Massimo Sperlecchi, ItaliaOggi 25/6/2012, 25 giugno 2012
LA FORMAZIONE DEVE USCIRE DALLE AULE
Secondo i dati forniti dall’Isfol nel rapporto annuale sulla formazione continua del 2011, nel periodo compreso tra gennaio 2010 e giugno 2011, 32.500 imprese italiane hanno presentato ai Fondi paritetici interprofessionali oltre 9.800 piani formativi, per un totale di 74 milioni di ore di formazione destinate a circa 1 milione 288 mila dipendenti. Ma quali iniziative formative sono state realizzate, in termini di contenuti e modalità di realizzazione?
Circa il 30% dei lavoratori coinvolti ha partecipato a progetti formativi che si sono occupati del tema inerente la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Un peso altrettanto decisivo è costituito dai progetti finalizzati a incrementare le competenze linguistiche e informatiche dei collaboratori (22%) e dalle iniziative finalizzate a sviluppare le abilità personali dei dipendenti (18%). Rispetto alle metodologie utilizzate, l’aula rappresenta di gran lunga il contesto di apprendimento privilegiato (76%), seguito dai corsi di formazione a distanza (11,1%). Entrambe le metodologie formative fanno riferimento a un modello di apprendimento legato all’esperienza diretta del discente, in cui l’onere di trasferire quanto appreso al proprio contesto lavorativo viene demandato al dipendente.
È ormai opinione assolutamente condivisa che le persone imparano in molteplici setting diversi e solamente alcune conoscenze/competenze vengono apprese in circostanze e luoghi di apprendimento cosiddetti istituzionali (aula, seminari, convegni ecc.). In particolare, da alcune ricerche condotte dall’università di Princeton, emerge che l’apprendimento degli adulti avviene per il 90% al di fuori dei contesti formali di istruzione e formazione, fuori e dentro i luoghi e i tempi di lavoro. È un apprendimento che non si esaurisce nello sviluppo di competenze specialistiche e di tipo addestrativo, ma tende a considerare anche quelle competenze e conoscenze che il soggetto utilizza, adotta e modifica nei diversi momenti e situazioni di interazione sociale.
Da questi dati emerge la necessità di affiancare alle metodologie d’aula tradizionali, alternative «personal intensive» quali, per esempio le comunità di pratica, il mentoring, il coaching o i workout, che possano favorire e sviluppare un apprendimento maggiormente efficace e duraturo nel tempo. Dal punto di vista metodologico, la prossima sfida che gli operatori della formazione dovranno affrontare sarà proprio quella di favorire permanenti occasioni di confronto finalizzate a facilitare la discussione e l’interazione costante tra i colleghi, il sostegno e il supporto da parte di un mentore o di un coach, l’analisi e la riflessione continua delle esperienze pregresse e la condivisone del proprio know how. Si tratta di orientarsi sulle metodologie che superano i limiti imposti dall’aula e di stimolare l’opportunità di sperimentare una serie di esperienze finalizzate ad acquisire le competenze necessarie per rimanere continuamente aggiornati in un’epoca caratterizzata dalla rapidità con il quale le conoscenze diventano obsolete.