà fino a (eventuale) sentenza di condanna definitva, il Senato ha votato l’arresto di Luigi Lusi, il tesoriere della Margherita accusato di aver rubato al partito 23-25 milioni di finanziamento pubblico. Il voto, relativamente al Senato, è storico: non era mai successo prima. E ha suscitato una quantità di polemiche: davvero l’imputato aveva intenzone di fuggire all’estero oppure era ancora in grado di inquinare le prove o anche avrebbe potuto ripetere il reato? In ogni caso, Lusi si è consegnato a Rebibbia la sera stessa del voto (mercoledì 20 giugno) e nel primo interrogatorio ha fornito ai magistrati un paio di lettere da cui risulterebbe chiaro che Rutelli era perfettamente al corrente dei movimenti di denaro apparentemente decisi solo dal tesoriere. Il quale ammette di aver rubato qualche milione anche per sé, ma per il resto di aver agito sempre secondo un patto non scritto con i vertici del partito. A suo dire, perfettamente consapevoli di tutto e veri beneficiari finali dei suoi cosiddetti investimenti.
Egitto In Egitto è diventato presidente il candidato dei Fratelli Musulmani Mohamed Morsi, un evento che alcuni definiscono “storico” (è il primo presidente eletto in una consultazione apparentemente democratica) ma che è il risultato di trattative durate una settimana: la giunta militare ha permesso agli islamici di prendersi la presidenza solo dopo aver sciolto il Parlamento (dove i Fratelli occupavano i due terzi dei seggi), aver avocato a sé il diritto di nominare una nuova Assemblea costituente e aver tolto al presidente, con una “dichiarazione costituzionale”, la maggior parte dei poteri. D’altra parte l’avversario di Morsi, il mubarakiano Shafiq, era stato giudicato “indecent” perfino dall’“Economist”.