Andrea Secchi, ItaliaOggi 26/6/2012, 26 giugno 2012
UNA MULTIUTILITY IN AZIENDA
Energia elettrica, riscaldamento e persino raffreddamento, praticamente tutte o quasi le necessità energetiche di un’azienda, coperte da un impianto proprio che utilizza biomasse come i residui delle potature o altri scarti del legno, il sole, il calore del sottosuolo o anche quello prodotto dai processi industriali e che altrimenti andrebbe disperso senza nessun beneficio.
BSkyB in Inghilterra o lo stesso aeroporto di Heathrow a Londra hanno installato impianti di questo tipo, ma anche molte aziende italiane tra cui la pugliese Fiusis, che come core business ha proprio quello della produzione di energia da immettere in rete. La società che produce le turbine per la conversione dell’energia termica in elettrica, che riducono il calore in modo che sia utilizzabile per il riscaldamento, è l’italiana Turboden: fondata a Milano nel 1980 da Mario Gaia, ex professore presso il dipartimento di Energetica del Politecnico di Milano e oggi amministratore delegato, e acquisita nel 2009 dal gruppo statunitense Utc, è ora nella divisione Pratt & Whitney Power Systems di quest’ultima.
La caratteristica dei turbogeneratori Turboden, che funzionano con una tecnologia chiamata Orc (Organic rankine cycle), consiste nel partire da una taglia medio-piccola, cosi da poter essere utilizzati anche per le necessità aziendali. I generatori sono il cuore del sistema ma si appoggiano a monte a elementi che possano produrre calore, come le caldaie che bruciano biomasse, i sistemi per il solare termodinamico (che prendono energia dal sole per riscaldare un fluido vettore poi sparato nelle turbine) o si appoggiano, a valle, agli elementi che trasformano il caldo in freddo per il condizionamento estivo. Turboden si occupa solo delle turbine. «Siamo un fornitore di tecnologia che si integra con altri produttori», ha spiegato Marco Baresi, responsabile dei rapporti istituzionali, «nei Paesi in cui la trigenerazione è più utilizzata, come Austria e Germania, sono in genere studi di ingegneria che si occupano del progetto e dei componenti da acquistare. Altre volte i caldaisti propongono una soluzione completa oppure l’azienda fa da sé, ma può diventare più problematico».
Nel caso di BSkyB, per esempio, l’installazione è stata realizzata da Clearpower, uno dei principali provider per soluzioni bioenergy nel Regno Unito. Il gruppo televisivo via satellite ha un impianto che produce 1MW di elettricità e 4MW termici (5% per il riscaldamento dell’edificio, il 50% per il raffreddamento e 45% per un anello di teleriscaldamento in tutto il campus). «Uno degli obiettivi iniziali dell’impianto Orc», ha spiegato Steve Holford, head of engineering projects and energy di BSkyB, «era quello di ridurre almeno del 20% le emissioni di CO2 dell’intero edificio, ma si è riusciti a raddoppiare e arrivare fino al 40% da quando il turbogeneratore Orc è stato installato lo scorso dicembre». Si parla di trigenerazione, appunto, perché l’impianto permette di avere elettricità, freddo e caldo a partire dalla stessa sorgente di calore.
«Per fare un esempio», ha continuato Baresi, «il comune di Tirano (oltre 9 mila abitanti, ndr) con un impianto di 1MW copre il suo fabbisogno termico ed elettrico. Con 1MW si può produrre energia anche per 8 mila abitazioni». La sede principale di BSkyB a Hounslow, West London, riceve ogni giorno 32 tonnellate di biomassa legnosa proveniente dai dintorni. La biomassa viene poi bruciata a temperature superiori ai mille gradi facendo così riscaldare l’olio diatermico che permette di far funzionare la turbina. Il calore a temperature inferiori viene poi recuperato per produrre acqua per il raffreddamento, mentre il rimanente è utilizzato per produrre acqua calda.
A Heathrow l’impianto produce invece 1,8 MW elettrici e 8 MW termici (75% calore e 25% raffreddamento per il riscaldamento e raffrescamento dei Terminal T2a e T2b e solo riscaldamento del Terminal T5). L’impianto, in via di avviamento e sempre alimentato a biomasse, riduce l’emissione di CO2 dell’edificio dell’aeroporto di almeno il 40% utilizzando fonti di energia rinnovabile.
L’alimentazione a biomasse (in questo caso solide) è il metodo più utilizzato. Si tratta di recuperare scarti di potature o simili e il costo per l’azienda in questo caso è solo logistico, mentre la raccolta è in genere fatta da utility pubbliche o aziende private che operano in questo campo. La biomassa può essere anche pregiata, come legna vergine per esempio, ma la presenza degli incentivi sugli impianti ne abbatte sensibilmente il costo. Un impianto da un megawatt costa 5 milioni di euro, un quinto dei quali necessari per la turbina. Oltre alle biomasse stanno avendo sviluppi interessanti la geotermia (l’uso del naturale calore del sottosuolo) e soprattutto il recupero del calore dei processi industriali.