Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  giugno 26 Martedì calendario

L’EURO


È la venticinquesima volta che i leader del Vecchio Continente si riuniscono da quando il crac della Lehman Brothers ha scatenato la crisi finanziaria poi degenerata in Europa. Era il 2008, ma ora di tempo per incertezze e compromessi al ribasso sembra non essercene più. In gioco c’è il futuro della moneta unica. Se il summit di giovedì e venerdì darà una risposta convincente ai mercati, l’Unione monetaria avrà tempo per riformarsi e rimettersi in carreggiata. Altrimenti l’agonia dei debiti sovrani e delle banche rischierà di avvitarsi ancora, spalancando la porta agli scenari più catastrofici. Sul tavolo di Bruxelles tre grandi temi. Il piano per la crescita lanciato al vertice di Roma dello scorso venerdì. Il documento sul futuro dell’Unione appaltato ai presidenti delle istituzioni Ue (Van Rompuy, Draghi, Barroso e Juncker). Le misure per riportare gli spread alla normalità, la vera partita sulla quale si misurerà la riuscita o il fallimento del Consiglio europeo. Basta ricordare che non sono ancora state disinnescate la mina greca e quella delle banche spagnole, con i conseguenti rischi di contagio per tutti. Italia in testa.
Nella marcia d’avvicinamento al vertice di Bruxelles ci sono poche certezze. Tra queste il piano da 130 miliardi per rilanciare l’economia negoziato per mesi e sbloccato a venerdì a Villa Madama dove Monti, Hollande e Rajoy hanno ottenuto il sì della Merkel. Monti incasserà anche una riforma del mercato unico che aiuterà la crescita e una versione ridotta della Golden Rule, la possibilità di scorporare gli investimenti produttivi dal computo del deficit. A maggio ha già ottenuto un tacito ok a pagare i debiti della pubblica amministrazione verso le imprese. Venerdì è stato anche deciso di procedere con una “cooperazione rafforzata” sulla Tobin Tax, la tassa sulle transazioni finanziarie: basteranno nove paesi per lanciarla. A 27 avrebbe fruttato quasi 60 miliardi all’anno, ma è scontato il no inglese e lussemburghese. Probabile quello di Olanda, Irlanda, Svezia, Malta e Slovacchia. Fino a qualche mese tutto questo avrebbe rappresentato un successo clamoroso e forse risolutivo. Oggi non basta più, la crisi ha superato le lente decisioni dei leader.
Al piano per la crescita si sommeranno le riforme di governance affidate ai quattro presidenti Ue, un testo di 10-15 pagine che sarà reso noto nelle prossime ore e che si fonderà
su Unione bancaria, Unione politica e legittimazione democratica dell’Ue. L’Unione bancaria nasce da una proposta della Commissione di Barroso per spezzare il circolo
vizioso tra banche e debito pubblico. Prevede un fondo unico per il salvataggio degli istituti in difficoltà, una supervisione bancaria Ue (per Bruxelles da dare alla Bce,
per Berlino da assegnare all’Agenzia bancaria europea) e garanzie comuni per i depositi. La proposta è stata accolta con freddezza da Germania, Olanda e Finlandia, anche
se sotto traccia i negoziati sembrano progredire. Ci sarà poi la proposta di permettere al fondo salva-Stati (Esm) di ricapitalizzare direttamente le banche in crisi per evita-
re il ripetersi dell’effetto boomerang del salvataggio degli istituti spagnoli: i soldi europei saranno loro versati tramite lo Stato, appesantendo i conti di Madrid la cui situazione finanziaria diventa ancora più pericolante, con conseguente fuga degli investitori e contagio per gli altri (vedi il rally degli spread italiani delle ultime due settimane). I paesi con un rating a tripla A - Germania, Finlandia e Olanda - sono però contrari perché i soldi che versano nell’Esm sono più garantiti se transitano per i governi. Proposte che comunque non potranno diventare realtà, nella migliore delle ipotesi, prima di un anno. Troppo tardi.
Il piano di Van Rompuy&Co conterrà anche l’Unione politica pretesa dalla Merkel prima di mollare sugli Eurobond. Altro non è che un’attribuzione di più poteri alla Commissione sulla politica economica e di bilancio dei governi e per questo richiede una modifica dei Trattati, dunque tempi lunghi. Una cessione di sovranità che potrebbe arrivare ad autorizzare Bruxelles a riscrivere le manovre di quei Paesi che non rispettano i vincoli di Maastricht su debito e deficit. Il ragionamento di Berlino, appoggiata dalle altre capitali rigoriste, è che si può condividere i debiti solo se ci sarà più integrazione, ovvero vincoli e meccanismi certi che obbligheranno gli Stati mediterranei a diventare virtuosi. Ma la Francia è contraria a una forte cessione di sovranità a Bruxelles. Anche su questo si negozia. Il documento dei 4 presidenti proporrà infine il Fondo di redenzione, un contenitore dove far confluire le parti dei debiti nazionali eccedenti al 60% del Pil. Questo fondo sarebbe garantito dall’Unione e quindi toglierebbe pressione ai paesi indebitati - e per questo sotto attacco dei mercati - come l’Italia.
La riuscita del vertice sta però in qualcos’altro, ovvero nella capacità dei leader di neutralizzare subito gli spread visto che le riforme sulle quali lavora Van Rompuy per entrare in vigore richiederanno anni di negoziati. Per questo venerdì scorso Monti, Hollande e Rajoy hanno ottenuto dalla Merkel la formazione di un gruppo di lavoro degli sherpa per studiare misure da mettere in campo subito. Monti aveva proposto un meccanismo automatico per abbassare i tassi con l’intervento della Bce o dell’Esm, ma l’idea è stata bocciata dai tedeschi. Così gli sherpa lavorano per anticipare alcuni punti del piano Van Rompuy: la creazione del Fondo di redenzione accompagnata dagli Eurobills (anch’essi inseriti nel testo del presidente Ue), titoli garantiti dalla Ue a breve scadenza che ogni Paese potrebbe emettere in quantità limitata. Allo studio anche la possibilità immediata per l’Esm di salvare le banche senza passare dai governi. Gli sherpa si confronteranno fino a domani sera, poi
la cena di Parigi tra Hollande e la Merkel darà indicazioni sul successo di questo tentativo. Ma di ottimismo non ce n’è molto. Per questo le capitali e Bruxelles lavorano anche
a un’altra pista dall’impatto meno certo: anticipare l’Unione bancaria o alcuni suoi spezzoni. Sarebbe essenziale convincere la Merkel sulla nascita immediata del meccanismo
per le garanzie dei depositi e il fondo salva-banche per ridare fiducia ai mercati. Il compromesso tra leader alla fine potrebbe essere proprio questo. Da vedere come sarà
formulato. E quindi se basterà a tranquillizzare definitivamente gli investitori. Altrimenti per l’euro sarà un’estate bollente.