Giornali vari, 4 giugno 2012
Anno IX – Quattrocentoventisettesima settimana Dal 28 maggio al 4 giugno 2012Terremoto La terra ha tremato, e trema ancora, in Emilia
Anno IX – Quattrocentoventisettesima settimana
Dal 28 maggio al 4 giugno 2012
Terremoto La terra ha tremato, e trema ancora, in Emilia. Martedì 29 maggio nell’area Modena-Parma-Ferrara-Bologna, con epicentro tra Carpi, Medolla e Mirandola, è ricominciato il tormento: una sequenza impressionante di quaranta scosse, due di magnitudo 5,9, che hanno fatto crollare torri, chiese e capannoni rimasti ancora in piedi dopo il primo sisma del 20 maggio e provocato la morte di altre 17 persone, con trecento feriti e 15 mila sfollati sistemati in 37 tendopoli, 37 strutture antisismiche, 15 alberghi. Migliaia e migliaia di famiglie hanno deciso di dormire nelle tende piazzate nel giardino di casa. I sommovimenti sono stati distintamente percepiti in Veneto e in Toscana. Centinaia di persone si sono precipitate in strada a Venezia, Padova, Treviso, Vicenza e anche a Firenze, Pisa, Fiesole, Campi Bisenzio, Massa, Arezzo, Siena. Insieme con lo sgomento e il dolore, sono cominciate le polemiche su quelle 17 morti, quasi sempre operai richiamati al lavoro in immobili che si pretendevano sicuri. Com’è possibile – ci si è chiesto – che strutture costruite solo pochi anni fa, e quindi presumibilmente con tutti i crismi, siano venute giù a quel modo? La difesa l’ha pronunciata Giorgio Squinzi, neo presidente di Confindustria: «Ma noi non sapevamo mica che quella zona era sismica». La procura di Modena ha comunque aperto un fascicolo e il suo capo, Vito Zincani, ha dichiarato: «La politica industriale a livello nazionale sulla costruzione di questi fabbricati è una politica suicida»
Africa Bisognerà a questo punto ridisegnare del tutto la mappa del pericolo-terremoti in Italia. Questo del 29 maggio è la continuazione – non si sa se dire “l’assestamento” – di quello del 20: la placca africana spinge su quella euroasiatica, l’effetto da noi è, schematicamente parlando, una pressione degli Appennini sulle Alpi. Nel 1570 il terremoto di Ferrara – 6° grado della scala Richter - distrusse mezza città e andò avanti, con scosse di varia intensità, per quattro anni. Potrebbe succedere la stessa cosa adesso? Non si può escludere e l’avvio del sisma non è da questo punto di vista promettente. Ancora la sera di domenica 3 giugno c’è stata un’altra scossa di magnitudo 5,1, con crolli ma senza vittime. La possibilità di prevedere il dove e il quando delle prossime scosse è uguale a zero.
Soccorsi L’ultima stima dei danni è di cinque miliardi di euro almeno. Il consiglio dei ministri ha stabilito che questi soldi saranno trovati con una nuova accisa di due centesimi sulla benzina (un miliardo) e devolvendo a favore dei terremotati i quattro miliardi e mezzo di tagli generati dalla “spending review” a cui si stanno applicando il ministro Giarda e il consulente Enrico Bondi. Siccome questi quattro miliardi e mezzo dovevano evitare l’aumento di due punti Iva già da ottobre, lo storno significa che l’aumento dell’Iva ci sarà, con conseguente ulteriore difficoltà nella domanda e inflazione, cioè riflessi sui prezzi di tutti i beni di consumo che vengono 80 volte su cento distribuiti attraverso camion.
Economia Né il Belice né il Friuli né l’Irpinia né l’Umbria né l’Aquila avevano la valenza industriale del territorio squassato in questi giorni, dove si producono 9 punti di Pil (135 miliardi di euro) e dove rischiamo di perdere, per il cataclisma, un punto netto di prodotto lordo, cioè una quindicina di miliardi puliti. Settori maggiormente colpiti: la ceramica, il biomedicale (cioè la tecnologia applicata alla sanità, esclusi i farmaci), l’agricoltura, l’alimentare. C’è il rischio di delocalizzazoni e, per esempio, la multinazionale Titan (metalmeccanica) ha già deciso di spostare «per qualche mese» la produzione in Turchia e in Francia. Il sisma ha comunque reso l’area meno competitiva: a questo punto costruire un capannone a norma costerà qui molto di più che, per esempio, in Francia. La Cgil dell’Emilia-Romagna ha calcolato che le aziende crollate sono 3.500 e i senza-lavoro ventimila: cinquemila nella meccanica, quattromila nell’alimentare, altri quattromila nel biomedicale, duemila nella ceramica. La gente è impressionata, tra l’altro, dalle foto che mostrano i danni alle forme di parmigiano, 70 mila il 20 maggio, altre 260 mila il 29, con perdite di 70 milioni solo per il grana. Parecchi si sono offerti di comprarne. L’aceto balsamico accusa un rosso di 15 milioni. Coldiretti e Cia stimano, tra macchinari distrutti, animali morti, crolli e sversamenti di prodotti nelle campagne, fienili, stalle, stabilimenti per la lavorazione della frutta danneggiati o inutilizzabili, che sia andato in fumo un mezzo miliardo di euro.
Spagna Siamo a quanto pare al rush finale relativamente alla sopravvivenza dell’euro. Si indica come data-limite per far qualcosa il 17 giugno, quando la Grecia tornerà a votare e il paese potrebbe definitivamente dire di “no” ai sacrifici imposti da Ue-Fmi-Bce. La crisi vera, tuttavia, sembra essere a questo punto quella spagnola: le casse di risparmio del paese (“cajas”), tutte al servizio della politica, hanno un buco ufficiale di 80-120 miliardi, che potrebbe anche essere di 2-300 miliardi (Bankia, nazionalizzata alla fine per un rosso ufficiale di 10 miliardi, era sotto in realtà di 40). Praticamente tutte le cajas sono tecnicamente fallite, a meno che non siano ricapitalizzate in tutta fretta. I soldi non possono venire che dalla Bce, alla quale però è concesso far prestiti solo agli stati. Bisogna dunque che il primo ministro Mariano Rajoy chieda. Ma chiedendo, e ottenendo, dovrebbe chinare il capo e rassegnarsi ai controlli e ai diktat e ai sacrifici della solita triade (Ue-Fmi-Bce), cioè consegnare un bel pezzo di sovranità ai tedeschi e agli americani. Per il momento il premier, eletto lo scorso dicembre, resiste. Mentre le Borse hanno ripreso a precipitare e il nostro spread non è troppo lontano dai 500 punti, s’è cominciato a litigare sugli eurobond, quelle obbligazioni che trasferirebbero una parte degli indebitamenti nazionali all’Europa. La Merkel, almeno apparentemente, non ne vuole sentir parlare. Benché il default dell’euro sia costosissimo, gli esperti credono come piuttosto probabile la sua fine.
Papa I corvi vaticani continuano a volare, ma il Papa ha intanto vissuto tre giornate trionfali a Milano, in occasione del VII Incontro mondiale delle famiglie. Al suo fianco, Tarcisio Bertone, proprio il segretario di Stato contro cui lottano, a colpi di missive segrete, questi misteriosi corvi. La sala stampa vaticana ha subito fatto capire che era fuori luogo qualunque illazione su questa presenza: benché a Milano, il viaggio doveva considerarsi internazionale (il prossimo incontro delle famiglie si svolgerà a Philadelphia nel 2015) e quindi la presenza di Bertone, prevista «da moltissimo tempo», era in un certo senso dovuta. Il Pontefice ha parlato in una piazza del Duomo gremita e l’ultimo giorno ha celebrato messa, sul campo-volo di Bresso, davanti a un milione di persone. Il passaggio più significativo, e nuovo, dei suoi discorsi è quello dedicato alle coppie separate: «Una parola vorrei dedicarla anche ai fedeli che, pur condividendo gli insegnamenti della Chiesa sulla famiglia, sono segnati da esperienze dolorose di fallimento e di separazione. Sappiate che il Papa e la Chiesa vi sostengono nella vostra fatica. Vi incoraggio a rimanere uniti alle vostre comunità, mentre auspico che le diocesi realizzino adeguate iniziative di accoglienza e vicinanza».