Giornali vari, 28 maggio 2012
Anno IX – Quattrocentoventiseiesima settimana Dal 21 al 28 maggio 2012La cacciata brutale di Ettore Gotti Tedeschi e l’arresto di Paolo Gabriele detto Paoletto mostrano che in Vaticano è in corso una guerra senza quartiere tra i fedeli del segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e gli esponenti del cardinal Bagnasco, capo dei vescovi romani
Anno IX – Quattrocentoventiseiesima settimana
Dal 21 al 28 maggio 2012
La cacciata brutale di Ettore Gotti Tedeschi e l’arresto di Paolo Gabriele detto Paoletto mostrano che in Vaticano è in corso una guerra senza quartiere tra i fedeli del segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e gli esponenti del cardinal Bagnasco, capo dei vescovi romani. Giocano una parte nel dramma papisti vari, intenzionati a riportare la Chiesa alla sua purezza e travestiti adesso da corvi che raccontano al mondo le malefatte del Vaticano (cioè di Bertone). Il papa, in mezzo a questo sconquasso, appare ai più come figura fragile, sofferente, incapace di dominare la cattiveria che lo circonda. Ma non è detto, invece, che il Pontefice non giochi a sua volta una partita forse decisiva contro il suo segretario di Stato, non è detto che non tenti di ridimensionarlo o almeno di contrastarlo senza destituirlo, cioè senza dar scandalo pubblicamente. Negli ultimi giorni, Benedetto si è espresso più volte per metafore e non è stato così fermo a guardare come si pensa.
Gotti Tedeschi Ettore Gotti Tedeschi, 67 anni, grande banchiere cattolico, editorialista dell’“Osservatore romano”, uomo del Papa sotto tutti i punti di vista. Tre anni fa Bertone e Benedetto XVI, stavolta d’accordo, lo chiamano al vertice dello Ior, l’Istituto per le Opere Religiose, cioè la Banca Vaticana, troppe volte in passato coinvolta in scandali finanziari, i più celebri dei quali sono quelli relativi al periodo Marcinkus (Marcinkus, cioè: sodalizio con Sindona, mene con la banda della Magliana, sequestro Orlandi, asse con Roberto Calvi e Licio Gelli, fallimento del banco Ambrosiano ecc.). Compito di Gotti Tedeschi è quello di pilotare lo Ior fuori da ogni secca scandalistica, del resto il Papa ha detto fin dall’inizio di voler fare pulizia in ogni angolo della casa. E Bertone è assolutamente d’accordo. Senonché Gotti Tedeschi riferisce solo al Pontefice, e ignora per lo più il segretario di Stato. Inoltre, quando la magistratura italiana mette sotto la lente certe operazioni dello Ior in Germania, Gotti Tedeschi, invece di aspettare le rogatorie internazionali e le comode perdite di tempo e cortine di fumo che queste procedure consentono, va direttamente dai magistrati italiani e collabora con loro all’accertamento della verità. Negli ambienti vaticani più smaliziati la cosa non piace per niente e negli stessi ambienti parte un allarme rosso quando Gotti Tedeschi disobbedisce all’ordine di impadronirsi del San Raffaele, l’ospedale fallito di don Verzé. Bertone vuole aggiungere questa perla ai diletti Bambin Gesù e Policlinico Gemelli di Roma, Gaslini-Galliera di Genova, Casa della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Ma Gotti mette sul tavolo appena 250 milioni, e il San Raffaele finirà così a Giuseppe Rotelli, imprenditore della Sanità e primo azionista del Corriere della Sera, che di milioni sul tavolo nel mette più di 400 (questa mossa, tra l’altro, segna la nascita di una nuova alleanza: Rotelli col cattolicissimo capo di Banca Intesa, Giovanni Bazoli). Erano contrari all’operazione San Raffaele anche i cardinali Nicora, Scola e Bagnasco. Il cardinale Nicora, in particolare - Attilio Nicora - è anche presidente dell’Autorità Finanziaria di Controllo, un organismo che può metter bocca nello Ior e che Bertone vorrebbe più debole e che Gotti Tedeschi invece difende. Infine c’è la questione della “white list”: lo Ior non è considerato, dalle autorità bancarie internazionali, un istituto virtuoso, di quelli cioè che sicuramente non si prestano a operazioni di riciclaggio o di occultamento di capitali a fini antifiscali. Per essere inserito nella lista delle banche di cui ci si può fidare (“white list”, lista bianca) bisogna che lo Ior si attenga a tutta una serie di regole e anche su questo tra il segretario di Stato e il presidente dello Ior c’è disaccordo pieno, a quanto si capisce Bertone propendendo per disposizioni più morbide, Gotti per disposizioni più severe (Gotti chiede adesso una commissione d’inchiesta su questo punto e intanto si sa già che le autorità internazionali non sono propense a includere lo Ior nella “white list”). Tutto questo porta alla seduta atomica di giovedì 24 maggio, in cui Gotti Tedeschi viene destituito all’unanimità dal Consiglio di sovrintendenza composto dal tedesco Ronaldo Herman Schmitz, dall’americano Carl Anderson, dall’italiano Giovanni De Censi e dallo spagnolo Manuel Soto Serrano. Nel comunicato ufficiale, durissimo, si muovono a Gotti Tedeschi nove imputazioni e tra queste una dice che l’ormai ex presidente dello Ior non ha lavorato per la trasparenza, un’altra insinua che abbia riferito all’esterno notizie riservate.
Gabriele Il giorno dopo, altro colpo di scena: i gendarmi pontifici portano in carcere Paolo Gabriele, secondo quel che dicono tutti uomo mitissimo, religiosissimo, fedelissimo a Benedetto XVI, di cui è aiutante di camera, cioè maggiordomo. È lui che sveglia il Pontefice la mattina, è lui che lo accompagna per tutta la giornata nelle sue attività. Si dice che il papa, alla notizia, abbia pianto. Ma esistono carceri in Vaticano? C’erano una volta tre stanze, che la magistratura pontificia adopera ormai per sé come uffici. Paoletto – come lo chiamano – è adesso rinchiuso in una cella approntata in tutta fretta, quattro metri per quattro, aria condizionata, ma niente televisore e un piccolo affaccio su un cortile. L’uomo parla poco con gli inquirenti e prega tutto il giorno. Ha 46 anni, moglie e tre figli. Di che cosa lo accusano? Di aver passato documenti e notizie a Gianluigi Nuzzi, giornalista di “Libero” e de La7, già autore di un Vaticano spa e adesso in libreria con un Sua Santità (Chiarelettere) dove si raccontano molti segreti vaticani e tra l’altro si attribuisce a Giovanni Maria Vian, direttore dell’“Osservatore romano”, il complotto che per la penna di Feltri fece saltare Dino Boffo dalla poltrona di direttore dell’“Avvenire” (giornale dei vescovi). I gendarmi pontifici, perquisendo la casa di Paoletto – che è cittadino vaticano – hanno trovato quattro casse di documenti riservatissimi. Si suppone che il maggiordomo li abbia fotocopiati di nascosto prima che finissero negli archivi vaticani. I documenti vengono però da diversi uffici, e non può esserseli procurati tutti Gabriele. Ci sono dunque altri “corvi” – come vengono chiamate queste gole profonde – e un paio di questi si sono fatti intervistare in gran segreto anche da “Repubblica” e dalla “Stampa”: sono una ventina in tutto, al loro interno ci sono anche delle donne, si aiutano l’un l’altro per arginare Bertone, salvare il Papa, riportare la Chiesa all’antica (antichissima) purezza. Si dice che presto ci saranno altri arresti, che tra questi potrebbe esserci un porporato. Intanto Benedetto XVI parla ai cardinali e ai fedeli, dice che si tratta di scegliere tra la bandiera di Gesù e quella del demonio, tra il racconto della Torre di Babele, costruendo la quale gli uomini tentarono di farsi Dio e persero addirittura la loro natura di uomini, e il racconto della Pentecoste, in cui lo spirito santo scese sugli Apostoli, «un vento impetuoso soffiò su Gerusalemmte […] la paura scomparve, il cuore sentì una forza nuova, le lingue si sciolsero e iniziarono a parlare con franchezza, in modo che tutti potessero capire l’annuncio di Gesù Cristo morto e risorto». Ricorda poi che se non ci si oppone ai malvagi si mette in pericolo la pace di Dio (dunque, come scrive Gregorio Magno, la guerra talvolta è necessaria, dunque il vescovo deve trovare il sale in se stesso). E infine: «cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti, ma la casa non cadde perché era costruita sulla roccia».
Ballottaggi Dopo i ballottaggi del 20-21 maggio, la politica italiana è in fibrillazione, perché Grillo ha vinto a Parma, la Lega ha perso sette città su sette, il Pdl appare in liquidazione e il Partito democratico, che sarebbe numericamente il vincitore (su 177 comuni con più di 15 mila abitanti, 92 sono andati al centro-sinistra, che prima ne aveva solo 45), ha meno voti di prima e in certe piazze decisive – come Palermo e Genova – ha dovuto cedere la poltrona di sindaco ai suoi alleati: Orlando dell’Idv a Palermo e Doria, uomo di Vendola, a Genova.
Grillo L’incubo di tutto il sistema è proprio Beppe Grillo. Nel primo turno il suo candidato a Parma, Federico Pizzarotti, 39 anni, bancario e patito di informatica, sposato a una Cinzia Piastri trentanovenne che sembra assai più che una first lady cittadina, aveva preso un modesto 19,47 per cento, mentre per il suo avversario del ballottaggio, il democratico Vincenzo Bernazzoli, aveva votato il 39,77 per cento degli elettori. Al match decisivo, Bernazzoli è rimasto praticamente fermo mentre il grillino Pizzarotti ha triplicato la dote: 61,8% e la poltrona di sindaco, con 20 consiglieri comunali, perfettamente sconosciuti, pronti a sostenerlo. Questo risultato, unito al resto, ha indotto sulle prime Berlusconi a gridare contro Alfano («non esiste»), contro il Pdl, contro i colonnelli, a riaffermare che avrebbe ripreso la guida del centro-destra, «solo io posso salvarlo», a spiegare ossessivamente che bisognava fare come Grillo, niente congressi, niente comitati centrali, niente tessere, niente menate dei partiti vecchia maniera, un movimento giovane, fresco, «facce nuove» eccetera. I suoi lo hanno calmato e ridotto a più miti consigli, sulla base del precetto: intanto teniamoci quello che abbiamo. Dopo altre giornate di elucubrazioni, il Cav e i suoi se ne sono usciti con la proposta al Pd di adottare il doppio turno elettorale e un sistema semipresidenziale alla francese, con le primarie. Bersani non ha ancora risposto ufficialmente, ma l’aria è che l’idea, benché corredata dal doppio turno, gli interessi molto poco. Il “Porcellum”, con i suoi cospicui premi di maggioranza, appare a questo punto piuttosto attraente. Anche se il secondo partito in questo momento, in tutti i sondaggi, è proprio il Movimento 5 Stelle del comico genovese. Un secondo partito che magari, col passar dei mesi, potrebbe anche diventare il primo.
Formigoni La faccenda Formigoni sta così: il governatore della Lombardia è andato in vacanza a spese del faccendiere Daccò (al momento detenuto) e si trattava di vacanze alle Antille o a bordo dello yacht “Ad Maiora” (sempre di Daccò) per il quadrimestre giugno-settembre di ogni anno, a un costo – per Daccò – di 150 mila euro l’anno. Formigoni ha in qualche modo partecipato alle spese? Lui dice di sì, ma ammette di aver buttato via le ricevute («è un reato?»). Daccò dice di no: «Ho offerto tutto io». E in cambio di che cosa? Questo ufficialmente ancora non si sa. Ma Daccò era un mediatore «conteso da ospedali privati che facevano a gara per ricoprirlo di decine di milioni di euro per la sua misteriosa abilità “nell’aprire le porte in Regione Lombardia”» (così Luigi Ferrarella, uno dei cronisti più scrupolosi in circolazione). Da ultimo s’è saputo che Formigoni, 100 mila euro all’anno di stipendio, ha sborsato un milione di euro per l’acquisto di una villa in Sardegna e ne ha girati altri 350 mila ad Alberto Perego, suo amico e sodale di fede (sono tutti esponenti di spicco, con Daccò, di Comunione e Liberazione). Da dove ha preso tutti questi soldi, il governatore? Lui annuncia che non si dimetterà, gli osservatori dubitano che possa resistere a questa serie di colpi.
Siria A Hula, in Siria, alla fine di un bombardamento di molte ore, miliziani shabiba fedeli al regime sono entrati nelle case e hanno fatto strage di civili: gli inviati dell’Onu hanno contato 108 morti e tra questi 49 bambini e 34 donne. I video sono stati postati su YouTube dagli oppositori di Assad: una decina di piccoli corpi, gli occhi sbarrati, uno ha la maglietta sollevata sul petto nudo, un paio col pigiamino, una bambina di 6-7 anni in tutina rosa con l’immagine del canarino Titty. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha condannato all’unanimità, nonostante il tentativo russo di difendere il paese amico. Assad sostiene che il massacro è stato compiuto dai suoi oppositori, per metterlo in cattiva luce alla vigilia dell’ispezione di Kofi Annan, inviato delle Nazioni Unite. Obama sta lavorando per spodestare Assad e sostituirlo con qualche esponente della nomenklatura locale. Mosca potrebbe accettare: l’influenza russa in Siria non sarebbe messa in discussione.